La nosiola è da salvare! A questo (e non solo) serve DiVinNosiola5 min read

Essendo l’unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca la nosiola si affianca a quelli a bacca nera, teroldego e marzemino.

Menzionato già nel Concilio di Trento e ben diffuso fino ad una cinquantina di anni fa, questo vitigno ha subito un rapido declino a favore di colture più redditizie e di facile lavorazione, che hanno rischiato di fare sparire questa varietà. Nel 1960 erano 850 gli ettari coltivati, oggi ne rimangono solamente 70 in tutta la regione.

Negli ultimi anni, grazie alla volontà di recuperare la storicità territoriale e all’impegno e lungimiranza di alcuni produttori locali, si sta lavorando nella direzione di mantenere vivo il prodotto nelle zone più rappresentative di questa varietà, regalandole nuovo meritato lustro grazie ai principi dell’agricoltura biologica e biodinamica.

Nosiola passita.

La nosiola presenta buccia sottile ma molto resistente e ricca di pruina, ha una maturazione tardiva, predilige un clima temperato e ben ventilato. Per questo motivo, grazie alla presenza dell’Ora del Garda, vede come  bacino d’eccellenza la Valle dei Laghi, e più precisamente le colline che abbracciano il lago di Toblino.

Qui viene coltivata su terrazzamenti chiamati “le frate”, dove viene denominata al femminile chiamandola “La nosiola”. In altre zone come le colline di Sorni e Pressano e l’inizio della Valle di Cembra viene invece declinata al maschile, “Il nosiola”. E’ inoltre presente  una piccola zona in Vallagarina.

Nella vinificazione tradizionale si presenta di colore giallo paglierino con riflessi verdolini, dai profumi fruttati e croccanti leggermente acerbi e con sentore di nocciola. Minerale, dalla discreta sapidità, sorretta da una buona vena acida, di media struttura. Perfetta come aperitivo.

Nella vinificazione della vendemmia tardiva e da appassimento, invece, presenta un colore dorato dal bouquet complesso, un profumo fruttato di confettura, sentori speziati  con note dolci di miele. In bocca ha rotondità, morbidezza e piacevolezza ma grazie alla bella acidità, non diventa mai stucchevole.

Esclusivamente nella Valle dei Laghi, dalla Nosiola viene prodotto il Vino Santo, che pare essere il vino passito detentore del più lungo appassimento naturale al mondo.

Pigiatura della nosiola da parte della confraternita.

Le uve selezionate vengono lasciate appositamente sulla pianta per fare una prima surmaturazione. Una volta raccolte vengono messe ad appassire per sei mesi su graticci detti “Arele”, posti in soffitte aperte all’areazione dell’Ora del Garda, che soffia tutti i giorni. Qui entra in gioco l’attacco della Botrytis Cinerea, che colpisce esclusivamente l’interno dell’acino, riducendone il peso fino al 70% ed aumentandone la concentrazione di zuccheri e aromi.

Le uve vengono pigiate durante la settimana Santa (da qui il suo nome) e il mosto ottenuto, travasato più volte per filtrarlo, verrà messo a dimora in vecchie piccole botti, generalmente di rovere.

E nel periodo precedente la Pasqua (dal 31 marzo al 10 aprile 2022)  si è svolta l’undicesima edizione di DiVinNosiola, manifestazione nata per raccontare e valorizzare la nosiola e il Vino Santo.

Proprio nel Vino Santo, a causa dell’elevata concentrazione zuccherina, avviene una fermentazione naturale molto lenta per un periodo, da disciplinare, minimo di quattro anni. Difficilmente i produttori lo “rispettano”, arrivando a permanenze che arrivano fino a dieci anni:  per questo motivo viene definito “il passito dei passiti”.

Nella tradizione popolare era considerato un medicinale ricco di proprietà terapeutiche, da utilizzare in situazione di affaticamento ed astenia.

La produzione annuale del Vino Santo Trentino Doc è molto limitata, infatti i rischi dati dalla maturità tardiva in pianta che espone le uve agli eventi atmosferici avversi, le particolari caratteristiche di vinificazione, la durata dell’invecchiamento e la scarsa richiesta di mercato non ne favoriscono l’investimento. Per questo motivo ogni produttore decide se produrlo anche in base alla qualità delle uve nelle varie vendemmie e alla giacenza in cantina.

Grappolo di nosiola

 

Una volta imbottigliato inizia una lunga sfida contro il tempo, che ha regalato in degustazione dei giovanotti di 50 anni freschi e sapidi, capaci di attraversare ancora molti anni.

In particolare il nostro direttore ricorda che l’unica bottiglia mai bevuta, circa dieci anni fa, del suo anno di nascita (1957, annata tragica per il vino in tutta Italia… e anche per i direttori. Oddio, ora mi licenzia!) è stata di ottimo Vino Santo.

Il rito della spremitura è tra i momenti simbolicamente di più grande valore per la comunità della Valle dei Laghi, tanto che negli ultimi anni il periodo che precede la Settimana Santa è diventato momento di incontro con i vignaioli e gli appassionati, per trasferire la tradizione di questo evento.

Un’uva ma  tanti vini! Non è ancora giustamente riconosciuta  versatilità della nosiola:  sono molteplici le possibilità di espressione di questo vitigno che si presta a vari tipi di vinificazione: in bianco solo acciaio, con affinamento in legno, con macerazione sulle bucce, in anfora, spumantizzata con metodo Charmat, vendemmia tardiva e Vino Santo.

Acidità, semplicità, armonia, delicatezza, aromaticità, freschezza, dolcezza, ma anche struttura e Vino Santo sono alcuni dei sinonimi che ben sposano l’evoluzione enologica del frutto di questo vitigno.

 

Tanto per fornire un’ indicazione, secondo me le cantine più rappresentative della rinascita e della conservazione in vigna della Nosiola  sono: Cantina Toblino, Cantina Monfort, Marco Donati, Foradori, Casimiro, Salvetta, Klinger Pilati, LaVis, Maso Grener, Gino Pedrotti, Pisoni, Pojer e Sandri, Giovanni Poli, Francesco Poli, Eredi di Cobelli, Villa Persani, Eugenio Rosi, Maso Cantanghel, Maxentia, Pravis, Giulio e Mauro, Roberto Zeni e Vignaiolo Fanti.

 

 

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


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