La luce oltre il Gottardo. (Parte seconda)8 min read

26 febbraio 2009

Uno più buono dell’altro

Il Civa, il Comitato Interprofessionale dei Vini di Alsazia, si trova nella zona industriale a nord di Colmar. Non esattamente l’angolo più affascinante della regione, ma si raggiunge facilmente. All’interno ci attende Serge Giavitto, che ha preparato una bella degustazione per noi.
Non solo le superstar, ma anche belle realtà cooperative, come da nostra richiesta. La Cave de Turckheim conferma la capacità di dare sostanza a tutte le bottiglie, anche se nel 2007 la definizione non sempre è chiarissima. Il Riesling VT 2005 è, in compenso, molto buono. Con la Cave des Vignerons de Pfaffenheim le cose nel 2007 sembrano essere andate ancora meglio: i Riesling e i Pinot Gris sono semplicini, ma i Gewurztraminer, in particolare Steingold e Ancestrum, sono decisamente belli. Discorso a parte per il Pinot Gris SGN 2001, che fa vedere a che livelli di contrasto tra frutto e acidità può arrivare la varietà in Alsazia. Ma il prezzo non ha nulla a che vedere con una cantina sociale…La Cave de Hunawhir conferma l’utilità delle guide. Sì, visto che è considerata una delle best buys della regione un po’ su tutta la carta stampata specializzata. E infatti la batteria si dimostra impeccabile: da Pinot Gris a Gewurztraminer Rosacker, passando per Schoenenburg, Rosacker e Osterberg di Riesling, questi 2007 non mostrano manco una crepa. Lo stile di Jean Marc Bernhard è essenziale al punto giusto, perfetto per chi non ama i fronzoli:  Riesling Schlossberg e Gewurztraminer VT 2007 vibrano di acidità e freschezza. E se in un Riesling queste caratteristiche non sono una novità, in un Gewurztraminer dolce lo sono eccome. Il Cremant d’Alsace, spumante metodo classico, non è esattamente il nostro vino del cuore: crudo, con una spuma eccessiva e eccessivamente dura, solitamente non brilla quanto a personalità, né quanto a facilità di beva. Ma questo Blanc de Noirs 2006 di Dopff Au Moulin, fragrante e speziato, a suo modo morbido, si stacca chiaramente dalla media. Da un Dopff all’altro. Dopff Irion propone una batteria molto regolare, vini di stile classico, tra i quali spicca – e non potrebbe essere diversamente, visto che si tratta di una azienda domiciliata a Riquewihr – un Riesling Schoenenburg 2007 di grande precisione. Chi cerca le sensazioni forti, i vini taglienti, non rimarrà deluso da quelli di Leon Boesch, dritti e “tartarici”, ancor più che “malici”, sembra. Se lo stile sul Riesling è a mio avviso eccessivo (ma i miei compari non concordano), su Pinot Gris e Gewurztraminer dona  vivacità a varietà che a volte rischiano la ridondanza.  Questi ultimi due vitigni nello Zinnkoepflè 2007 sono veramente squillanti, ma sempre ricchi. Reputata da Tom Stevenson, massimo esperto mondiale della regione, azienda top, Kuentz Bas in degustazione non ci  impressiona più di tanto – tante bottiglie perfettamente eseguite, alcune con acidità fuori posto, tutte con poco “calore” umano nella esecuzione. Ma il Pinot Noir Collection Rare 2007, da una varietà che qui riesce a dare grandi risultati solo con un lavoro maniacale in vigna (i rossi di Deiss sono eccellenti, anche se costosi), non ha nessuno dei limiti dei Pinot Nero nordici: per nulla amaro, nemmeno arido nel frutto, è un vino sostanzioso che deve solo digerire un poco di legno. E non costa un occhio della testa. Sui vini di Gustave Lorentz riponevamo ottime aspettative. Che non vengono disattese. Altenberg de Bergheim è uno dei migliori Grand Cru, e qui dimostra inequivocabilmente tutto il suo valore: sia Riesling che Pinot Gris 2004 impressionano per calore e spessore. Splendidi, entrambi, nell’espressione varietale e territoriale. Il Muscat VT 2003, inoltre, si rivelerà uno dei più grandi vini della trasferta: un piccolo miracolo di equilibrio e, soprattutto, di profumi. Salvia e origano, a rincorrersi, ma senza l’alcolicità dei Moscati mediterranei.

 

Il Fohn del biennio 1989-1990

“Il maggiore problema dei vini secchi alsaziani è che spesso secchi non sono. Colpa di Parker?” Di fronte alla mia domanda Thierry Fritsch si lascia scappare un piccolo sorriso, per nulla sorpreso dalla critica velata che contiene. Thierry è un enologo, ma si occupa principalmente di pubbliche relazioni per il CIVA. Insomma, quando ci sono dei giornalisti è lui la persona delegata al martirio.  “No, Parker non c’entra quasi nulla…E’ tutta colpa del Fohn e delle nebbie dell’89 e del ’90. Il Fohn, il vento proveniente dalla Svizzera, che di solito ci aiuta per un paio di giorni o poco più, spirò a fine estate per un mese di seguito. Tutta quell’aria calda riempì le uve di zucchero. Poi, poco prima della vendemmia, la nebbia attanagliò letteralmente i vigneti, sviluppando un diluvio di muffa. Sai, qui non è il Sauternes, qui la muffa è rara, e poca. Ma quel biennio non fu così, e tutti i produttori se ne uscirono con un gran quantitativo di vini con residuo zuccherino, che andarono a ruba. E non solo sul mercato americano. L’annata seguente, la ‘91, un po’ tutti fermarono le fermentazioni prima che i vini diventassero secchi, per ottenere gli stessi risultati. Ma senza riuscirci. Poi negli ultimi anni il successo dei vini tedeschi, sempre meno dolci, ci ha costretto a rinsavire. E ora quasi sempre se cerchi un vino secco trovi un vino secco.” Thierry ha ragione. In effetti il problema, manco raro fino a poco tempo fa, di ordinare un vino da pesce e ritrovarsi nel bicchiere uno da fegato grasso sembra quasi del tutto svanito. I 5, massimo 10 grammi/litro attuali di zucchero residuo sono solo amplificazione del fruttato in vini che possiedono quasi sempre più di 6 grammi/litro di acidità. La mia domanda successiva colpisce più a fondo: “ok, ma perché tra le Appellation Alsace e Alsace Grand Cru non esiste la Appellation Alsace Premier Cru?”, lo incalzo. Stavolta Thierry finisce all’angolo, ma ne esce alla svelta, anche se con qualche difficoltà. “Questa è una buona domanda. Il fatto è che non conosciamo ancora il reale valore di tantissimi vigneti Grand Cru, e i produttori si stanno sforzando di capirlo. Di certo non tutti valgono quanto Rangen o Schlossberg, ma quando nel 1975 fu creata la Appellation Alsace Grand Cru, non ce la sentimmo di stabilire delle gerarchie. Perciò tutti i vigneti ben esposti furono classificati Grand Cru”. “E questa nuova filosofia di produrre vini mescolando le diverse uve aromatiche?”, continuo. “Ti riferisci ai vini di Deiss?”, mi fa. “…Sì, a dire il vero non mi fanno impazzire” gli rispondo. “Beh io credo si tratti solo di una questione di gusti, e di convinzioni. Io sono amico della famiglia Deiss, loro credono che l’espressione del Terroir sia più chiara mescolando le uve”. Io, da parte mia, continuo a pensare invece che vitigni con caratteri fortemente marcati in un uvaggio si annullino un po’ a vicenda.   

Il museo dei Cappuccini

Il domaine Weinbach si trova quasi all’entrata di Kaysersberg, sulla sinistra. Separato dalla strada dal Clos des Capucins che dà il nome all’azienda, sembra un Clos Vougeot in piccolo. Anzi, appena varcata la soglia, più che un castello sembra di entrare in un museo. La signora Faller ci accoglie regale e sorridente. Elegantissima, dai modi quasi nobiliari.

Ama l’abbigliamento, si vede e non lo nasconde. Un ragazzo che cura il vigneto entra e ci interrompe, ha bisogno di farsi firmare dei documenti. L’ossequio ed il rispetto per la titolare sono quasi imbarazzanti. “Il Clos des Capucins era un monastero dedito alla produzione di vino”, esordisce, “e la produzione continua, anche se il monastero non c’è più. Siamo stati tra i primi a dedicarsi alla biodinamica in Alsazia. Ma la biodinamica, come tutte le altre pratiche naturali, non deve essere una scusa per immettere sul mercato vini male eseguiti. Abbiamo il sospetto che questo concetto non sia del tutto condiviso da voi in Italia. Per sottolineare che prima di tutto facciamo qualità,  abbiamo deciso di affidare l’export per il vostro Paese a Gaja. Sa, a Natale eravamo in Alto Adige a sciare, ho bevuto il suo Chardonnay Gaja & Rey, era fantastico. Ma quelle cose si possono fare in Borgogna. Qui in Alsazia si fanno vini fruttati. Nello specifico, il nostro stile consiste principalmente nel cercare sempre la muffa nobile, in tutti i vini. La muffa amplifica il fruttato, e se la sai “addomesticare” bene, non perdi l’acidità. Il 2007 ne ha prodotta poca, ma buona.” E in effetti la batteria è straordinaria. I vini entrano in bocca fruttatissimi e voluminosi, ma vengono riequilibrati subito dall’acidità, senza inaridirsi. Sembrano la perfetta trasposizione liquida dell’eleganza di chi li fa. Il Riesling Schlossberg 2007 è fenomenale. Il Riesling Schlossberg Inedite 2006 ci toglie le parole, mentre il Riesling Schlossberg Vendage Tardive 2004 ci inumidisce gli occhi. “Siamo curiosi, quale è stata la valutazione di Parker a questo vino?”, “94, se non ricordo male.” “Credevamo di più”, faccio io. “…Bè, anche noi!”. E la sfilata di fuoriclasse continua con Gewurztraminer Furstentum 2005, per poi salire in Paradiso con Riesling SGN 2004 e Gewurztraminer SGN 2002. Senza parole.

Segue.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE