L’Amaretto di Gavi: che gustosa tenzone!3 min read

Noi IGP abbattiamo tutte le barriere, superiamo ogni ostacolo, miglioriamo ogni record ma soprattutto non ci fermiamo di fronte a niente (sarà un complimento? Speriamo).

Per la prima volta da che internet esiste proviamo un esercizio mai tentato da anima viva: la singolar tenzone in diretta (oserei dire in streaming se sapessi cosa vuol dire) con gli  Amaretti di Gavi!

 

“Rullino i tamburi e si avvicinino i contendenti: da una parte Carlo Macchi, bianco (anzi bianchiccio)categoria massimi, peso 98 kg. Dall’altra l’Amaretto di Gavi, categoria piuma, bianco perlato che nasconde un incarnato color mandorla, profumo fine, gustoso, inconfondibile, peso forma 23  grammi di bontà.
Pare una lotta impari, ma attenzione, suona il gong.  Macchi col suo passo elastico da bradipo  artritico gira attorno all’amaretto. Questi, guardingo, rimane fermo a centro ring. Ecco che Macchi scatta (si fa per dire) in avanti,  prende l’amaretto alla vita, lo stringe ed in un solo movimento delle forti mascelle (questo è vero) lo riduce in briciole.”

 

Seguono altre 11 riprese finite tutte alla stessa maniera, anche se verso la fine il mio passo non era così scattante come all’inizio.
Ma lasciamo da parte la nuda cronaca e parliamo del vero vincitore dell’incontro: l’amaretto di Gavi. Come voi tutti saprete Gavi è uno dei miei pallini enologici: si trova nel basso Piemonte, ai confini con la Liguria e da sempre è un luogo dove tradizioni liguri e piemontesi vanno a braccetto. Esempio: la mattina al bar si fa colazione con la focaccia di Recco, ma a pranzo si mangiano gli agnolotti col sugo d’arrosto. In questo confine gastronomico le ricette classiche piemontesi vengono ingentilite mentre quelle liguri mostrano strutture di maggior rilievo.
Gli amaretti sono una tradizione del basso Piemonte, come quelli famosissimi di Mombaruzzo. Qui a Gavi l’amaretto sente l’aria di mare e diventa più gentile, più elegante, più raffinato, vorrei dire più godurioso. Già alla vista denota nobili natali: la faccia marroncina e piena di rughe del classico amaretto piemontese qui è resa più gradevole da un’infarinata di vanillina che già da sola rende l’amaretto particolare.

A Gavi vi sono pasticcerie come Traverso (tel/fax 0143.642713 – info@amarettitraverso.it ) che li produce e li vende addirittura dal 1780 ed altre pasticcerie meno blasonate che però ne sfornano di altrettanto buoni (se non migliori). Su tutte ne ho scelta una che li produce “solo” dal 1910. Il suo nome è Bassano ( ma il locale si chiama Caffè del Moro) e si trova nella centralissima Via Mameli al 39 (tel. 0143642648).

La ricetta si rifà ad ingredienti classici, come mandorle dolci e amare, zucchero, albume d’uovo, bicarbonato e miele, a cui però si aggiungono “le armelline amare”. Queste non sono altro che i noccioli di ogni tipo di drupa  i quali contengono il seme e la sua pelle amara.  L’impasto porta, dopo la cottura, ad un prodotto di una morbidezza avvolgente, che nasconde però una forza gustativa notevole: mentre si scioglie in bocca mostra una sinuosa e delicata dolcezza, ben mitigata dalle struggenti note amare. Dopo che si è sciolto rimangono in bocca per molto le sensazioni amarotiche, pardon, rimarrebbero, perché un nuovo amaretto prenderà subito il posto del precedente e così via fino a che morte per iperglicemia non vi separi.

 

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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