La mia Africa anzi, il mio Sudafrica (terza parte)8 min read

Ci eravamo lasciati nella puntata precedente mentre io me ne stavo polleggiando nei giardini dell’Eden, al secolo Groot e Klein Constantia, meditanto e pianificando le tappe successive di Stellenbosch e Franschooek.

 

La stanza che abbiamo affittato con Airbnb si è rivelata superiore ad ogni aspettativa; una grande casa, in posizione strategica in un’area chiamata Paradise klooft, paradiso di nome e di fatto, 3 notti a 75 euro in tutto e una intera casa, domestici inclusi, a disposizione, roba da non credere.

 

STELLENBOSCH: Siamo dunque “in loco”, con una lunga lista di cantine, suggerite e selezionate tra le circa 170 che costituiscono l’intero comparto produttivo di Stellenbosch, ed una sfilza di appuntamenti pianificati.

E’ questa l’area di maggior concentrazione e dinamismo della viticoltura sudafricana. E non a caso è pure la sede del più importante Istituto di Viticoltura ed Enologia.

 

Ma, al di là della bellezza del paesaggio, davvero notevole, sono la ricchezza e varietà dei suoli e la molteplicità microclimatica a fare dell’area un luogo particolarmente adatto per la vite; clima fortemente rinfrescato nella fascia meridionale, e più caldo mano a mano che ci si allontana dal mare verso le pendici del monte Simonsberg.

 

Questa pluralità di climi e suoli è stata all’origine della suddivisione in 7 specifici distretti (wards) della vasta regione di Stellenbosch.

 

In teoria ogni distretto dovrebbe essere in grado di restituire nel vino i differenti terroirs individuati. Essi sono: Banghoek, Bottelary Hills, Devon Valley, Papegaaiberg, Plkadraai Hills, Jonkershoek Valley e Simonsberg-Stellenbosch.

 

Ora, a meno di possedere i super poteri del Falco e del direttore Carlo Macchi (nota del direttore Carlo macchi) è difficile trovare un vero filo conduttore tra questi differenti distretti, visto e considerato che è consuetudine assemblare parcelle di diverse provenienze.

 

Una cosa però è certa, ed è che laddove i vigneti sono ben esposti alle correnti marine, le uve e le viti sembrano stare meglio. Nella regione di Stellenbosch i vitigni più diffusi sono il cabernet sauvignon, che qui matura magnificamente, e lo chenin blanc, che grazie anche ad un patrimonio di viti secolari, dispensa vini di valore assoluto e altrettanto eclettici.

 

Poi shiraz, chardonnay e infine il bistrattato ed originale pinotage, una varietà ottenuta incrociando il pinot nero con il cinsault, all’epoca conosciuto con nome di hermitage.

 

 Il pinotage è (o dovrebbe essere) il vessillo sudafricano in fatto di vini, essendo l’unica varietà originale, ma purtroppo la rinascita/riscoperta appare ancora distante in termini qualitativi.

 

Il pinotage venne creato nel 1925 da un certo Abraham Izak Perold, un professore in forza all’Università di Stellenbosch. Sulla sua origine circola anche una specie di leggenda, non molto dissimile da alcune già sentite in casa nostra. Si racconta che il prof. Perold, quando si trasferì dall’ università di Stellenbosch alla KWV, dimenticò nel suo giardino quattro piantine quattro, frutto appunto di un incrocio, queste vennero poi “casualmente” riscoperte e così divennero le madri di tutte le piante di pinotage odierne.

 

Più probabile invece che l’intento fosse quello di coniugare l’eleganza del pinot nero con la struttura e la intensa e peculiare aromaticità fruttata del cinsault.

 

Ed è proprio dai primi pinotage che arrivano le liete sorprese, ma vediamo ora una piccola selezione di cantine.

 

KANONKOP: è una proprietà di un centinaio di ettari vitati sulle pendici più dolci del Simonsberg. Un tempo appartenuta al parlamentare di idee liberali Jacobus Wilhelmus Sauer, oggi è in mano ai fratelli Johann e Paul Krige mentre Abrie Beeslaar ne è il capo enologo. I pinotage di Kanonkop sono considerati, e non a torto, una leggenda. Il loro patrimonio di viti secolari di pinotage è impressionante, allevate in forma di alberello raso terra (bush vines) su terreni ricchi di argille ferrose e granito sulla vetta delle colline, più sciolti e con sabbie chiare negli avvallamenti.

 

Purtroppo sono ancora ben visibili i danni provocati dai recenti incendi. A Kanonkop hanno la fissa della selezione dei grappoli e degli acini. Una linea di selezione a lettura ottica, e tre linee a lettura umana per consegnare alla pressatura materiale privo di qualunque impurità. La sorpresa vera però ci viene incontro quando entriamo sotto al capannone aperto dove stanno le vasche di fermentazione, aperte e larghe.

 

Abriee ci fa assistere alla rottura del cappello, fatta a mano da una squadra di lavoratori, di colore ovviamente.

 

Mi spiega il ciclo di lavorazione dalla selezione all’imbottigliamento. Quando gli chiedo se la fermentazione è attivata da lieviti indigeni, non capisce e mi ripete la fase dalla pressatura in poi. Capisco, dopo un lungo scambio di idee, che questa questione dei lieviti indigeni o aggiunti in relazione alla tipicità/carattere dei vini, lo lascia del tutto indifferente. Noi, al contrario, non restiamo indifferenti ai 4 rossi che ci propone, merito anche dei 16 gradi della temperatura di servizio. 

 

Pinotage 2014: (€25) 80% della massa matura in legni francesi nuovi, vino molto pulito, frutti neri, un tono terroso, media concentrazione e tannini fini. Pinotage Black Label 2014 (€115): da viti di oltre 60 anni, un grandissimo vino, aperto ed elegante nei profumi, con un tocco speziato e un profilo tannico seducente. Cabernet Sauvignon 2012(€27): scordatevi le pirazine, inconfondibile con un bel profumo di ribes, una struttura tannica muscolare ma armonica ed un finale tonico e rinfrescante. Paul Sauer 2013(€40): porta il nome del fondatore ed è un classico taglio bordolese, ha un frutto brillante e espressivo, elegantemente speziato e un bel tocco di tabacco scuro, struttura robusta ma non pesante.

 

Come vedete non costano poco, per contro la linea base, (nei progetti in forte espansione) etichettata con Kadette seguito dal nome del vitigno si attesta sui 6/7 euro.

 

 

MORGENHOF: dal 1990 di proprietà di Anne Cointreau, la cui famiglia possiede anche Gosset e nipote del fondatore dei marchi Cointreau e Remy Martin, questa splendida aziendina di 70 ettari sulle pendici del Simonsberg è stata oggetto di una recente e impegnativa ristrutturazione volta a conservare lo storico fascino degli edifici della vecchia Cape Dutch, e al contempo aprirli a esigenze più popolari e commerciali ospitando matrimoni e piccoli congressi.

 

Sul fronte dei vini, i rossi meglio riusciti sono quelli in stile bordolese. Il Cabernet Sauvignon 2013( € 5,00) un vino forse un po’ troppo tannico ma con un frutto saporito e vivo ed uno stacco finale più morbido, il Morgenhof Estate 2006(€ 14), blend di 5 uve bordolesi, vino dall’aroma intenso con tannini ben distribuiti nel frutto ed un finale molto fresco.

Interessante lo Chenin Blanc 2015, ricavato da ceppi di mezzo secolo e venduto a meno di €7. Un vino ricco, fermentato in legni, grasso ma non pesante con una notevole scodata acida.

 

L ’enologo Jacques Cilliers ci sa fare, i suoi vini sono tutti ben fatti, il meno convincente dell’ampia gamma mi è sembrato il Pinotage 2013 (€ 5) sin troppo semplice.  

 

 

JORDAN WINES: la proprietà si trova tra Stellenbosch e Cape Town e i suoi vigneti occupano più di 100 ha. Dagli anni 80 appartiene alla famiglia Jordan, dapprima Ted e Sheelagh che rinnovarono completamente il parco viti, poi nel 1993 l’ingresso del loro figlio Gary, geologo e winemaker, che oggi la conduce con la moglie Kathy.

 

Il loro parco vigneti è in estensione, con l’acquisizione di un’altra proprietà sulla quale verranno sperimentate nuove varietà come l’assyrtiko. Uno dei progetti più ambiziosi della coppia Gary-Kathy è quello di piantare i vitigni nei suoli e nelle posizioni a loro più adatte. A noi può sembrare una ovvietà, ma da queste parti la ricerca di una maggiore espressività territoriale è un elemento piuttosto recente e niente affatto scontato.

 

La gamma dei vini è ampia, 30 etichette suddivise in 6 linee. C’è di tutto e anche di più, inclusi un paio di CWG, uno bianco da Chardonnay ed un rosso blend bordolese. Ah, già, forse non sapete cos’è un CWG, beh, nemmeno io prima di chiederlo. CWG sta per Cape Winemakers Guild, cioè la Gilda o associazione dei viticoltori(enologi) del Capo.

 

Qui trovate chi sono e cosa fanno.

 

 

Lì ho assaggiati, il CWG Auction Reserve Sophia 2013 rosso bordolese da un vigneto esposto a sud-est e su suoli di granito decomposto, intensamente profumato di more, terra e grafite in felice connubio. Vino teso e snello, giovane e ancora esuberante sul versante tannini.

CGW Auction Reserve Chardonnay 2015 da vigna esposta a est. Vino veramente impressionante, nonostante il pesante fardello dovuto ala fermentazione in legno, ha un frutto di un’intensità pazzesca, una speziatura raffinata ed un’acidità vibrante. Mi piacerebbe berlo tra qualche anno.

Nella linea Estate Varietals degni di una nota di merito, visto il prezzo sui 7 euro, sono il Cabernet Sauvignon 2013 e il Syrah Prospector 2015. Va detto che tutti i 9 vini assaggiati erano più che convincenti. Avviso ai naviganti: purtroppo non sono riuscito a contenermi, ogni volta che riguardo i miei appunti mi sembra di essere un sudafricano alle prese con un piatto di tagliatelle. Più si usa la forchetta per arrotolare la tagliatella e più il groviglio aumenta. Si è resa perciò necessaria un’altra puntata.

Patientia animi occultas divitias habet.

 

 

 

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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