Miglior bianco italiano. Ferrante di Somma (Cantina di Marzo): “Ho sempre pensato che il Greco potesse invecchiare meglio del Fiano.”7 min read

L’azienda di Marzo, con il suo Greco di Tufo Riserva Vigna Serrone 2023 ha conquistato il titolo di Miglior Vino Bianco d’Italia (ex aequo con il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore DOC Il Bacco 2023 della Fattoria Coroncino). Naturalmente abbiamo intervistato il titolare di questa storica cantina irpina, Ferrante di Somma.

Winesurf: “Anche se non è facile per una cantina nata nel 1647 può farci una veloce storia dell’azienda?”

Ferrante di Somma “Ci provo. Simone di Marzo, capostipite della famiglia, fugge da Nola nel 1647 per trovare un rigugio dalla peste e si rifugia a Tufo. Ma prima di andare avanti devo dire due cose sull’uva greco, sulla quale si dicono tante fesserie. Antonella Monaco, ampelografa e grande esperta del commercio medievale del vino, ha riscontrato che si hanno tracce di un vino definito vino greco che risalgono al X secolo. Sulla costa campana c’erano i bizantini, cioè greci, che facevano un vino bianco passito ma non dolce. Era un vino che durava nel tempo grazie all’alcol alto e all’acidità e veniva esportato. Il termine vino greco hanno continuato ad usarlo anche nei secoli seguenti, dato che nei registri delle abbazie e dei conventi si parlava di vino greco per vino bianco. Nel XVI° Sante Lancerio, grande personaggio e “cantiniere” di Papa Paolo III, parla di vari vini greco, tra cui il Greco di Nola. Ecco perché Simone di Marzo, da Nola, è molto plausibile anche se non abbiamo la prova provata, che  abbia portato l’uva greco a Tufo.

W. “Quando la sua famiglia quando arriva in azienda?”

FdS: “Siamo in azienda da sempre perché anche se il mio cognome è di Somma ma mia nonna era di Marzo.

W. “Lei come è arrivato al vino?”

FdS “Ho passato gran parte della mia vita all’estero, tra Francia, Inghilterra e Russia per poi decidere di ritornare in Italia e quando vivi in Francia sei sempre circondato dal vino.

W. Ma cosa l’ha portato al produrlo?

FdS.In primo luogo uno spiccato senso del dovere verso il patrimonio di famiglia. Inoltre, come dicevo, ci sono sempre stato dentro. Per avere le idee e le prospettive più chiare nel 2002 decisi di fare in Borgogna un master in commercio e marketing internazionale del vino e dei superacolici, che aveva anche una parte relativa alla viticoltura e all’enologia. Durò un anno e mi feci anche tante conoscenze tra i produttori. Alla fine però sono entrato a pieno titolo in azienda dal 2009.

W. “E quali sono stati i cambiamenti che ha fatto in azienda, che in quegli anni non era certo al top per la qualità dei vini?

FdS. “Cambio di enologo, perché ne avevo uno dell’Oltrepò Pavese che lavorava per telefono, poi  ho investito in nuove vasche termocondizionate in cantina, ho rinnovato un po’ tutto. Era un’azienda moribonda.”

W. “Fino a pochi anni fa si pensava che il Fiano invecchiasse meglio del Greco ora la visione è cambiata. Lei sa dirmi perché?”

FdS. “Sinceramente credo perché non ci avevano mai provato. Personalmente ho sempre pensato che potesse invecchiare anche meglio del Fiano.”

W. “Nel 2023 quale l’enologo ha seguito il Vigna Serrone Riserva?”

FdS.“Vincenzo Mercurio, con cui iniziai a collaborare nel 2016.”

Ferrante di Somma con Vincenzo Mercurio

W. “Domanda generale sull’Irpinia: i produttori irpini fanno dei grandi vini ma non li sanno comunicare e spesso considerano la stampa o la comunicazione in generale come una scocciatura o come un male necessario. Secondo lei quando potrà cambiare questa tendenza?”

FdS. “Bella domanda, dovrà passare almeno un’altra generazione perché dovranno arrivare ovunque i giovani, quelli che hanno girato e vogliono girare il mondo. Molti adesso hanno una visione del mondo che non esce dal paese e inoltre la funzione del consorzio per moltissimi anni è stata praticamente inesistente.”

W. “Da qualche anno si assiste ad una divisione tra i Greco di Tufo giovani da vendere entro l’estate, non certo di alto profilo, e dei Greco di Tufo di  grande qualità e da lungo invecchiamento. Questa suddivisione serve sicuramente al portafoglio ma lei crede che serva anche a far crescere il nome del Greco di Tufo?

FdS “No, assolutamente no: c’è un peccato originale nel Greco di Tufo perchè fin dal XVIII secolo venivano a comprare il vino sfuso i napoletani. Oggi anche con la DOCG si può imbottigliare fuori provincia e gli imbottigliatori sono moltissimi e i controlli non mi sembrano ferrei.”

Vendemmia nella vigna Serrone

W. “Ma alla fine, se ci sono tanti imbottigliatori e entra in commercio tanto Greco di Tufo, vuol dire che c’è una grande produzione nella DOCG?”

FdS. “Vuol dire solo che c’è tanto Greco di Tufo venduto e… non mi chieda di dire altro.”

W. “Ha una cantina storica di rara bellezza, quanto conta da voi il turismo enoico?”

FdS “Conta molto, ci serve per vendere sia in loco che fuori perché abbiamo anche una bella storia da narrare e bei luoghi da far vedere.”

W. “Cosa si dovrebbe fare in Irpinia per attirare più turismo enoico?”

FdS. “Ci vorrebbero delle comunicazioni migliori, per esempio non esiste un treno Napoli-Avellino.”

W. E poi quando sei ad Avellino non sei certo nell’Irpinia enoica.”

FdS. “Certo, ci vorrebbero anche una bella serie di navette che portano nei vari paesi. Comunque dovremo fare tanta, tanta comunicazione. Inoltre portare giornalisti, specie esteri, in zona è importantissimo e qui svolge un bel lavoro Campania Stories. Però bisogna anche che i produttori sappiano relazionarsi con questi e molti non parlano inglese.”

W. “Veniamo al Vigna Serrone, come nasce?”

FdS. “Mi piace dire sempre che Tutte le nostre riserve sono vinificate allo steso modo. Si parla solo di mosto fiore e usiamo lieviti selezionati molto poco invasivi: fermenta in vasche d’acciaio e poi lo facciamo evolvere nove mesi sulle fecce fini. Una lieve filtrazione e poi lo teniamo per un anno e mezzo in bottiglia prima di metterlo in commercio. Forse la 2023 è venuta particolarmente bene perché la peronospora ci ha “diradato naturalmente” le vigne.”

W. “Quale vitigno, che adesso non c’è in Irpinia, pensa che, se piantato, potrebbe dare buoni risultati?”

FdS. “Non saprei veramente: forse il riesling o al limite il melon de bourgogne con cui viene fatto il Muscadet.”

W. “Qual è sia il principale difetto che il maggior pregio dell’Irpinia come territorio.”

FdS. “Il maggior pregio è l’autenticità e il fatto che siamo l’ultima frontiera da scoprire, specie per i mercati esteri. Abbiamo un territorio veramente eccezionale, specie per i bianchi. Il principale difetto è la nostra mentalità.”

W. “Lasciando da parte Greco e Fiano, qual è il miglior vitigno bianco autoctono d’Italia?”

FdS. “Per me è il Verdicchio.”

W. “Si parla molto di crisi del vino e girano molti decaloghi su come uscirne: lei ha una ricetta, che consigli ha da dare in merito?”

FdS. “Ci sto pensando da tempo a questo problema. Intanto bisognerebbe rendere il vino più appetibile ai giovani, magari smettendo di riempirsi la bocca per descriverlo di parole che gli altri non capiscono. Per esempio anche l’idea di proporre cocktail con il vino potrebbe servire o magari essere più liberi e “disinibiti” e mettere senza problemi anche il ghiaccio nel vino come fanno con i rosè di Provenza, o proporre molto di più le bottiglie da 0.375.”

W. “Lei quando è a casa  cosa beve?”

FdS. “Io adoro il mio Greco, godo a berlo e quando non lo bevo preferisco passare ai rossi, in particolare piemontesi e toscani. Il Chianti Classico lo conosco benissimo e mi piace tanti anche il Vino Nobile di Montepulciano. Anche gli Etna Rosso mi piacciono tantissimo.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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