27 febbraio 2009
Il bianco astringente che viene dal nord
Trovare Traenheim si rivela più difficile del solito, e arriviamo da Mochel con 15 minuti di ritardo. In Alsazia sarebbe meglio tentare il suicidio. Ma Frederic, il proprietario, ci accoglie con un sorriso grande così. “Urca, sembra Hugh Johnson cogli occhi azzurri!” dice Alessandro. Non ha torto. L’Azienda mi è stato consigliata da Peter Dipoli, produttore vinicolo (e molto di più) dell’Alto Adige, suo amico. Io non la conoscevo, ma la fiducia riposta nella profonda cultura vinicola di Peter si rivelerà del tutto azzeccata. Traenheim si trova ai piedi dell’Altenberg di Bergbieten, uno dei migliori Grand Cru del nord della regione. Ci troviamo all’altezza di Strasburgo, a pochissimi km dal margine settentrionale della Appellation. Qui i terreni sono più pesanti che nel centro della regione, quel piccolo territorio che si estende più o meno da Eguisheim a Bergheim.
Il figlio di Frederic, Guillaume, ci fa assaggiare i vini. Apriamo con il Cremant, non molto maturo nel frutto, ma molto fine nella carbonica. Il Klevner 2007, nome con cui qui si identifica il Pinot Bianco, è magnifico. Come se il tratto nordico avesse dato slancio a un vino che non brilla solitamente quanto a vibrazioni. Pinot Gris e Gewurztraminer, entrambi 2007, sembrano giovare dalla estremità delle latitudini, anche se quest’ultimo non brilla per ampiezza. Tutti i vini, chi più chi meno, posseggono una caratteristica astringenza. “Vinificate con contatto con le bucce?”, chiede Alessandro, “assolutamente no, è il vigneto a dare quel carattere”, risponde deciso Guillaume. O forse il malico abbondante, pensiamo noi. O forse è ciò che intendeva dire. La degustazione scende negli anni, fino ad un Riesling Altenberg de Bergbieten la cui età veniamo sfidati a valutare. Più o meno ci prendiamo, i 12 anni di vita – è un 1997 – li porta benissimo. Ma l’impressione è che il vino sia “ingessato”. Più dal territorio, che dalla confezione, pensiamo. Forse.
Malico, malica
Benzina, limone, pesca, lieve erbaceo. Petrolio con l’invecchiamento. Se si chiedesse ad un appassionato di fare il ritratto del Riesling alsaziano, quasi certamente risponderebbe così. Chi conosce bene la regione invece sa che più precisamente si tratta del profilo del Riesling di Ribeauvillé. Zona fredda, e terreni leggeri. È il regno di Trimbach. Ovvero il paradigma del bianco nordico, il n°1 della zona nel rapporto quantità/qualità.
[Anne Trimbach ci accoglie spensierata, il filo di timidezza che la frenava qualche anno fa sembra svanito. La bellezza no. Ma non ci riconosce, e partiamo subito ad assaggiare. Lo stile è quello lì, proverbiale: tutti i vini sono dritti, posseggono una imbeccata acida viva, sono molto freschi e lunghi. E molto secchi, alcuni ai limiti dell’essenziale. Il Pinot Blanc 2006 è decisamente sul frutto, i Riesling 2007 non vanno bevuti adesso, il Riesling Frederic Emile 2004, dai tratti metallici, è eccezionale. Più sottile ma ben più lungo, il Riesling Clos Sainte Hune 2002 gioca come sempre un campionato a sé. Netto di cera, naftalina e liquirizia, è di finezza fuori dalla norma, e giustifica la fama di vino di statura mondiale. La mano aziendale, magistrale sul Riesling, si fa sentire anche sugli altri vitigni. Del resto, nessun produttore alsaziano – tranne forse Zind Humbrecht, almeno da quando i Riesling secchi è tornato a farli secchi – eccelle su tutti i vitigni. Parere mio personalissimo, intendiamoci. Il Pinot Gris Reserve Personnelle 2002, più concessivo del solito, è fantastico, i Gewurztraminer come sempre molto “aerei”. Per me un filo troppo. VT e SGN di tutti i vitigni, dal residuo relativamente contenuto, si lasciano bere facilmente. “Il nostro stile non è frutto di convinzioni enologiche, ma religiose. Siamo Protestanti, non Cattolici”, afferma orgogliosa Anne, “per questo vogliamo che tutti i nostri vini, dai più semplici fino a Clos S.te Hune e SGN, siano i più secchi possibile. Devono essere “seriosi”, e adatti alla tavola. Tutti quanti”. Amen.