L’olio, in tavola e al bar, ha comunque bisogno di… AIRO5 min read

Che sia extravergine o un po’ meno extra, l’olio d’oliva è visto sostanzialmente come un condimento. Oppure un mezzo per trasmettere calore al cibo con la cottura, quest’ultimo un utilizzo recentemente ridimensionato anche se una ragione fondamentale del suo successo plurimillenario.

Certo bisogna pensare in ogni caso a una qualche destinazione finale, perché l’apprezzamento del prodotto così com’è rimane una pratica da fanatici come il sottoscritto.

Molto più piacere può regalare una degustazione di vini, formaggi, cioccolati e quant’altro: che sono tutti ‘prodotti finiti’, godibili in purezza così come, volendo, in abbinamento o comunque elaborati.

Giustamente quindi la parola “ingrediente” è quella che piace di più fra chi vuole mettere in risalto l’extravergine. Se n’è accorta perfino Starbucks, che ne ha fatto un motivo di attrazione lanciando da poche settimane il suo marchio Oleato, proposto come “esaltazione del rituale del caffè”…Nel mio caso il rituale è stato peraltro alquanto frettoloso: il locale dov’ero non offriva alcuna possibilità di sostare e concentrarsi su quel che mi era stato messo in tazza.

Delle tre versioni disponibili ho scelto il Golden foam, ritrovandomi un mucchio di cubetti di ghiaccio galleggianti su uno strato di sciroppo alla vaniglia emulsionato con extravergine Partanna e un altro strato sottostante di caffè: il tutto, va detto, assemblato sotto i miei occhi.

Primo impatto nemmeno male, col dolcino della schiuma cremosa tonificato dal contatto col caffè. Subito però la mescolanza degli strati e del ghiaccio ha portato a una rapida diluizione del sapore e a un altrettanto rapido abbassamento di temperatura: ho preferito eliminare una decina di cubetti. Il formato era il più piccolo disponibile: sei euri.

È comunque un segno dei tempi: non so se Starbucks avrà fortuna con questa trovata “mediterranea”, per certo sono partiti con determinazione lanciando la linea Oleato a livello internazionale. Forse la volta buona che l’extravergine diventa modaiolo?

Ben diverso impatto per la sua valorizzazione ha l’Associazione Internazionale Ristoranti dell’Olio, AIRO. come ho avuto modo di constatare da vicino a Taste the difference, la manifestazione che l’associazione ha organizzato il 5 marzo scorso a Palazzo di Varignana (BO). Il benemerito impegno del Presidente Filippo Falugiani e di tutta l’associazione sta nella promozione dell’extravergine d’oliva proprio attraverso le proposte esemplari dei professionisti che lo utilizzano in cucina, al meglio e con convinzione.

Vero è che all’evento c’è stato spazio per la premiazione e la passerella di tanti produttori d’eccellenza: un aspetto in comune con altri concorsi del settore, nonché con alcune guide che quasi inevitabilmente vengono percepite da produttori e consumatori proprio come concorsi. Ma il bello della giornata è stata la ribalta offerta a cuochi, pizzaioli e pasticceri:  dopo la degustazione l’olio lo abbiamo pure mangiato!

Non che mi abbia deluso, prima, l’assaggio “in purezza” delle etichette in passerella. Una per tutti, che non avevo mai sentito: il profumatissimo monovarietale Gentile di Mafalda prodotto da Trespaldum nel Vastese.

La preparazione della cena di gala ha visto al lavoro, oltre a Davide Rialti, responsabile di cucina  della struttura ospitante, tre chef premiati nelle edizioni precedenti della manifestazione, che mi piace qui ricordare per le bontà arrivate nel piatto: Francesco e Salvatore Salvo, Daniele Cestelli e Nino di Costanzo.  La stimolante tavola rotonda pomeridiana che ha preceduto premiazione e cena aveva un titolo tutt’altro che banale: “EVOO journey, quando l’olio di qualità lascia il frantoio”, che è appunto al cuore dell’attività di AIRO. E qui gli argomenti sono stati vari, ritmati dalla conduzione di Stefano Tesi: dagli aspetti nutrizionali e salutistici (Tassos Kyriades, Yale Univeristy e Antonio Moschetta, Università di Bari) alla bellezza del paesaggio olivicolo così legata alla bontà dell’olio (Barbara Nappini, Slow Food). Ma alla fine gli argomenti più sentiti a giudicare dalla partecipazione del   pubblico, che pure era di soli addetti ai lavori, sono stati i “soliti” riguardanti la conservazione a dovere dell’ olio (confezione, trasporto, ambiente) che in teoria dovrebbero essere già…digeriti.

La professoressa Tullia Gallina Toschi dell’Università di Bologna è intervenuta e re-intervenuta sul tema; e la ricercatrice Carlotta Breschi ha riferito del suo studio per l’Università di Firenze che ha spietatamente evidenziato, anche a breve termine, i danni chimici e organolettici subiti da oli magari buoni all’origine ma non filtrati.

Mi auguro, ma ne sono certo, che la spinta di AIRO contribuirà in modo decisivo alla ridefinizione del ruolo dell’olio sulle tavole dei ristoranti e pure su quelle delle nostre case. Ma largo anche a barmen e barladies!

Per tornare all’ambiente di Starbucks, anche se in altra modalità, a Palazzo di Varignana abbiamo assaggiato pure qualche cocktail all’extravergine. Trattato anche in questo caso e giustamente come “ingrediente”.

Sotto il marchio CocktOil i frequentatori del resort potranno gustare bourbon, gin o vodka infusi con gli aromi della Nostrana di Brisighella dall’oliveto di proprietà della struttura.

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Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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