InvecchiatIGP: Chianti Classico Sant’Alfonso 1999, Rocca delle Macie2 min read

Visto che vivo vicinissimo mi capita di capitare a Rocca delle Macie e di pranzare con la famiglia Zingarelli. Pranzo informalissimo, quattro chiacchiere tra amici che hanno condiviso cose bellissime e particolari, come i filmati fatti a partire dal  2010 per far vedere l’andamento fenologico di un vigneto (forse i primi di questa tipologia in Italia) e poi il Progetto Rockea con cui raccogliemmo fondi per portare l’acqua ad una casa famiglia in Malawi.

Insomma clima rilassatissimo ma a un certo punto arriva la sorpresa: una bottiglia di Chianti Classico Sant’Alfonso, il mio vino preferito tra i molti prodotti dall’azienda. Se poi è del 1999, cioè una delle primissime annate, il momento diventa solenne.

Il vigneto Sant’Alfonso si trova nell’omonima tenuta che fin dall’inizio (1973) fa parte di Rocca delle Macie. Siamo attorno ai 250 metri con un terreno che ha una notevole componente argillosa. Naturalmente si parla di sangiovese 100%, allora da vigne giovanissime. Questo vino mi è sempre piaciuto per la sua “trattenuta rusticità” che si traduce in una tannicità viva ma equilibrata. Inoltre al naso il sangiovese spicca sempre senza orpelli dati dal legno. Fermentazione classica in acciaio e poi botte grande per un anno. Oggi esce molto dopo rispetto al passato, ma specie l’annata 1999 era un vino che entrava in commercio appena possibile, quindi un Chianti Classico d’annata non fatto certo per i lunghi invecchiamenti.

Invece quella bottiglia mi ha fatto capire che quando in Chianti Classico un sangiovese è fatto bene regge benissimo a dieci, venti anni e più. Il colore era granato ma abbastanza brillante, il naso all’inizio era leggermente chiuso ma nell’arco di 10 minuti ha mostrato prima note balsamiche e di tabacco per poi, in un viaggio quasi a ritroso nel tempo, arrivare a note di frutta matura e addirittura di fiori. La bocca era equilibrata con tannini dolci e rotondi: non era certo la potenza l’arma migliore del vino e tuttavia la persistenza era veramente notevole.

Un vino che portava con se un messaggio: fatelo bene il sangiovese, non stressatelo con vinificazioni e invecchiamenti “hard”, poi ci penserà lui a durare nel tempo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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