La Ribera del Duero tra conferme e ovvietà2 min read

“Ribera del Duero: Punta de lanza”, ormai alla sua settima edizione, consolida  la sua presenza all’interno di una delle più importanti  manifestazioni  gastronomiche europee come Madridfusion, con una degustazione guidata da Sarah Jane Evans, attuale presidente dei Master of Wine.

 

Tra i territori spagnoli più noti assieme alla Rioja, la Ribera del Duero è un grande plateau: 20.700 ettari di vigneto e più di 280 aziende, con una altezza media di 850 metri slm. Estati secche sino a 40° ed inverni lunghi e rigidi con punte che possono raggiungere i -18°C con nevicate e forti escursioni termiche.

 

La varietà dominante, neanche a dirlo è il Tinto del Pais, come viene chiamato qui il Tempranillo, distribuito su quattro province, anche se centrale resta la città di Valladolid, da sempre considerata la capitale della Ribera del Duero.

 

In  degustazione 12 vini provenienti da tutta la Ribera con annate che andavano dalla 2012 alla 2005. Presentate in modo impeccabile (sin troppo…) hanno fornito un ampio panorama di quelllo che avviene sul territorio e di come questi vini stiano lentamente raggiungendo un livello qualitativo di grande valore.

 

A fine degustazione avevo commentato su facebook che non mi aspettavo nulla di più di quello che avevo trovato: ora cerco di spiegarmi in modo meno lapidario.

 

I vini erano tutti corretti dal punto di vista enologico (ci mancherebbe altro) con una tendenza, direi storica, ad un uso del rovere un po’ forzata, dove le note speziate spesso sovrastano il frutto anziché esaltarlo e donargli complessità. C’era da aspettarselo.  

 

E’ anche vero che negli ultimi anni, almeno per la  mia esperienza, questa tendenza va attenuandosi. Così vini come Arzuaga Reserva Especial 2010, ma anche il Perez Pascuas Gran Seleccion 2009, mostrano cosa  il Tempranillo può esprimere quando il legno gioca il suo ruolo in modo delicato ed elegante, esaltando un frutto che offre molte sfaccettature olfattive. Una complessità giocata sul filo delle note speziate  affatto invadenti, ben calibrate e fini. Altri vini, pur riconoscendogli una correttezza esecutiva, sembrano ancora rincorrere vecchi modelli: anche questo c’era da aspettarselo.

 

Così come l’eccessiva “terziarità”, a mio parere, di Sarah Jane Evans che ha tolto un po’ di smalto alla degustazione,  anche questo avevo messo nel conto. Insomma troppi conti per una degustazione e poche emozioni trasmesse. Peccato mi aspettavo di più !

 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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