Interviste “un anno dopo”. Alberto Mazzoni, Direttore IMT: diversificare e rimodularsi è basilare7 min read

“Ciao Alberto, ti ho intervistato precisamente un anno fa, ad aprile 2020. Prima domanda: un anno fa  pensavi di trovarti dopo un anno praticamente nella stesa situazione?”

“Dopo lo sconforto iniziale probabilmente no, perché abbiamo vissuto con la speranza che qualcosa cambiasse. Purtroppo ci siamo ritrovati con un anno in più e con gli stessi problemi ma per fortuna in un anno la medicina ci ha messo a disposizione la cosa che salverà tutti, il vaccino. Quindi l’unica cosa positiva in quest’anno è stato che la medicina ha creato l’ancora di salvezza per questa grande disgrazia.”

“Cosa è cambiato nel mondo dei vini marchigiani da un anno a questa parte.”

In linea generale  è cambiato praticamente tutto. Una premessa: prima del febbraio 2020 non avevamo tempo per fare niente. Oggi il tempo ci avanza oppure lo viviamo davanti a uno schermo. DAD, smart working: queste parole un anno fa erano sconosciute. Veniamo alla pratica: dopo un momento di sbigottimento abbiamo fatto una riflessione che ci ha portato ad un cambio di strategia dal punto di vista commerciale e di approccio generale alla comunicazione. Io guardo il bicchiere mezzo pieno in questa brutta storia perché almeno ha fatto capire al mondo l’importanza dell’agricoltura, del valore della terra, dell’aria pulita. Questa pandemia ci ha fatto riscoprire prodotti dimenticati, ci ha insegnato a mangiare prodotti stagionali e a cercare aziende che non conoscevamo a quattro passi da casa. Nella nostra regione la vendita di prossimità è stata quella che ci ha salvato.”

“Quindi stai parlando solo delle Marche?”

“Certo! Comunque questa situazione  ha portato a galla il concetto della diversificazione dei mercati, delle produzione e delle percentuali di vendita tra quella in azienda, HoReCa, GDO, export. Queste strade c’erano anche prima,  ma un anno fa una di queste, l’HoReCa si è chiusa ed era quella da dove arrivava maggior ossigeno e permetteva di supportare le altre. Tra le aziende marchigiane abbiamo avuto cali tra il 40% e il 70%. Per questo sono stato critico sin dal primo momento sulle chiusure dei locali, perché prima li fanno mettere in regola  e poi vengono chiusi. Questo della ristorazione è stato uno dei danni più grandi fatti non solo a livello italiano ma mondiale. Assieme alla ristorazione sono state colpite tutte le filiere collegate. Davanti a questa situazione c’è chi si è adeguato, chi sperava in un risveglio e chi si è fortemente rimodulato.”

“Partendo da queste tre categorie nella Marche cosa è successo?”

“Guardiamo l’ultima categoria, quella che guarda avanti. Noi non possiamo fare la grande distribuzione: su 560 aziende imbottigliatrici marchigiane solo 27 fanno la GDO.”

“Penso queste 27 siano anche le più grosse.”

“Ovviamente. Ma la GDO la devi compensare con ossigeno che ti arriva da altre parti perché altrimenti la partita diventa difficile . Per fortuna tanti produttori hanno pensato ad altro e per esempio hanno convertito i contenitori.”

“Cioè?”

“Molti hanno iniziato ad utilizzare il bag in box e questa è stata la chiave di volta per vendere più vino, specialmente nella vendita di prossimità.”

“Quindi mi stai dicendo che la contrazione che c’è stata nel settore HoReCa è stata in parte recuperata con la vendita di prossimità e con la vendita diretta?”

“Si, parzialmente. La vendita diretta ha anche un altro vantaggio, che vai in campagna dal produttore. Luglio, agosto e settembre sono stati ottimi: abbiamo avuto tanti turisti e enoturisti italiani che hanno apprezzato la facilità delle Marche di passare in poco tempo dal mare alla montagna. Quindi l’estate ci ha ritemprato dai cali primaverili e credo succederà anche quest’anno, perché sono convinto che nell’arco di due-tre mesi gli americani torneranno in Italia.”

“Speriamo!”

“Ce lo auguriamo tutti ed ecco perché la nostra speranza risiede nel vaccino. Ma questo sistema ad intermittenza non ci aiuta: meglio una chiusura drastica di 30-40 giorni, nel mentre vaccini milioni di persone,  che questa alternanza dove non si sta cosa lo stato stia facendo.”

“In questi giorni ho ritrovato un cartone dimenticato di Verdicchio dei Castelli di Jesi “base”, di prezzo veramente basso,  del 2015. I vini erano ottimi, perfetti in tenuta, anche complessi. In un mercato come quello di oggi pensi che questo sia un pregio o un difetto e nel caso sia un pregio (auspicabile!)  come comunicarlo positivamente visto che “l’ottimorapporto qualità prezzo” vi ha sempre bloccato su vari mercati importanti?”

“Il discorso del prezzo è stato un handicap da sempre della nostra regione. Stiamo cercando di rovesciare la situazione lavorando sia sulla comunicazione che sui disciplinari di produzione. In questo campo modificheremo sia quello del Verdicchio di Matelica che dei Castelli di Jesi, dando uno spazio maggiore alle DOCG per poi dare un respiro diverso, col bag in box, al Verdicchio base.  Anche se il Verdicchio è sempre stato un ottimo vino non possiamo permetterci di puntare ad una fascia altissima di prezzo, dobbiamo creare un equilibrio tra le varie posizioni:  non possiamo trovare  una bottiglia  a 1 euro ma non possiamo permetterci di vendere la stessa bottiglia a 20 euro. Quindi stiamo rivedendo il disciplinare e d’accordo con tutti i produttori stiamo portando il Verdicchio dei Castelli di Jesi  Superiore  a DOCG, in modo da mettere nella fascia alta non solo la Riserva ma anche il vino che è la bandiera numerica e qualitativa della denominazione, mentre lasceremo a Doc solo il Verdicchio dei Castelli di jesi (Classico e non . n.d.r.) base.”

Zona del Verdicchio di Jesi, panorama

“Questa è una cosa molto interessante!”

“Così daremo modo di capire al consumatore che si trova di fronte ad un vino diverso che  deve avere un prezzo diverso. Inoltre speriamo ce in futuro si possa anche ottenere delle sottozone.”

“Quindi non vi interessa la strada di altre regioni bianchiste italiane dove stanno creando dei “supervini”  importanti e strutturati, più o meno legati ad un territorio ma dal prezzo molto più alto rispetto al resto del prodotto.

“Dal punto di vista del legame tra vitigno e territorio una delle poche regioni italiane che hasempre legato il vitigno al territorio siamo noi. Verdicchio vuol dire Marche.”

“Una domanda un po’ particolare tu sei in prima battuta enologo e segui molte cantine, sia di rosso che di bianco sia che producono entrambi. Pensi che esistano delle diversità “filosofiche” ma anche di approccio al vino  tra un produttore di bianchi e uno di rossi?”

“Secondo me  una delle problematiche maggiori riguardo all’accumulo e alle giacenze di vini rossi riguarda l’elasticità mentale dei produttori di vini rossi. Tu devi produrre per un consumatore in continua evoluzione e quindi o segui il mercato o sarai sconfitto.”

“Quindi mi dici che invecchiare un vino 3-4 anni è controproducente?

“No, mi riferisco all’approccio al vino. Se fai i vini pensando solamente a quello che piace a te non avrai futuro: devi fare il vino in funzione dei mercati e i mercati sono tanti, diversi e ogni tipo di mercato, ogni popolo  ha esigenze  e percezioni  olfattive e gustative diverse. Ciò  dipende dal tipo di cultura da cui provengono e anche dal tipo di cibo che ci abbinano. I vini rossi nel tempo hanno avuto alti e bassi perché non si sono adeguati alle esigenze del consumatore. Tanti rossi sono imbevibili per tanta gente e se tu invece continui ad usare legno in quantità, iperconcentrazioni etc  non puoi andare avanti. All’opposto prendi le bollicine: sono oramai il passepartout per far apprezzare il vino alla gente. Tornando ai rossi qui nelle Marche ci sono vini rossi di pronta beva che hanno una vita molto più facile rispetto a vini strutturati, carichi e con tanta barrique. Molto spesso il produttore non riesce a capire dove va il mercato.”

“Avete organizzato vari webinar .”

“Noi facciamo dei B2B online.”

“Chiamiamoli pure così. Oltre a queste iniziative sul web avete intenzione di fare altre cose?”

“Ci stiamo guardando intorno per migliorare questo nuovo approccio. Da una parte cerchiamo di intensificarli, ma con lo scopo di riportare la gente qui da noi, perché l’informazione al consumatore è basilare per aumentare il mercato nazionale e locale.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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