La luce oltre il Gottardo. (Ultima parte)5 min read

Termina qui il viaggio del Nostro Francesco Annibali in Alsazia

28 febbraio

Alsatia sub specie rustico-acetosa

(Alessandro resta in camera, messo ko dalla Choucroute e dagli sbalzi termici)
Husseren les Chateaux è il comune vinicolo più alto della regione. Qui si trova, tra gli altri, Bruno Schueller, “talebano” del vino naturale.

Nonostante Husseren sia microscopica, lo raggiungiamo con una certa difficoltà. Bruno è tutt’altro che marketing oriented, non c’è nemmeno un cartello a segnalare l’Azienda.

Ci apre gentilmente disturbato. Ha ragione: non abbiamo preso appuntamento, e lui, di sabato pomeriggio, se ne sta spaparacchiato sulla poltrona a guardare il rugby. “Vi concedo mezz’ora, non di più, devo vedere l’Inghilterra, io una volta a rugby ci giocavo“, ci dice in perfetto italiano. La moglie è fiorentina. “E vi è andata bene che la Francia ha già giocato…”. La cantina non assomiglia esattamente a quella di Moet & Chandon. Piuttosto sembra quella del contadino che ti sta vicino casa.

Sopra una botte appoggiata a terra verticalmente stanno in piedi tante bottiglie, tutte stappate. Il Silvaner 2007 ha un colore giallo molto deciso, quasi da Gewurztraminer, una densità al palato impressionante, e una acidità a dir poco violenta. Accusarlo di scompostezza sarebbe molto facile, ma il succo, quasi abrasivo, che resta in bocca e l’esuberanza campagnola ci lasciano senza parole. Il Pinot Blanc 2006 è varietale, più normale nell’esecuzione, di bassa acidità come da copione per la varietà. Ma nel Pinot Gris che segue le note di uovo sembrano decisamente più un difetto che carattere. Col Riesling Grand Cru Pfersigberg 2001 si sale verticalmente di livello. “Questo vino è aperto da una decina di giorni, ed è stato prodotto senza solforosa”. “Dàì, neanche in imbottigliamento?!?”, chiediamo increduli, “senza senza solforosa!”, risponde Bruno con irruenza.

Lo guardiamo negli occhi, non mente. Il vino è pulito e incredibilmente fresco, molto pieno ai profumi, con una nota di liquirizia forte e diretta. Sembra la Coulee de Serrant di Nicolas Joly, ma con meno progressione gustativa. Ma anche senza la coltre di zolfo che seppellisce quel vino quando è giovane. Intendiamoci: si capisce che è un Riesling, ma gli agrumi e l’erbaceo non ci sono. “Il limone lo ottieni solo se copri il mosto con la solforosa, è un profumo di riduzione, fatto su misura per i consumatori che ormai si aspettano quel carattere da quel vino. E io non lo voglio. A me il vino piace berlo, e non voglio problemi se me ne faccio un bicchiere in più”.

Riconsegniamo Bruno al suo rugby come da accordi, e Bruno ci riconsegna un mucchio di convinzioni sui vini naturali che convinzioni non sono più. Prima di andarcene compriamo un po’ di bottiglie. Il suo Edelzwicker 2008, piacevolmente acetoso e floreale, si rivelerà uno dei vini più gourmet degli ultimi anni.

Il Gewurztraminer del Furstentum e le centrali nucleari.

Che sabato stupendo. L’aria questo pomeriggio è tiepida, e il cinguettìo ti mette serenità. Facciamo un passo e arriviamo da Albert Mann, dove entriamo con l’intenzione di acquistare un po’ di bottiglie, soprattutto il suo Gewurztraminer del Furstentum, del quale serbiamo un ricordo maestoso. Ma Maurice, coproprietario col fratello Jacky, è talmente gentile che la visita si trasforma automaticamente in incontro professionale. Il primo vino che ci serve è il Riesling annata, del 2007. Parla di precisione e contrasto. Dopo un eccellente demi sec arriva il Riesling Grand Cru Schlossberg 2007. La pulizia e la precisione sono quasi eccessive. Vinificazione in riduzione, ipotizziamo. Ma la solforosa non infastidisce. Lo Schlossberg profuma di silice. “E di fragoline”, aggiunge Maurizio. Ha ragione. La purezza è straordinaria. “Utilizzate lieviti selezionati o prodotti chiarificanti?”, chiedo io, “no, questa purezza viene dal vigneto”. Siamo sorpresi, ma sinceramente non del tutto convinti. “Noi lavoriamo in biodinamica ormai da moltissimi anni, e i risultati sono questi qui”. Aridaje. “Ma come è che la biodinamica ha avuto tutto questo seguito in Alsazia?” chiede Maurizio. “E’ tutta colpa di Mitterand”, risponde Albert. Restiamo sbigottiti. “Nel 1985 decise di costruire la più grande centrale nucleare di Francia a 20 km. da qui. Sapete, a Parigi ci hanno sempre trattato come quelli ai quali si può affibbiare tutto, che tanto se ne stanno zitti, sempre sballottati tra Francia e Germania. I produttori alsaziani si gettarono a capofitto alla ricerca di una agricoltura sostenibile e naturale. Fu una reazione spontanea. A posteriori, credo dettata più dall’orgoglio e dall’affetto per la propria terra, che dalla paura o da una ricerca della qualità”. Il profumo del Gewurztraminer Grand Cru Furstentum 2007 trabocca dal vetro. “Ho trascorso tutta la settimana in Canada, per noi è un mercato importante. I Paesi nordici adorano i vini profumatissimi con una punta di dolcezza. Ma faceva freddissimo. E poi tutto quel traffico di Montreal. Appena posso vengo qui, in cantina, a riposare”. Fuori, si sente solo il rumore del vento.

Epilogo

“Che posto incredibile l’Alsazia”, fa Maurizio, guardando i vigneti dall’alto. Il sole è ormai dietro di noi, quasi del tutto nascosto dai Vosgi. Colmar, giù in fondo, sembra grande come Los Angeles, vista da qui. “E’ molto più bella della Borgogna, che ha tratti un po’ più inquietanti. Qui poi c’è più rilassatezza. Ha ragione Alessandro: sembra il posto di Hansel e Gretel”. “Certo che è difficile pensare che qui tedeschi e francesi si siano massacrati per centinaia di anni”, aggiungo io. Le guance sono accalorate dall’alcol, il profumo di rose e di chiodi di garofano del Gewurztraminer Furstentum si mescola al ricordo di quel vecchio Riesling 1983 di Trimbach. Inspiro l’aria, limpida e freddina, identica a quel pomeriggio di 10 anni fa a Ribeauvillé, e estraggo le chiavi dell’auto dalla tasca, per tornare in albergo a Riquewhir. E’ tardi, domani si torna a casa. “La prossima volta andiamo a dormire a Kaysersberg, che dici?”, continuo, guardando a destra le Alpi svizzere, cercando inutilmente il Gottardo con gli occhi. Maurizio mi fissa, soddisfatto, abbozza un sorriso, e annuisce con lo sguardo.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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