La giovane Irpinia di Villa Raiano5 min read

Terra fertile l’Irpinia, terra di acqua e di vino, figlia del Lupo, orgogliosa delle proprie tradizioni e della sua storia. Orgogliosa come noi che in questa terra, nella nostra terra, abbiamo deciso di portare avanti l’attività di famiglia”.

Così si presentano Brunella e Federico Basso, la nuova generazione che prenderà col tempo le redini dell’azienda fondata nel 1996 dai fratelli Sabino e Simone Basso e dal loro cognato Paolo Sibillo.

A questi due ragazzi, che assieme avranno poco più della mia età, l’onere e l’onore di portare avanti l’importante rinnovamento dell’azienda che dal 2009, con la costruzione della nuova cantina a Raiano di Serino (AV) e la contestuale acquisizione di vigneti di proprietà (all’inizio quasi tutte le uve provenivano da conferitori locali), sta cercando sempre più di ritagliarsi uno spazio importante nel panorama del vino italiano.

L’azienda gestisce oggi circa 27 ettari di vigneti dove troviamo  fiano (circa 11 ha), greco (7 ha) e aglianico (9 ha), che in questo caso non è frazionato in tante parcelle ma, al contrario, è presente in un unico corpo all’interno del Comune di Castelfranci.

Coadiuvati da Fortunato Sebastiano (consulente agronomico ed enologico) e da Raffaele Del Franco (marketing) abbiamo ripercorso la storia recente di Villa Raiano attraverso una doppia verticale del Fiano di Avellino “Alimata” e del Fiano di Avellino “Ventidue” che, grazie alle differenze tra i due terroir, sono estremamente rappresentativi del territorio irpino che Brunella e Federico vogliono sempre più valorizzare.

Alimata è il nome della contrada del comune di Montefredane in provincia di Avellino che si incontra salendo verso il paese sul versante della collina che guarda ad Est. Qui, a 350 metri s.l.m., si trova la vigna di due ettari, datata 1995, piantata su suolo argilloso estremamente tenace. La vinificazione è semplice ma sviluppata su tempi lunghi: avviene in tini di acciaio dove affina sulle fecce fini per 12 mesi a cui seguono ulteriori 12 mesi di affinamento in bottiglia. Per la verticale sono state degustate le seguenti annate: 2013, 2014, 2015 e 2016.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Alimata” 2013: l’annata, i più esperti lo sanno bene, in Irpinia ha regalato vini di grandissima qualità grazie ad un settembre/ottobre dove il caldo ha risolto una prima parte di stagione con qualche pioggia di troppo. Dal punto di vista organolettico anche i neofiti del vino, mettendo il naso nel bicchiere, potranno accorgersi che davanti a loro c’è un Fiano di Avellino pazzesco per intensità e complessità di aromi che spaziano dall’idrocarburo all’agrume fino ad arrivare alla nocciola quasi tostata. Un ventaglio di sensazioni che ritrovo anche al sorso assolutamente didattico per larghezza, lunghezza e coerenza.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Alimata” 2014: annata piovosa, decisa in cantina a livello di cernita delle uve che sono state vendemmiate attraverso raccolte scalari. Rispetto al precedente vino il naso in questo caso è decisamente più “scarico”, senza troppi orpelli, ma non manca comunque di una certa eleganza che prende più le forme nordiche che campane. Sorso decisamente agrumato, salino, verticale, godurioso per chi come me ama la sostanza alla forma.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Alimata” 2015: annata non facile, caratterizzata prima da grandinate e poi da un caldo decisamente sopra la norma. Fiano di Avellino decisamente materico, giocato più sulla frutta e sul vegetale che sulle “classiche” note tostate rappresentative del terroir di Montefredane. Alla beva è generoso ma al tempo stesso decisamente equilibrato e pronto per la beva.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Alimata” 2016: annata decisamente bizzarra caratterizzata da gelate (fine aprile) e da tempo instabile fino ad autunno inoltrato che hanno delineato una raccolta eterogenea e leggermente tardiva. Il vino è ancora giovanissimo, scalpitante, ricco di spunti aromatici dove la frutta gialla sembra soggiogata da un tappeto di erbe aromatiche, dove ritrovo la salvia, il finocchietto selvatico, a cui seguono sbuffi di camomilla romana. Al sorso è vivacissimo, fresco, accogliente e decisamente dissetante in quanto causa beva compulsiva.

Il Fiano di Avellino “Ventidue” prende il nome dal numero dei chilometri per giungere dalla cantina aziendale fino al comune di Lapio, altra zona vocatissima per la produzione di Fiano che, grazie al particolare terroir, è sempre dotato di grande struttura rispetto a quelli prodotti in altre zone irpine. La vigna di Lapio, di un ettaro e datata 1990, è posta a 450 metri s.l.m. su terreni argillo-calcarei ricchi di arenarie gialle. Giunte in cantina, le uve vengono delicatamente lavorate con una breve macerazione sulle bucce per poi affinare prima 12 mesi sulle fecce fini in tini di acciaio a cui seguono, come per il Fiano di Avellino precedente, 12 mesi si affinamento in bottiglia. Per la verticale sono state degustate le seguenti annate: 2013, 2014, 2015 e 2016.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Ventidue” 2013: in questa grande annata il territorio di Lapio si sviluppa ai massimi livelli al naso dove l’impatto della frutta gialla matura e succosa il cui abbraccio caloroso è appena stemperato da tocchi di bergamotto e spezie gialle. Al sorso si conferma un vino avvolgente, poderoso ma, al tempo stesso, ricco di equilibrio e precisione e con un finale lungo e sapido, quasi ammandorlato.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Ventidue” 2014: pensi all’annata, pensi a quanto percepito con l’”Alimata” ed invece ti trovi spiazzato perché ancora una volta Lapio ha preso il sopravvento regalando un vino decisamente complesso e ricco di sfumature aromatiche. Non c’è nulla di nordico in questo “Ventidue”, tutto riporta alla sua terra di origine e la bottiglia, se non state attenti, finisce in un amen grazie ad un equilibrio di precisione millimetrica.

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Ventidue” 2015: probabilmente è la bottiglia che mi ha convinto di meno delle due batterie ma non per l’impatto olfattivo, molto equilibrato e complesso e giocato su sensazioni di frutta e fiori gialli, ma per una fase gustativa abbastanza segnata da un calore sovrabbondante e da una persistenza non ai massimi livelli. Peccato perché avevo letto recensioni decisamente migliori della mia. Problemi di bottiglia?

Villa Raiano – Fiano di Avellino DOCG “Ventidue” 2016: concludiamo alla grande la degustazione con questo vino che, seppur ancora in fasce, regala presente già radioso dove la mela golden, la pera matura, le erbe aromatiche e le spezie gialle sono già tutte disposte in parata per regalarci briosità ed avvolgenza. Al sorso è sapido, vibrante e decisamente materico. E’ un Fiano di Avellino buono oggi ma sicuramente ancor più splendido tra qualche anno. Da lasciare in cantina e riaprire nel 2022 durante i mondiali di calcio in Qatar.

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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