La vigna va in città, ovvero l’incontro dell’Urban Vineyards Association5 min read

Questa volta si volta alto, per la precisione sul tetto di un grattacielo di New York nel quartiere di Brooklyn. E’ lì che alcuni anni fa è sorta una vigna (o qualcosa di simile) dove si produce vino a base di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Ed è questo forse il progetto che ha raccolto maggiore interesse misto a curiosità in occasione dell’incontro della Urban Vineyards Association (U.V.A., acronimo e guarda caso nomen omen) che si è tenuto a Siena il 16 ottobre scorso.

Ma andiamo con ordine. L’Associazione internazionale delle vigne urbane è nata nel 2019 a Torino e l’evento di Siena è stato il primo post pandemia con una evidente e palpabile voglia di farsi conoscere. Lo scopo primario dell’associazione è quello di tutelare e valorizzare i vigneti che si trovano all’interno dei centri urbani, e ce ne sono tanti, sparsi un po’ in tutto il mondo, con vitigni spesso dimenticati e in via di estinzione.

Quindi, come ha tenuto più volte a sottolineare il sindaco di Siena nel suo saluto, siamo di fronte  ad un’operazione non solo enologica ma culturale, di recupero delle tradizioni e per un diverso approccio alla città.

Presidente dell’Associazione è Luca Balbiano di Vigna La Regina di Torino (produttore storico di Freisa di Chieri) mentre vicepresidente è Luigi Alberto Fumi Cambi Gado della Tenuta Castel di Pugna tra l’altro promotore del progetto della vigna urbana (Senarum Vinea) di Siena.

Veramente interessante la platea di viticoltori urbani che hanno raccontato la loro esperienza: il  primo è stato Nicola Purrello della Etna Urban Winery situata a S. Gregorio di Catania (una new entry per l’associazione), con un ettaro e mezzo di vigna a ridosso della città di Catania, quindi in un contesto totalmente urbano. Le uve coltivate, espressione di quel territorio, sono sia rosse (nerello mascalese e cappuccio) che bianche (carricante e catarratto).

Ed eccoci all’altra new entry, il viticoltore newyorchese di cui sopra. Si chiama Devin Shomaker e lui stesso si è definito un po’ matto ad aver concepito un’idea del genere, ma dopo aver visto che le viti avevano resistito all’inverno particolarmente rigido del 2014, la scommessa era da ritenersi vinta ed il progetto Rooftop Reds avrebbe potuto andare avanti.  Sia chiaro: le viti sono piantate dentro a delle vasche ben ancorate al terreno e con un sistema di drenaggio altrettanto ben collaudato. La superficie del tetto è di circa 1.400 metri quadrati ed ospita anche un wine bar, uno spazio per eventi e per attività didattiche. Devin ha spiegato che i vantaggi sono molteplici: il cemento su cui si trovano le vasche fa sì che il clima sia più caldo rispetto al resto della città, è un clima simile a quello della Napa Valley e vi si possono coltivare vitigni tipici della zona Bordeaux; inoltre si può andare in vigna con la metropolitana, quando mai! Da tenere infine presente che Devin ha un fratello, Thomas, che si è trasferito a Tokio e sta lavorando ad un progetto simile di cui presto sentiremo parlare.

Vi sono poi almeno tre esperienze di vigne urbane in Francia: bellissima è quella di Avignone nei giardini del Palazzo dei Papi (si chiama appunto “Clos de la Vigne du Palais des Papes”) I vini nascono da diversi vitigni autoctoni come il Grenache Noir, il Carignan, il Mourvèdre e il Counoise  e per i bianchi il Grenache Blanc e il Marsanne e mantengono l’appellation di Cote du Rhone dato che il fiume passa a poche centinaia di metri. Gli amici francesi ci ricordano che ogni anno a giugno, Covid permettendo, c’è una grande festa dove si possono assaggiare i vini del clos “papale”.

Di grande fascino è il vigneto urbano di Parigi dato che si trova sulla collina di Montmartre (Clos Montmartre) e il suo recupero risale al 1934. Sono circa 1500 metri quadrati, 1700 piante soprattutto Gamay e Pinot Noir oltre a Muscat, Riesling e altri vitigni francesi. La produzione è di circa 2500 bottiglie all’anno e gli introiti sono destinati a scopi sociali. Da non perdere la Festa della Vendemmia che si tiene ad inizio ottobre (ormai per quest’anno è tardi) alla quale partecipano oltre 100.000 persone sempre Covid permettendo.

Clos de Montmartre

ltra bella esperienza è quella di Lione: il vigneto urbano si chiama Clos de Canuts nel quartiere della Croix Rousse. E composto da trecento viti storiche di Gamay piantate tra il 18° e il 19° secolo. Le bottiglie vengono personalizzate con etichette di seta e vendute all’asta. Occasione anche questa per una grande Festa della Vendemmia nel mese di ottobre.

Ci sono altre interessanti esperienze anche in Italia come la Vigna di Leonardo a Milano nella casa degli Atellani, regalata a Leonardo Da Vinci da Ludovico il Moro nel 1498 e rinata recentemente nel rispetto degli originari filari e vitigni.

Ci sono poi i i filari di San Francesco della Vigna a Venezia zona Arsenale, curati amorevolmente dai frati francescani che in obbedienza alla regola Ora et labora producono un ottimo vino denominato Harmonia Mundi, a base di Teroldego e minori quantità di Refosco dal peduncolo rosso.

E per chiudere torniamo in Sicilia per ricordare la vigna del Gallo all’interno dell’Orto Botanico di Palermo, una interessantissima esperienza di recupero, in un ridotto spazio di 200 metri quadrati, di un centinaio di vitigni autoctoni (fra questi Inzolia, Catarratto, Frappato, Grillo…) e vitigni “reliquia” (come Visparola, Prunella, Cutrera…).

Insomma il progetto UVA ha ormai gettato le sue solide basi e punta a svilupparsi sia nell’ottica di qualità del prodotto (anche se le quantità rimangono giocoforza limitate) che come offerta di un’occasione di enoturismo, un buon bicchiere affiancato ad una visita alla città che ospita il vigneto urbano.

Fabrizio Calastri

Nomen omen: mi occupo di vino per rispetto delle tradizioni di famiglia. La calastra è infatti la trave di sostegno per la fila delle botti o anche il tavolone che si mette sopra la vinaccia nel torchio o nella pressa e su cui preme la vite. E per mantener fede al nome che si sono guadagnato i miei antenati, nei miei oltre sessant’anni di vita più di quaranta (salvo qualche intervallo per far respirare il fegato) li ho passati prestando particolare attenzione al mondo del vino e dell’enogastronomia, anche se dal punto di vista professionale mi occupo di tutt’altro. Dopo qualche sodalizio enoico post-adolescenziale, nel 1988 ho dato vita alla Condotta Arcigola Slow Food di Volterra della quale sono stato il fiduciario per circa vent’anni. L’approdo a winesurf è stato assolutamente indolore.


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