L’energia di Philippe Pacalet7 min read

Quello che segue è il resoconto di una degustazione, relativa alle ultime quattro vendemmie borgognone, presentata da Philippe Pacalet al 67 Pall Mall, dove lavoro come supervisore eventi, il giorno 8 gennaio 2020. Nell’articolo ho tentato di riportare nel modo più fedele possibile i pensieri, le parole e le opinioni di Philippe riguardo al suo stile e al suo lavoro di vigneron in queste ultime annate e non solo.

Chi è Philippe Pacalet?

“Quando gli veniva chiesto se i vini potessero invecchiare mio padre rispondeva che se non li si beveva  invecchiavano bene”

Nato nel vino, essendo nipote di Marcel Lapierre, storico produttore di Beaujolais, dopo aver lavorato fin da giovane con lo zio e fatta una lunga esperienza di 10 anni a Prieure Roch, Philippe  inizia nel 2001 un progetto a suo nome. Senza soldi e terreno tutto quello che ha è la sua esperienza e con tanta pazienza inizia ad affittare terreni dove può, concentrandosi nel curare personalmente le viti. Ora è un personaggio chiave del movimento del vino naturale, osannato dalla critica come il produttore più vicino allo stile del Domaine de La Romanée Conti.

Viticultura/vinificazione

“Non sono intelligente quindi faccio tutto alla stessa maniera”

Philippe non possiede nessun vigneto perchè quando iniziò a lavorare in proprio la speculazione sull’acquisto dei terreni era già in atto e i prezzi della terra erano troppo alti per pensare a una qualsiasi idea di business. Affittare i terreni fu una scelta legata a un impatto di tassazione minore e alla libertà di poter scegliere la zona in cui poter lavorare. Questo gli ha permesso di seguire una delle regole fondamentali del suo lavoro, quella di  avere sempre il pieno controllo delle viti. Dopo una lunga ricerca, mentre i lavori di vinificazione si svolgevano in tre differenti spazi, acquista nel 2007 una cantina dalla famiglia De Montille vicina alla stazione dei treni di Beaune.

Philippe ci da una definizione di Terroir precisa, basata su 3 elementi

La vigna come Informazione delle uve (dove si forma il DNA del vino)

La fermentazione come Rivelazione (dove il vino si mostra per quello che è)

L’invecchiamento come Differenziazione (la differenza tra il linguaggio di un bambino o di un adulto)

La sua viticoltura è semplice. Minimo intervento e un approccio “vecchia scuola” quando possibile, come l’uso dei cavalli in vigna. Le macchine vengono utilizzate in annate che richiedono una presenza più’ predominante dell’uomo.

La sua vinificazione si basa su due principali tecniche. I lieviti indigeni che creano la vera energia (termine importantissimo per Philippe) che mette in movimento la fermentazione e la vinificazioni con i raspi (whole bunch fermentation) che crea l’equilibrio e l’eleganza di tutti i suoi vini. Molto importante per il suo stile è la leggera diminuzione del grado alcolico data da quest’ultima tecnica.

Essendo un vignaiolo naturale nessuna filtrazione è consentita e il controllo della temperatura è ottenuta tramite il pigeage. Le follature sono lentissime per non stressare le bucce e ripetute per tutto il periodo della fermentazione. A fine fermentazione lascia il cappello sommerso. Questo aiuta, oltre a una migliore composizione della struttura tannica,  una più  bilanciata estrazione dei profumi.

L’obiettivo finale è catturare l’essenza dell’energia del Pinot Noir. Philippe, vedendo come i suoi vini rispettano questo bilanciamento di frutta, opulenza e umami, sembra raggiungere in pieno lo scopo.

Annate e note di degustazione

“Forse non faccio vini fighetti ma eleganti! ”

Il 2016 è stato un incubo. 50% del raccolto perso per colpa della gelata. Lo stile del vino è più’ approcciabile e pronto da bere sin da ora. Eleganza con una struttura piena e delineata.

Cornas 

Philippe si innamora della Syrah durante gli anni del suo servizio civile nella valle del Rodano, grazie all’amicizia con Thierry Allemand. Nel vino la classica nota di sapone viene integrata da forti sapori di lavanda e erbe fresche, che vengono da un uso equilibrato dei raspi. Leggermente più’ strutturato di un qualsiasi Syrah grazie all’annata che ridà al palato una più forte impronta del legno.

Moulin A Vent

Questo cru, considerato da lui come il Romanee Conti di Beaujolais, è per lui un punto di congiunzione tra la sua storia e il lavoro fatto con suo zio. Ha iniziato questo progetto principalmente come regalo a sua madre ,per dimostrarle una continuità legata al passato. Struttura e aromi più vicini al Syrah, ancora una volta grazie all’uso dei raspi in macerazione ma senza l’uso della macerazione carbonica, dove erbe selvatiche e una marea di spezie sono condite da una nots di pepe verde. Un equilibrio tra tannino e acidità chiude la fine del vino con un sapore biscottato dato da un uso consapevole del legno.

Il 2015 è per Philippe una copia della storica 1985. Annata facile, poco stress delle viti e giornate piene di sole. I vini si possono bere tranquillamente ora in quanto, secondo il vignaiolo, rimarranno in questo stato per i prossimi 10 anni per poi aprirsi di colpo nelle loro note terziarie.

Gevrey Chambertin

La bottiglia più prodotta dalla cantina. Nasce su terreni di calcare e argilla con piccole pietre. Pepato e vegetale. La robustezza del naso si mostra nel palato in una esplosione di lavanda. Facile da bere con un finale lunghissimo: chiude con una nota amarotica che ricorda tantissimo i nostri vini italici (soprattutto Piemonte ed Etna) che Philippe chiaramente ama. Allo stesso tempo non nasconde la sua volontà di imitare quello stile.

Nuits St Georges

Zona più’ fredda di Gevrey Chambertin, mostra un invecchiamento lento nelle annate fredde, ma un carattere forte e anticipato in quelle calde come questa. I suoli diventano più’ rocciosi con una percentuale più forte di gesso che rilascia una mineralità persistente nel vino. Buccia di arancia e note verdi mentre il frutto e il sottobosco si aprono lentamente. Il legno non si nasconde nel palato con tannini più’ aderenti alle gengive. Un colore leggermente granato mostra che il suo invecchiamento potrebbe essere più veloce rispetto agli altri vini di questa annata.

La 2014 è totalmente un’annata classica della Borgogna. Raccolto ritardato, non estremamente soleggiato. Il vino rimane comunque potente e austero pur essendo stato più difficile da gestire della 2015.

Chambolle Musigny 1er Cru

Un blend di due singoli Cru. La seta, parola chiave di questo villaggio, si mostra al meglio nel bouquet floreale di questo vino, che nonostante tutto mostra una leggera opulenza, chiave dello stile del produttore. I tannini sono vellutati ed aiutano la beva di questo vino che manifesta la potenza dell’annata in una spinta finale alcolica sul palato.

Nuits Saint Georges 1er Cru Aux Argillas

Nonostante il Cru nomini le argille il terreno è principalmente composto di pietre bianche. Sottobosco, fungo, lavanda e anice stellato sono preminenti al naso e aiutano a costruire un’ opulenza che  bilancia il palato tra il frutto e le spezie. Philippe, mettendo accanto questi due vini, ha voluto mostrarci come il villaggio di Nuits Saint Georges sia in realtà la controparte maschile della femminilità di Chambolle Musigny.

Nel descrivere il 2017 Philippe ci ha chiesto di pensare a dei ragazzini scatenati chiusi in un garage per una settimana, per poi immaginare la potenza con cui si fionderebbero fuori una volta aperta la porta. Un’annata simile alla 2014 ma con più sole che, visto il cambiamento climatico, crea una maggiore energia.

La parte più’ interessante di questa fine degustazione è legata a due Grand Cru. E’ qui che il vignaiolo può realmente mostrare di cosa sia capace nell’interpretazione di un Terroir.

Corton Bressandes Grand Cru

Vigne di 80 anni. Un vino che per Philippe rappresenta una sfida ed è ora una grande rivelazione. Seduttivo grazie ad un palato ispirato dalla seta, opulenza più’ approcciabile, spezie dolci, leggera cioccolata supportata da una frutta al palato che sembrava scomparsa al naso. Può invecchiare tantissimo ma sembra già pronto per un’anteprima nel caso volesse essere bevuto al momento.

Clos de Vougeot

Da suoli ricchi di argille si presenta purpureo e giovanissimo con frutta nera, cannella e componenti terrose. Il palato esplode nel suo umami e un leggero  brett muove tutti gli altri sapori aspettando che il palato si apra col tempo.

Epilogo

“Non conta la profondità ma l’energia!”

La consistenza è al centro dell’attenzione dei vignaioli in Borgogna. Purtroppo nelle annate recenti questo obiettivo sembra essere sempre più’ difficile ma non per Philippe Pacalet. La sua visione e la sua esperienza lo hanno aiutato nel sorreggere uno stile che sembra combaciare con i cambiamenti dei nostri tempi e l’energia di cui parla cosi tanto si dimostra non solo nei suoi vini ma anche nella sua umanita’. Forza Philippe!

Nelson Pari

Classe 1989, nato nella felliniana Rimini, da 10 anni residente nell’isola di Albione (Londra, UK). Dopo un Master in chitarra Jazz conseguito al Trinity Laban di Greenwich, si lancia nel mondo del vino. Supervisore eventi a 67 Pall Mall di Londra, il club privato di “fine wine” piú prestigioso al mondo, e Certified Sommelier per la Corte dei Master Sommelier. Il suo vino preferito e’ Mouton Rothschild 1989 in abbinamento a Kind of Blue di Miles Davis.


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