La Cina e la Russia sono vicine?2 min read

Un tempo avremmo potuto parlare di via enoica al socialismo. Oggi, a quasi venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino, le frontiere sono altre, si guarda all’Est con interesse sempre più commerciale che politico. Di questo infatti, con particolare riferimento al mondo del vino, si è parlato nella tavola rotonda che ha avuto luogo il 2 settembre al Castello di Meleto, nel cuore del Chianti Classico senese.

Introdotti da Giovanni Pellicci, i due giornalisti esperti del settore, Eleonora Scholes per la Russia e Denis Lin per la Cina, ci hanno spiegato che il turismo del vino è una nuova frontiera in quanto sia i russi che i cinesi non hanno mai avuto fino ad oggi una cultura del vino (i russi ad esempio bevono vino al massimo 2-3 volte al mese) e hanno tanta voglia di imparare e di conoscere il mondo dell’enologia.

Tenuto conto poi che il vino viene quasi esclusivamente associato alla Toscana, le aziende toscane hanno di fronte una ghiotta opportunità che possono sfruttare soprattutto avendo presenti le abitudini appunto di russi e cinesi.

 

Per i cinesi ad esempio, sono stati individuati quattro tipi di turisti del vino: il turista che va in giro per affari (e che potrebbe comprare direttamente tutta l’azienda!), il turista (lo chiamano così) che va in missione per conto del governo e di altre pubbliche amministrazioni, quello che va in giro alla ricerca di nuove sensazioni e nuove conoscenze, e infine – attenzione – i nuovi ricchi che sono in numero sempre crescente e quando vengono in Italia vogliono fare molte e intense esperienze (non solo enologiche) in un tempo molto breve. Non importa quanto ciò venga a costare dato che possono spendere cifre astronomiche, molto più di quanto ci si possa ragionevolmente immaginare.

I russi poi vogliono essere trattati in modo speciale, oltre al vino cercano anche arte, cultura e mare. Vogliono tour organizzati e quando bevono vogliono anche mangiare e poi fare acquisti sul posto, non disdegnando qualche momento d’improvvisazione creativa.

I cinesi sono amanti del golf e quindi l’ideale sarebbe un’azienda vinicola con un campo da golf nelle vicinanze.

Per i russi sarebbe importante avere del materiale informativo delle aziende tradotto nella loro lingua, e infatti a Bolgheri un’agenzia di viaggi ha provveduto in tal senso (in verità anche il nostro direttore a marzo prossimo pubblicherà l’atlante dei vini italiani per la Russia).

Oltre a ciò, è stata sottolineata l’importanza di organizzare iniziative nei paesi d’origine per favorire la conoscenza del vino, iniziative che possono nascere sia da privati (es. agenzie specializzate) che da enti pubblici (es. stato o regione) e che rappresenterebbero un sicuro investimento per un futuro che fa guardare sempre più ad Est alla ricerca di nuove occasioni di crescita non solo del settore enogastronomico.

Fabrizio Calastri

Nomen omen: mi occupo di vino per rispetto delle tradizioni di famiglia. La calastra è infatti la trave di sostegno per la fila delle botti o anche il tavolone che si mette sopra la vinaccia nel torchio o nella pressa e su cui preme la vite. E per mantener fede al nome che si sono guadagnato i miei antenati, nei miei oltre sessant’anni di vita più di quaranta (salvo qualche intervallo per far respirare il fegato) li ho passati prestando particolare attenzione al mondo del vino e dell’enogastronomia, anche se dal punto di vista professionale mi occupo di tutt’altro. Dopo qualche sodalizio enoico post-adolescenziale, nel 1988 ho dato vita alla Condotta Arcigola Slow Food di Volterra della quale sono stato il fiduciario per circa vent’anni. L’approdo a winesurf è stato assolutamente indolore.


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