InvecchiatIGP. Lacrima di Morro d’Alba 1993, Mancinelli. Lacrima, ma di gioia per un vino incredibile!4 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Dovendo preparare una serata sul tema Verdicchio d’antan scendo in cantina per cercare bottiglie di questo grande vino bianco marchigiano che abbiamo dieci o più anni e così nella parte dedicata alle Marche trovo una bottiglia di Lacrima di Morro d’Alba, del 1993! Trent’anni precisi per un vino che viene considerato da bere giovanissimo è una sfida che non posso non raccogliere e così prendo la bottiglia, avvolta in cellophane trasparente e penso di usarla a fine degustazione.

Ritrovare questa bottiglia mi ha fatto anche tornare indietro di trent’anni, a quello che , se ricordo bene, fu il mio primo o secondo viaggio da giornalista nella terra del Verdicchio. Ero ospite dell’ASSIVIP, associazione tra produttori marchigiani che per molti anni è stato l’unico ente per la promozione del territorio e che ha fatto indubbiamente del gran bene alla terra del Verdicchio. In momenti in cui la promozione era molto più “artigianale” rispetto ad oggi l’Assivip ha rappresentato un punto fermo e dinamico per la conoscenza dei vini e del territorio marchigiano, con una visione molto aperta alle innovazioni della promozione.

Ma torniamo alla Lacrima di Morro d’Alba e al suo produttore, Stefano Mancinelli. La Lacrima è un vitigno particolarissimo: ha una grande aromaticità ma un corpo non certo da corazziere. Ha però finezza, che contrasta con la “pantagruelica” forma del grappolo, molto grande, compatto e quindi sottoposto spesso a problemi sanitari. Il vitigno prende il nome dal comune dove se ne trovano il maggior numero di ettari, Morro d’Alba, posto sulle morbide colline marchigiane non lontano da Jesi e dal mare. Stefano Mancinelli ha sempre creduto in questo vitigno e scavando nella memoria mi ricordo di belle discussioni con questo profumatissimo vino nel bicchiere. Mi ricordo anche di grappoloni dove le vespe, in periodo di vendemmia andavano a nozze. Insomma, siamo di fronte ad un’uva difficile da coltivare e con un mercato molto ristretto, tanto che da diversi anni si è pensato di darle più longevità permettendo il taglio con piccole percentuali di montepulciano.

Ma il mio vino del 1993 di montepulciano non ne aveva visto nemmeno un chicco. L’apertura della bottiglia non ha creato problemi ma purtroppo togliere il cellophane ha portato con sé la distruzione della retroetichetta ( e di parte dell’etichetta) con l’anno di produzione e quindi dovrete fidarvi della mia parola.

Il tappo, come detto, era bagnato ma in buone condizioni e un piccolo assaggio “preventivo” mi ha fatto capire che il vino sarebbe stato una grande e positiva sorpresa. Così arriviamo a fine serata e presento la bottiglia ad un pubblico che appena ha sentito parlare di 1993 ha alzato gli occhi al cielo. Quando però invece degli occhi hanno alzato il calice con il vino la sorpresa si è dipinta su tutti i volti, il mio compreso.

Il colore era rubino scarico con note aranciate ma il naso aveva finezza e potenza, proponendo note floreali, soprattutto di petalo di rosa e poi di spezie, con qualche reminiscenza fruttata e ricordando da vicino tanti ottimi pinot nero borgognoni che, mi sia permesso l’inciso, nel 1993 non è che abbondassero sul mercato. In bocca era indubbiamente di poco peso ma non scivolava via, proponendo una lineare persistenza che, momento dopo momento, si arricchiva di secondi e di sensazioni.  E’ stato definito “una perla preziosa” un vino “intimo”, “setoso” “un dolce abbraccio” “un’allegra malinconia”. Io posso solo dire che profumi del genere, con questa purezza e finezza, li ho sentiti raramente e non è la prima volta che la Lacrima di Morro d’Alba me li propone.

Un grazie a Stefano Mancinelli è d’obbligo e un pensiero a quanto potrebbe dare al mondo degli amanti del vino questo vino/vitigno è altrettanto doveroso. Certi vini non vanno rivalutati, vanno assaggiati.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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