La storia di Villa Bucci in nove annate importanti dal 2016 al 19888 min read

Uno scritto in ode del più’ grande bianco d’Italia e della figura di Ampelio Bucci

Ampelio Bucci ha quasi 84 anni. Io, Nelson Pari, ne ho 30. Ma se mai avrete la rara occasione di vederci assieme vi renderete conto che dei due il trentenne non sono io.

Il mio rapporto con Ampelio è particolare. Non abbiamo mai parlato di vino se non in questa degustazione che vi sto per raccontare. A dir la verità non mi è mai venuto in mente di domandargli cose a riguardo. Abbiamo parlato però di sogni e paure, successi, Rdc (che sta per rotture di c…) e inevitabilmente di amori. Partiamo con quest’ultimi.

Capitolo I: gli amori – I miei ricordi con  il Villa Bucci

Claudia era in un jazz club a Rimini dove stavo suonando per la prima volta con il leggendario sassofonista italiano Simone la Maida. Ricordo ancora il momento in cui, confuso dal suo peculiare accento di cui mi ero già innamorato, le chiesi  da quale antro italiano provenisse. Per la prima volta in vita mia sentii parlare di Jesi. Insieme a lei visitai Villa Bucci e nei successivi 4 anni assieme bere una di quelle bottiglie è sempre stato segno di grande occasione.

Florence è la figlia di uno dei più’ grandi fotografi del mondo del rock. Io da ex-musicista capisco benissimo che è un’occasione più che unica. Capelli rossi, viso da dipinto di Vermeer e il vestito da sera blu più’ affascinante che abbia mai visto. Come la bottiglia di Villa Bucci inizia a finire, inebriati al punto giusto, iniziamo a fantasticare di una vita assieme.  Fantasticammo forse troppo perchè dopo l’assurdità di quell’incontro non ci siamo né più scritti, né visti.

Sofia è una delle protagoniste che stanno dietro uno dei miei Brunello di Montalcino preferiti. Se qualcuno mi parla di “bellezza italiana” è sicuramente una delle prime ragazze che mi vengono in mente. Il modo in cui veste, sorride e si muove ricorda quel cinema in bianco e nero che quelli della mia generazione hanno intravisto nelle nostalgie dei “più grandi”. Ma l’apogeo della sua bellezza, in quanto ogni Anita Ekberg ha bisogno della sua Fontana di Trevi, lo raggiunse quando a cena bevendo una bottiglia coperta, al primo sorso la riconobbe. Girandosi verso di me sorrise e disse: “Villa Bucci”.

Capitolo II: sogni e paure – Una breve storia di Ampelio Bucci

Forse il vino è l’ultima cosa per cui Ampelio Bucci vorrebbe essere conosciuto. Bocconiano, inizia un lavoro in aziende di grandi consumi per poi muoversi nella farmaceutica per Roche in Svizzera. Ma ogni sabato e domenica torna nelle Marche per portare avanti l’azienda agricola di famiglia.

Continua con grandi consulenze nel mondo italo-francese della moda per poi lasciare definitivamente il segno nel mondo del marketing con il primo libro italiano sull’argomento, tradotto in francese e intitolato “L’impresa guidata dalle Idee”. Egli stesso lo ricorda con una non nascosta commozione come la cosa più bella che abbia fatto. L’idea guida del suo scritto era il fatto che il mondo della domanda e dell’offerta stava cambiando. Non era più il consumatore a chiedere ma l’impresa che doveva proporre. Qui Ampelio prevede che il cibo sarebbe cambiato con il gourmet e l’arrivo del mondo del fine-wine in Italia.

Ma è nell’idea del bello che supera il buono che Ampelio decide la sua sfida. La rinuncia allo  Chardonnay per l’abbraccio al Verdicchio. Insieme a lui un team d’eccezione. Al timone delle botti Giorgio Grai, il volto ossessivo-compulsivo dell’enologia Italia e “rompicoglioni con l’anima da guerriero” (cit. di Ampelio), i ragazzi di Simonit & Sirch, famosi per il loro lavoro a Chateau d’Yquem, Madame Leroy  (vi basta?) al controllo della vite. Sono occorsi comunque 10 anni di schiaffi in faccia nel mondo dell’anfora di Fazi-Battaglia prima che la critica iniziasse a prendere sul serio il suo progetto.

Capitolo III: i successi – 9 anni di Villa Bucci Riserva

Quella che segue è una degustazione insieme a Ampelio Bucci, Federico Moccia (Assistente Capo di 67 Pall Mall) e Roberto Cantori (vignaiolo di Fattoria Nanni’). Le mie descrizioni sono qui un misto delle nostre sensazioni collettive e di varie discussioni che sono seguite.

Nella bottiglia Il blend delle varie vigne di Villa Bucci cambia di anno in anno. Vigne di diversi anni vengono vinificate separatamente in diversi contenitori, dalle famose botti fino alle vasche d’acciaio. Tutto viene poi assaggiato alla cieca per poi essere assemblato.

Fase 1 – Giovinezza

Nella prima fase il Verdicchio di Villa Bucci si muove verso le mineralita’ tipiche dello Chablis 1er Cru (tra la freschezza di Les Lys e la precisione dei profumi di Butteaux). Questo nelle annate fredde (2016), mentre in quelle calde (2015) iniziano a mostrarsi i primi segni dello Chenin Blanc francese, come la cera e una leggera bruciatura della frutta.

2016 – Mineralità domina il naso mentre il sale si estende fortemente sul palato dando già un’idea di spaghetto alle vongole. Estremamente marittimo.

2015 –  La sensazione vanigliata e mandorlata (sembra botte ma non è) del Verdicchio iniziano ad esprimersi. Un accenno di cera e idrocarburo. L’acidità aiuta a diminuire l’opulenza del vino sul palato.

Fase 2 – Evoluzione

Il vino inizia a distendersi in intensità e definizione dei profumi. Il colore non si muove dal giallo paglierino e nonostante alcuni differenti riflessi rimane difficile capire l’effettivo invecchiamento del vino. Mineralità e salinità sono sempre presenti. Un marzapane da Marsanne/Roussanne decide a seconda delle annate quale sarà il carattere predominante nel finale, come la mandorla (nelle annate calde) o lo zafferano (nelle annate fredde).

Ampelio si sofferma con noi nel riconoscere come in questa fase la spezia diventa molto “arabeggiante”.

2014 – Naso freschissimo dove una leggera ossidazione veicola ananas fresco, fieno bagnato e mare. Un palato verde con menta e salvia presenta un tannino leggero. L’acidità e la salinità salvano “l’allappamento” di un leggero marzapane, acciughe e alici.

2008 – Ampelio presenta il colore del vino definendolo con il termine “lame di luce” e dà come causa le sue famosissime botti degli anni 80. Zafferano e pepe bianco dominano il naso.  Si apre in caco e melone. Nonostante si percepisca un leggero calore l’alcool rimane coperto da un sale marino che bilancia una cera ben presente. Abbiamo tutti pensato ad un abbinamento con cibo indiano.

2005 – Il giallo paglierino inizia a spegnersi. Agrumi canditi, cassata siciliana e spezie cinesi (Chinese Five Spice), Due diverse parti contendono il palato. La più’ debole è quella marina, che grazie al sale veicola l’arrivo dell’idrocarburo, del petrolio e di una pietra bagnata con toni molto caldi. La parte più’ presente è quella del marzapane che tramite l’acidità crea un finale pieno di zafferano, che arriva come colpo di coda del finale. Ampelio parla di complessità speziate che collega a una femminilità “felliniana”. Qui più’ di ogni altro vino si sente la magia di Grai, dove l’equilibrio vince sulla potenza.

2004 – Ancora più’ fresco del 2005, sembra che l’evoluzione si sia fermata. Muffetta erborinata da formaggi, erbe fresche e salvia medicinale. L’acidità è talmente presente che sembra coprire la frutta rimandandola ad una scorza di limone.

2003 – Una delle peggiori annate per Ampelio. Leggerissimo al naso. Idrocarburo, zucchero filato, popcorn che ricorda moltissimo i Meursault di Coche-Dury. Gli stessi profumi che danno l’eleganza del naso ritornano fortissimi nel palato, dove mandorla, vaniglia e caramello diventano talmente forti che ricordano alcuni Chardonnay di Santa Barbara, USA (Sandhi, Lutum, Liquid Farm). Forse il migliore bianco che abbia mai bevuto in Italia.

Fase 3 – Invecchiamento

L’ossidazione diventa protagonista. Il vino ora lotta fortemente con la componente di mandorla e vaniglia del Verdicchio. La struttura si bilancia tra gli estremi dello Chardonnay e il Marsanne/Roussanne. Il bilanciamento tra potenza ed eleganza presenta una serie di profumi che viaggiano tra il vecchio e il nuovo mondo.

1999 – Colore limpido, brillante, giovane. Cera d’api e petrolio. Uva passa e frutti esotici. Un marsanne/roussanne a cavallo tra la freschezza di Francois Villard e la potenza di “On the Lam” di Sine Qua Non. Ampelio sente l’odore etereo del vino e il suo freschissimo limone. Se lo avessi bevuto coperto avrei detto che era il 2009.

1988 – Da una parte ossidazione da Grand Cru della Borgogna (il Corton Charlemagne di  Bonneau du Martray) che si espone su una la mela bruciata. Dall’altra frutta secca e biscotto da Coteaux Champenois (ci siamo immaginati un Krug 1990 senza bollicine). Pan au chocolat, sciroppo alle erbe, incenso indiano. Ampelio lo sente come il vino più’ leggero dell’intera degustazione. Minerale, etereo, dolce.

Capitolo IV: le “Rdc” – Cosa rimarrà del più’ grande bianco d’Italia?

Ampelio ci scorta nella famosissima cantina di Villa Bucci che pare pochi abbiano avuto l’onore di visitare (molti altri produttori ci hanno detto che sono anni che cercano di vederla invano) ad assaggiare dalle botti l’ultima annata assemblata da Grai. Mentre il dottore ricorda il suo amico-genio nelle sue ultime due cuvée finali , commosso ci guarda e risponde: “Quando questi saranno pronti mi troverete in posizione orizzontale”.

Se qualcuno mi chiedesse quale sia il migliore momento insieme a Ampelio non ci penso più di tanto. Siamo in macchina verso il ristorante e stiamo discutendo sulle nuove annate quando si gira dicendomi: “Io ho ancora così tante idee e cose da fare!”

Durante una nostra discussione sulla mia Rimini, il dottore mi ha ricordato un’intervista a Federico Fellini. La domanda rivolta è semplice: “Perchè le sue storie non finiscono mai?” Per il regista della nostalgia la risposta è ovvia “Le storie a volte non devono finire.”

Nelle storie di Ampelio Bucci ci sono i sogni e le paure, i successi, le “Rdc” e gli amori. Ma sono storie che non finiscono. E forse dobbiamo anche un po’ romanticamente ricordarci che per ogni bottiglia di Villa Bucci che apriamo siamo anche noi testimoni della sua immortalità.

Nelson Pari

Classe 1989, nato nella felliniana Rimini, da 10 anni residente nell’isola di Albione (Londra, UK). Dopo un Master in chitarra Jazz conseguito al Trinity Laban di Greenwich, si lancia nel mondo del vino. Supervisore eventi a 67 Pall Mall di Londra, il club privato di “fine wine” piú prestigioso al mondo, e Certified Sommelier per la Corte dei Master Sommelier. Il suo vino preferito e’ Mouton Rothschild 1989 in abbinamento a Kind of Blue di Miles Davis.


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