InvecchiatIGP. Cerviolo Rosso 1997 San Fabiano Calcinaia: Un Supertuscan che non finisce in “aia”.3 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Gli anni ’90 sembrano così lontani, allora i supertuscan avevano adombrato gli altri vini della regione, soprattutto perché spuntavano prezzi per altri inimmaginabili. A quel tempo c’era l’imbarazzo della scelta, la strada aperta da Tignanello, Sassicaia, Ornellaia, trovava sempre più compagni d’avventura, tanto che si scherzava sulle desinenze in “aia”, “ello”, “eto” che fioccavano ogni anno in zone assai diverse della Toscana.

Uno di questi era sicuramente il Cerviolo Rosso di San Fabiano Calcinaia in quel di Castellina in Chianti, allora composto da sangiovese, cabernet sauvignon e merlot, ma oggi proposto con il petit verdot al posto del sangiovese, tutto internazionale così non ci sono dubbi.

Anche il prezzo è cambiato, allora lo trovavi in enoteca attorno alle 40mila lire, oggi la 2014 costa 25 euro acquistata in azienda, un prezzo correttissimo.

Nella mia cantina era rimasto questo 1997 (online si trova a circa 60 euro), dove il sangiovese era ancora il vitigno principale, 18 mesi in barrique.

Sorprendente la tenuta del tappo in sughero, sarebbe potuto andare avanti per altri vent’anni, segno che allora si trovavano ancora quelli di qualità elevata.

Ma veniamo al vino, figlio di quella che fu classificata “annata del secolo”, che non era vero ma certamente faceva gioco in un momento in cui queste tipologie andavano a ruba, soprattutto all’estero: non è il primo che apro per InvecchiatIGP, fino ad ora non ci sono state sorprese, del resto a caval comprato si guarda in bocca e pure da tutte le altre parti!

Dunque… il colore emana una buona luce, è un granato non concentrato con leggero cedimento all’unghia; beh, facciamolo respirare diamine, è stato chiuso in bottiglia per quasi 25 anni! Dicevamo… prugna cotta (poi però si rinfresca), funghi, sottobosco, tabacco, leggero cuoio, felce, una punta di rabarbaro, legno di liquirizia, tracce ferrose, ematiche. Terziario, ovviamente, ma in continuo movimento, vivo. Al palato emerge un frutto dolce, inatteso, c’è una rotondità notevole ma la freschezza dice ancora la sua evitando scivoloni stucchevoli, il tannino manco a dirlo si è fuso perfettamente; non è un vino che possa dare ancora in futuro, non direi proprio, al momento però è integro e ha una bevibilità considerevole, grazie a una struttura non massiccia e a un’acidità confortante. Non aspetterei ancora per berlo, infatti entro domani sarà già finito.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani è il direttore di Lavinium. È anche un appassionato e bravissimo fotografo.


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