L’Alto Adige vitivinicolo “non è un paese per vecchi”10 min read

L’accostamento al celebre film dei fratelli Cohen è l’incipit “provocatorio”, ma nemmeno più di tanto, per raccontare il cambio generazionale in atto nei vertici delle cooperative e delle aziende private (piccole e grandi) che insieme rappresentano il redditizio segmento vitivinicolo altoatesino.

Incontrare le nuove leve di kellermaister è stato utile per capire chi sono e come si sono preparati a ricevere il testimone da baby boomer e generazione X.

Un passo indietro e il perché di un sistema vincente

Da sempre il valore del vino altoatesino si fonda su solidi ed incontrovertibili punti di forza che, soprattutto negli ultimi decenni, hanno permesso fatturati importanti ed un eccellente posizionamento sui differenti mercati (regionale, domestico ed internazionale).

Primo tra tutti un territorio vocato alla viticoltura con tantissimi giorni di sole (oltre 300 per anno), pendenze da viticoltura eroica (si arriva anche al 60%) e giaciture variegate dove le zone più in basso e calde (ideali per i rossi autoctoni come schiava e lagrein ma anche per merlot e cabernet sauvignon) lasciano rapidamente il passo a quelle più alte e fresche riservate ai bianchi (pinot bianco e grigio, gewürztraminer, kerner, sylvaner, grüner veltliner, müller-thurgau, sauvignon blanc, chardonnay e riesling) con medie trai 600 e i 900 metri di altitudine (Val di Isarco) e punte fino ai 1200 metri.

Una stagione turistica lunghissima (quasi 10 mesi l’anno) ed un inarrivabile rapporto presenze (oltre 33 milioni annui, fonte Astat e Ire per il 2018) su popolazione residente (circa 600.000 abitanti), Rendono questa terra un unicum turistico da studiare con attenzione.

Botti nuove con “copertura” storica

L’organizzazione umana del settore vitivinicolo che ha trovato  anche nella forma societaria della cantina sociale un modello vincente e duraturo di cooperazione tra piccoli coltivatori – statistiche alla mano si parla di circa 1 ettaro in media per ogni conferitore – in grado di raggiungere risultati economici considerevoli ed elevati standard di qualità.

Il valore ed il peso dei singoli produttori, rappresentati da famiglie storiche giunte all’ennesima generazione a cui si affiancano neo-produttori (generazione x in poi) che hanno smesso di conferire per seguire il ciclo di lavorazione completo, rischio imprenditoriale compreso.

Ultimo, ma non meno importante, un’amministrazione pubblica che ha ben usato le autonomie e le risorse concesse dallo stato centrale, con una gestione efficace ed efficiente ed un supporto costante verso i segmenti più produttivi e vitali dell’agrifood altoatesino (non solo vino ma anche mele e latte).

La dote nelle mani dei kellermeister del terzo millennio

Un sistema così strutturato ha contribuito a disegnare il prototipo del moderno kellermeister – semplificando maestro di cantina – che nelle cantine sociali è il vertice tecnico al quale consiglio di amministrazione concede ampia delega e chiari obiettivi: risultati tangibili e massimizzazione delle performance qualitative di tutti i soci. Nelle aziende storiche invece è spesso l’ultimo erede del patrimonio famigliare ed in alcuni casi è la prima generazione di giovani vignaioli smaniosi di farsi conoscere.

Per tutti un solido profilo professionale con studi avanzati nelle migliori università europee del settore, conoscenza di due o più lingue, elevata capacità di comunicazione, moltissima pratica in campo ed in cantina con stage tecnici sostenuti fuori dai vigneti familiari.

Andrea Moser

Insomma, una bella squadra capeggiata da Andrea Moser di Cantina Caldaro: 440 ettari per 590 soci e 4 milioni di bottiglie, che tra un’arrampicata e un viaggio di lavoro all’estero sperimenta e immagina il vino del futuro per la sua azienda (vedi Progetto XXX); Erwin Carli di Cantina Kurtatsch, 190 ettari per 190 soci che gioca di squadra con il suo presidente, Andreas Kofler, anche lui under 40 nonché presidente del Consorzio di tutela vini dell’Alto Adige.

Si prosegue con i fratelli Pfitscher (Tenuta Pfitscher) Daniel, Marion e Hannes che si sono equamente divisi ruoli e responsabilità per una 7^ generazione di vignaioli moderni e preparati.Non scordiamoci di Simon Pliger (Kuenhof) isarchino già pronto a governare l’azienda che papà Peter ha trasformato nel 1990 con il passaggio da conferitore a produttore.

Nutrita e molto determinata è poi la presenza femminile: Carolina e Giulia Walch (figlie della regina del Lago di Caldaro, Elena) da pochi mesi ai vertici dell’azienda di famiglia con il preciso intento di dare maggiore risonanza internazionale a vini Walch.

Ines Giovanett (Castelfeder) che punta su idee chiare e rigore manageriale per un rodaggio già completato nella gestione plenipotenziaria insieme al fratello Ivan (enologo) ed una particolare missione: educare, soprattutto all’estero, il consumatore al vino altoatesino.  

Ancora, le preparatissime Eva Kanneppele (Ritterhof) e Judith Rottensteiner (Tenut Hans Rottensteiner) raccontano il vino in maniera semplice ed efficace con un modello di comunicazione moderno e facilmente comprensibile dal consumatore.

Tra gli under 30 troviamo Jakob Gasser, alter ego di Hans Terzer della Cantina di San Michele Appiano, futuro kellermeister di una delle realtà più grandi e longeve della provincia, 350 soci per circa 385 ettari vitati con un volume di oltre 2,5 milioni di bottiglie.

Una menzione particolare va alla spensierata (ma coi piedi ben piantati nella terra) brigata del Santa Maddalena che, nella piana di Bolzano vicino a Cardano, con 200 ettari vitati (4% di tutta l’Alto Adige) rappresenta la prestigiosa enclave della Schiava, per uve che arrivano dai vigneti di Santa Maddalena, Santa Giustina, San Pietro, Rencio e Coste.

Tra queste piccole aziende familiari si precipita addirittura nei post-millennials (under 25) pronti a raccogliere l’eredità (erbh, come nel nome di molti masi da queste parti) della schiava, soverchiata dallo strapotere bianchista e quasi spinta all’oblio enoico, tornata in auge negli ultimi anni grazie alla piacevolezza dei suoi vini freschi e facili da bere quando giovani, ma capaci di un’”inaspettata” longevità.

Alla base del nuovo approccio di lavorazione di questa schiava moderna: la realizzazione di impianti con la varietà più opportuna (grigia, gentile o grossa) per ogni appezzamento, l’innalzamento della carica polifenolica attraverso la lavorazione a grappolo intero, un uso del legno grande attento ma senza disdegnare il solo acciaio, l’assecondamento della naturale capacità di “riduzione” del vino in cantina che ne facilità il mantenimento degli aromi nel lungo periodo.

Santa Maddalena

In ordine sparso: Evi Gojer (Glögglhof), Martin Ramoser (Fliederhof), Veronica Pfeifer (Pfannenstielhof) Lukas Mumelter (Griesbauerhof), Florian Roamoser (Untermoser), Josef Mayr (Maso Unterganzner).

Quali sfide attendono gli under 40 altoatesini?

Ben formati alla vita contadina, di mentalità aperta grazie dalle esperienze all’estero e gli studi internazionali si sono rimboccati le maniche durante il biennio pandemico e oggi, con una guerra europea in corso, combattono con i limiti e i vincoli di un modello economico “globale” che sta causando difficoltà di approvvigionamento di materie prime (vetro fra tutte), inflazione  galoppante e un’incertezza generale nella programmazione degli investimenti su cui incombe, giusto per non farsi mancare nulla, l’onnipresente climate change.

Saranno loro a traghettare queste aziende in salute verso il new deal della vitivinicoltura 4.0, puntando su qualità percepita e identità territoriale (smorzata dal Covid, la partenza delle 86 UGA ancora stenta ma tutti credono nel progetto), cercando di dare contenuti e non solo “chiacchiere” alla questione sostenibilità, come l’idea di riciclare le bottiglie usate in un modello di economia più circolare.

Alcune etichette da provare tra valide conferme e interessanti sorprese!

Kerner Karneid 2021 – Franz Gojer

Una vivace interpretazione di Kerner per un naso che incalza da subito su pesca, agrumi e noce moscata, intensi e avvolgenti. Il sorso è energico deciso ma veloce al tempo stesso, non si siede. La buona acidità si contrappone alla solida e capiente struttura della beva.

Sauvignon Blanc Stella 2020 – Fliederhof

Lo stile di affinamento alla francese caratterizza questo vino aspro e deciso per uve che maturano su suoli ricchi di calcare. Breve contatto con le bucce, fermentazione spontanea in botti di legno e un lungo periodo di affinamento sulle fecce. Il naso ha frutto e mineralità verticale, il sorso è impreziosito da una decisa tensione acida per un finale ricco e prolungato. Una bella sorpresa, un vino di carattere!

St. Magdalener Klassisch Heilmann 2020 – Josephus Mayr

Schiava grossa e piccola, lagrein. Coerente con lo stile rigoroso ed essenziale che contraddistingue i vini di Josephus Mayr. Piccoli frutti neri croccanti ma anche vividi sentori floreali di violetta con una delicata scia speziata. La discreta struttura favorisce la beva, non ci sono sbavature nel sorso, composta, senza cedimenti con un bel finale ancora fruttato.

Der Pfannen Stiel St. Magdalener 2016 – Pfannenstielhof

Schiava 95% e lagrein 5%. Quattro anni di acciaio e diversi mesi in bottiglia, per mantenere la verticalità del suo frutto e la longevità della Schiava. Rubino pieno ed intenso allo sguardo per un naso ancora fruttato che fa emergere toni più maturi di spezie scure, liquirizia, una balsamicità mentolata e un piacevole sottobosco. In bocca è goloso con tannini garbati e ancora tanto frutto rosso e nero. La lunga maturazione lo ha reso vigoroso e di grande persistenza. Sorpresa! Buone queste schiave che sanno diventare grandi.

Unoaked “Project XXX” 2019 – Kaltern Kellerei

Dal Progetto XXX (eXperiment, eXplore, eXclusive) voluto da Andrea Moser, per vini “one off” ovvero realizzati per una sola annata che vengono concepiti da un’idea, un’intuizione o un desiderio del gruppo di lavoro. Da uve pinot nero, niente legno, niente acciaio ma solo clayver (ceramica) dove macera per tre mesi sulle bucce ed i raspi. Tantissima frutta rossa, note più scure per un gusto elegante ed avvincente.

Kunt.Stück Classico Superiore 2016 (Magnum) – Kaltern Kellerei

Schiava 100%,linea cru nata per dare l’idea della annata vinificando in purezza la varietà che meglio si è espressa in quella vendemmia. 2016 bottiglie impreziosite dall’etichetta realizzata dal designer milanese Stefano Mandato. Al naso frutti rossi (ciliegia, mirtillo e melograno) maturi che ben si legano nella evoluzione speziata. Un gusto pieno, di buon corpo ed un finale senza sbavature che riporta ai toni dell’olfattiva. Sorpresa!

Gewürztraminer Riserva Brenntal 2011 – Kurtatsch

Bellissima evoluzione per questo vino di oltre dieci anni, bouquet aromatico persistente, intenso con sentori floreali di rosa e poi pesca, litchi, mango e miele, ricca speziatura di anice e noce moscata. Al palato è maturo, strutturato, la esile proverbiale acidità non sostiene tutti e 15 i gradi alcolici ma il vino non si siede anzi e si concede un bel finale sapido-minerale.

A.A. Merlot Riserva Brenntal 2018 – Kurtatsch

Naso intenso ed espressivo con sentori di frutta rossa, pietra focaia e rosa appassita per chiudere su una balsamicità mentolata. Il sorso ha una notevole tensione fresco-sapido che lo rende saporito, avvolgente, ed una trama tannica vellutata ed elegante per un finale ancora fruttato e gustoso. 

Andrea Donà
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