La merenda una volta poteva essere anche un sospiro (parte2)4 min read

Qualche volta poteva non esserci niente in casa, e allora le merende erano sospiri!

Poi piano piano le cose sono cambiate e una quantità sempre crescente  di generi alimentari si sono offerti per fare merenda.

In primo luogo i formaggini di formaggio cremoso e fresco. Erano a forma di spicchio triangolare, come li spicchi che si fanno tagliando il panforte, e venivano spalmati sul pane.

Poi subito a ruota i salumi. Dapprima gli unici salumi che si potevano mangiare con il pane erano la salsiccia, il buristo e la soppressata, ma solo per il brevissimo tempo del periodo in cui si spezzava il maiale. Il prosciutto noi in casa non l’avevamo e lo mangiavo solo quando andavo dal mio zio Erpidio che faceva il contadino.

Il salame non si faceva perché non avevamo il clima ed i locali adatti alla conservazione. Invece dopo con i salumi comperati nei negozi di alimentari si scoprì tutto un mondo di nuovi prodotti. La mortadella in primo luogo, ma anche il salame, la finocchiona, il rigatino, il capocollo, e diversi altri. Tutti erano destinati ad essere messi sul pane e mangiati.

Poi si trovò anche una specie cioccolato che veniva venduto a fette. Era un panetto a forma di parallelepipedo  avvolto da una carta stagnola color oro e che aveva due colori: uno quello del cioccolato, uno marroncino chiaro, forse una crema di nocciole. Penso fosse un surrogato del cioccolato. A me non è mai piaciuto particolarmente.

La costante di tutte queste merende è che non venivano consumate a tavola, ma in piedi o addirittura a giro a parlare e giocare con gli altri ragazzi.  Da bere: acqua fresca.

L’eccezione veniva quando in casa venivano preparati i dolci, cioè assai raramente. Allora la mia mamma faceva una crema con il tuorlo d’ovo, lo zucchero, il latte e la scorza di limone che resta una delle cose più buone mai mangiate in vita mia. Si mangiava con un cucchiaio, ma era buono zupparci anche delle strisce di pane. Una variante della crema era il cioccolato che faceva con il cacao amaro: questo si che mi piaceva!

Poi più che la disponibilità venne l’abbondanza esagerata di prodotti per la merenda, con la mitica Nutella alle merendine e quant’altro, le cose cambiarono assai. Questa è la generazione delle mie figlie. Con mia moglie abbiamo combattuto questa battaglia cercando di  limitare i danni della moda che non volevamo seguire. Ma è stata dura e non sempre abbiamo vinto. In tutta la loro infanzia e adolescenza avremo comprato si e no 2 o 3 bicchieri di Nutella e altrettante merendine preconfezionate.

 Ma era una lotta impari. Nelle scuole avevano cominciato a mettere i distributori automatici di queste e allora addio Carola!
Si fa presto a dire: io ai miei figlioli quelle cose non gliele do e non le compero. Si, come quando andarono alle medie a Grosseto e io giurai che non gli avrei mai comperato le scarpe da ginnastica supergriffate. E lo feci. Ma quando si lamentarono, e poi constatati, che erano le sole in tutta la classe ad avere scarpette anonime, senza firma, mi arresi e capitolai. Nel cibo è andata un po’ meglio perché in casa si è cercato sempre di mangiare il più naturalmente possibile. Loro apprezzavano e così fanno ora con i propri figli.

Ora sono alla terza generazione e paradossalmente con questa è stato abbastanza facile tornare ai vecchi sistemi. Sarà che con loro ci sono i loro genitori a guidare, ma anche noi nonni a incoraggiare. E così i miei nipoti hanno cominciato a mangiare verdura cruda prima e durante i pasti, lattuga e cetrioli compresi, fin dai 3 anni in su. Forse anche perché spesso era la stessa verdura che gli avevo fatto seminare e poi annaffiare ed infine raccogliere nel nostro orto. Sono voluti andare a provare il McDonald’s e ovviamente si sono divertiti tra patatine fritte, ambiente colorato e pieno di gadget. Ma resta li come un’eccezione, non una regola.

Da ultimo voglio parlare di un altro tipo di merenda.

Negli anni 50 e nei 60 quando si diceva “si va tutti a far merenda” s’intendeva partire con tutti i viveri e bevande e poi andare tutti insieme per mangiare al mare, alla macchia, sotto i castagni nelle colline li vicino. Ma in campagna no perché c’eravamo di già. 

In questi casi si distingueva da tutti gli altri il mio babbo perché era di una meticolosità incredibile. Alla fine della merenda, di solito assai abbondante, con preparazioni già cucinate e portate da casa, voleva sempre stupire, magari chiedendo se qualcuno aveva bisogno di uno stuzzicadenti o voleva un caffè. Chiaro che aveva gli stecchini, la macchinetta del caffè, la polvere, le tazzine, i cucchiaini  e lo zucchero. E magari anche il grappino.

Poi scoprimmo che questo tipo di merenda si chiamava Picnic. Allora tutti ci adeguammo e ci fu chi maremmizzando il termine decretò che lui la domenica andava a fare il “pitinicchio” co’ la su moglie a Sassofortino, sotto i castagni.

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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