L’omo di Brellone: un racconto sotto l’ombrellone7 min read

Premetto che in vita mia sono stato pochissimo sotto un ombrellone, specie se questo è vicino ad altri ombrelloni, in fila, in riga, in spiaggia, d’estate. Forse farei prima a dire che non ci sono mai stato sotto un ombrellone  ma non voglio essere così categorico.

Però ho studiato molto quella che Eco potrebbe definire “La fenomenologia dell’ombrellonista” e così sono arrivato a scoprire una cosa incredibile  che voglio adesso condividere  ( peccato che una parola così bella oggi faccia venire in mente solo i social) con voi.

Gli ombrellone in spiaggia sono solo  la punta di un iceberg! Noi vediamo solo loro, le sdraio, le persone sedute sotto e eventualmente  dei bambini, ma dovete sapere che la vera vita degli ombrelloni, di ogni singolo ombrellone e di chi ci è nel cono della sua ombra, si svolge sotto la sabbia.

Cosa c’è sotto la sabbia? Calma, primo devo raccontarvi una storia che nessuno conosce.

Il termine ombrellone pare derivi da ombrello, ma in realtà nessuno sa che viene da “omo Brellone”, cioè uomo di Brellone.  Brellone  era, molto ma molto tempo fa,  un piccolissimo paese pieno di viuzze, di case di ogni colore, di risate di bambini. Un classico piccolo borgo  sulla riva di un mare azzurro, meraviglioso ma  pericolosissimo. Chi entrava in quelle acque non tornava più a riva, veniva inghiottito e non se ne sapeva più nulla.

Brellone inoltre era purtroppo famoso anche per essere uno dei luoghi più caldi del pianeta, ma nessuno si sognava di entrare in acqua per trovare refrigerio. Il mare era  anche pieno di pesci, che saltavano continuamente e sembravano quasi incitare i brellonesi a prendere una barca per andare a pescarli, ma nessuno aveva il coraggio di provarci.

Gli abitanti di Brellone, nonostante il caldo buggerone e il mare pescosissimo stavano ben alla larga dalle invitanti onde,  ma ogni tanto qualcuno si sentiva coraggioso da provare ed entrava in acqua, senza tornare. Questa strana nomea (che purtroppo nomea non era)  non poteva certo far bene al paese: il turismo si era azzerato e anche tanti brellonesi stavano cercando casa altrove.

Così un giorno il primo cittadino di Brellone ebbe un’idea, non so se dettata dalla disperazione o da indomito coraggio. Ma chi era quest’uomo? Lo chiamavano primo cittadino non tanto perché fosse il sindaco ma perché  tutti avevano un po’ di paura a chiamarlo secondo, o terzo. Era infatti un uomo imponente, con una voce ancora più imponente,  uno sguardo imponente, un incedere imponente e evidentemente un coraggio imponente. Così decise di entrare in acqua ma prima si fece legare  le caviglie con una fune lunga e robustissima, e impose (era imponente non per niente!) a tutti gli abitanti di Brellone di tenerla  ben stretta dall’altro capo.  Il piano era semplice: voleva vedere cosa ci fosse sott’acqua in modo da poter pensare a qualche contromisura.

Così una mattina, quello che tutti chiamarono da allora con ammirazione  l’omo di Brellone, scese sulla spiaggia con dietro tutti i Brellonesi in fila, donne e bambini compresi, che tenevano in mano quella lunghissima fune, pronti a ritirarla indietro nel momento in cui sarebbe stato ingoiato dai flutti. Era forse una delle giornate più calde dell’anno, tutti sudavano tantissimo e sotto sotto invidiavano quell’uomo coraggioso, perché almeno lui avrebbe potuto fare un bel bagno.

Finalmente  l’om di Brellone entrò in acqua e cominciò, piano, a nuotare. Non aveva ancora fatto venti bracciate che spari sott’acqua e i brellonesi sentirono la corda entrare in tensione, come se dall’altra parte ci fosse stata attaccata una balena. Ma tutti i cittadini di Brellone  avevano deciso di vendere cara la pelle del loro primo cittadino e così nessuno pensò non solo di lasciare la presa ma si impegnò allo spasimo per guadagnare terreno e riportarlo a riva. Fu una lotta epica e in qualche momento sembrava che i brellonesi potessero avere la meglio, ma piano piano la fune e i cittadini venivano trascinati verso il mare. A quel punto, senza che nessuno dicesse niente, tutti pensarono la stessa cosa “Basta con questa storia! O lo salviamo o andiamo sott’acqua tutti”. Fatto sta che nessuno pensò di mollare e, centimetro dopo centimetro, tutti i brellonesi sparirono sotto le onde.

E dove andarono a finire? Non so dirvi la sorpresa di tutti, dall’omo di Brellone all’ultimo bambino, quando ripresisi dallo shock e da un po’ d’acqua di mare che avevano bevuto si ritrovarono in un mondo sotto al mare, praticamente uguale a quello che avevano lasciato anzi, più bello.

Era lo stesso paese di Brellone con tutte le case e con altre ancora, abitate da tutti quelli che nei secoli (ed erano stati tanti, tantissimi) erano scomparsi in mare. Per questo nel tiro alla fune non avevano avuto scampo, dall’altra parte tiravano molte più persone.

Ma com’era bello questo Brellone, con un mare ancora più azzurro e dove  finalmente tutti potevano fare il bagno, sguazzare, divertirsi, pescare. In definitiva sotto a Brellone c’era un altro Brellone, ma molto più bello di quello che avevano lasciato: era un paese da sogno dove tutti potevano vivere  felici e contenti.

Ma l’omo di Brellone  non era felice e la sua imponente infelicità rattristava tutti. Era infelice perché non capiva come poter  tornare al vecchio paese di Brellone ,non perché questo non gli piacesse ma perché non riusciva a spiegarsi il perché si potesse andare solo in un senso.

Ma un giorno convocò tutti gli abitanti e disse “Care brellonesi e cari brellonesi, viviamo in un posto bellissimo ma potremmo avere di più, potremmo scegliere dove vivere! Purtroppo sembra non vi sia una strada per tornare alla vecchia Brellone e al mondo che abbiamo lasciato, ma io credo esista e sia solo ben nascosta.” Fece una pausa ad arte,  per attirare ancora più attenzione e poi disse “Se siamo arrivati qui dal mare potremo tornare di sopra solo passando dal cielo!” Tutti si guardavano increduli e pensarono che il primo cittadino fosse impazzito. “Voi pensate che sia pazzo ma ragionate: questa Brellone è sotto l’altra e quindi in questo cielo deve esserci per forza una specie di porta. Tutto sta a trovarla”.

Così cominciarono a guardare il cielo di giorno e di notte, quando era sereno e quando era nuvoloso e si accorsero che c’era un punto, effettivamente, che non cambiava mai. Poteva essere la porta ma come arrivarci? L’omo di Brellone fu categorico e chiaro “Con una scala!”

Così si misero a costruire una scala, altissima e anche robusta, perché avrebbe dovuto sostenere il primo cittadino. Per farla usarono tutto quello che avevano a disposizione: legno, ferro, terra, acqua (da dove pensate che venga il nome Acquapendente?) e alla fine arrivarono quasi a toccare quel punto preciso ma mancavano ancora circa due metri per completare l’opera. Purtroppo non avevano più materiale da utilizzare e allora il primo cittadino ordinò al compaesano più alto di salire assieme a lui e poi di prenderlo sulle spalle. Così finalmente  riuscì a toccare quel punto che, come potete immaginare era magico e si aprì, facendo spuntare la testa dell’omo di Brellone sulla spiaggia della vecchia Brellone. Ma quel punto era tanto magico e aspettava da tanto tempo che qualcuno l’utilizzasse che diventò un vero e proprio canale tra sopra e sotto.

Per riconoscerlo e segnarlo ci piantarono un palo che, grazie ad un meccanismo di legno, ferro e stoffa, si apriva nel punto più alto, allargandosi e facendo ombra. In onore del primo cittadino lo chiamarono ombrellone e grazie al punto magico, da allora, ogni ombrellone è in realtà un collegamento con un altro luogo.

Anche oggi ogni ombrellone, specie quelli messi vicini vicini,  sono in realtà il canale di comunicazione con un meraviglioso mondo sottostante. Tutte le persone sudate, incazzate, stravolte che vedete nel ristretto spazio sotto il loro ombrellone  aspettano solo l’attimo per sparire sotto terra e andare in un luogo identico ma dove ci sono solo loro e un mare  bellissimo e  molto più limpido, un sole caldo ma non troppo e soprattutto  un grande, meraviglioso silenzio.

Nessuno ve lo confesserà mai ma voi fate attenzione! Mettetevi a guardare bene una fila di ombrelloni di un qualsiasi bagno  e vedrete che ogni tanto qualche persona sparisce. Anche se sembra che sia andata a fare un tuffo o al bar, in realtà si è velocissimamente calata nel mondo sotto all’ombrellone, dove può godere di pace, mare, sole e tranquillità.

Cosa? Dite che è una bufala, che non esiste niente di quello che ho scritto? Cari dubbiosi, come fate a non crederci, è talmente chiaro che non può non essere che così.

Per farvelo capire faccio un ragionamento al contrario: chi glielo farebbe fare di pagare per stare fitti come sardine, al caldo, con un rumore assordante di bambini e mamme che si cercano, e con nel naso trenta odori diversi di crema abbronzante? Su, ragionate…

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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