Intervista Covid-19. Marco Felluga: “Ho tanto amato il mio lavoro che la domenica non vedevo l’ora fosse lunedì!”6 min read

Le nostre interviste ci riportano in Friuli Venezia Giulia per intervistare uno dei patriarchi dei grandi bianchi del Collio.

Winesurf  “Le porto i saluti di Burton Anderson, che si ricorda di tante belle giornate passate assieme e le chiedo come sta.”

Marco Felluga “Grazie, mi fa molto piacere ricevere i saluti di Burton. Per il resto, per fortuna, sto bene.”

W. “Ho letto che lei da piccolo, quando doveva tappare le bottiglie  nella cantina di suo padre saltava sopra al manico della tappatrice per far entrare bene il tappo nella bottiglia. Era un lavoro manuale, oggi  invece è tutto automatico: cosa pensa della tecnologia?”

M.F. E’ vero! Da piccolo, attorno al 1930, quando imbottigliavano il Refosco con  una tappatrice a mano facevo un salto buttandomi con la pancia sul manico della tappatrice e così il sughero scendeva giù.  Con la tecnologia oggi siamo andati avanti, si lavora e si produce molto meglio di prima ed è proprio tutta un’altra cosa. Tutto questo senza trascurare assolutamente la qualità del prodotto, anzi.”

W. “Noi siamo abituati a vedere adesso il Collio ben ordinato, con belle vigne, prati curati, campi perfetti, ma quando lei ha iniziato, nel dopoguerra, come erano il Collio e il Friuli in generale?”

M.F. “Quando ho iniziato il Collio non era meccanizzato, si faceva tutto col badile, anche le  buche  per mettere le barbatelle a dimora. Pensi che se le facevi a mano avevi una sovvenzione, mentre  se riuscivi ad usare  le poche macchine agricole che c’erano non ti davano niente. Subito dopo guerra e per diversi anni si rimettevano soldi con il vino  perché, anche a causa dei problemi legati al conflitto,  la vigna produceva pochissimo. Poi, dopo 20-30 anni, abbiamo iniziato a piantare con circa 6000 ceppi per ettaro e con questo abbiamo risolto vari problemi, in primo luogo quello dello zuccheraggio, perché facendo poca produzione per ceppo avevi finalmente  tutto l’alcol che volevi.”

W. “Lei in vita sua si è sentito più agricoltore, commerciante o imprenditore?”

M.F. “Produttore, produttore! Finita la guerra si è capito subito che bisognava basarsi sulla propria produzione, anche se noi imbottigliavamo fin da prima del 1932 Refosco e Malvasia d’Istria. La nostra  famiglia è infatti originaria d’Isola d’Istria (adesso cittadina della Slovenia, n.d.r.).”

W. “Lei è stato uno dei fondatori della prima Enoteca Regionale in Friuli: secondo lei perché le enoteche regionali, a parte nelle fasi inziali, in generale non hanno mai avuto successo?”

M.F.“Quell’Enoteca Regionale era a Gradisca del Friuli. Non sono andate bene perché probabilmente non ci sono state gestioni adeguate. Mi ricordo che in quella di Gradisca, all’inizio, avevi la possibilità di avere  in una stanza tutta la produzione, non solo del Collio ma anche delle altre denominazioni friulane. Era una bella cosa.”

W. “Se venisse da lei un giovane dicendole “Voglio fare il produttore di vino?” cosa gli consiglierebbe?”

M.F. “Prima di tutto, cosa fondamentale, bisogna amare il nostro lavoro. Non dedicarcisi e volergli bene, amarlo! Perché amandolo non senti il peso di niente anzi, hai soddisfazione ad andare avanti. Io non vedevo l’ora che venisse il lunedì mattina per tornare al lavoro. Amare il proprio lavoro vuol dire divertirsi a farlo e io in vita mia mi sono divertito moltissimo, proprio grazie a quanto ho lavorato.”

W. “A questa domanda mi ha praticamente già risposto ma gliela faccio comunque . Quale dovrebbe essere il più grande pregio di un viticoltore?”

M.F. “Naturalmente amare il proprio lavoro e fare vini di qualità. Se fai qualità sei vincente e comunque bisogna sempre avere la forza di cercarla, la qualità.”

marco e roberto felluga

W. “Quale invece il difetto da cercare di eliminare?”

M.F. “Il difetto peggiore di un produttore di vino è credere di essere arrivato, quello è lo sbaglio più grande. Il vino è un progetto continuo, ogni anno ci sono novità, cambiamenti. Si deve essere umili, molto umili  e non credere mai di essere arrivati: questa è la cosa peggiore che si può fare.”

W.“Se fossi di fronte a lei adesso le farei un applauso perché ha detto una cosa meravigliosa.”

M.F. “Dico semplicemente quello che ho fatto io.”

W.”Uno dei vitigni bianchi più piantati in regione  è la glera per fare Prosecco…(non riesco nemmeno a finire la domanda. n.d.r.)

M.F. “Sia chiaro! Il Prosecco in Friuli mai! Noi siamo produttori di vino bianco, dobbiamo avere  quest’immagine. Il Friuli Venezia Giulia in generale e in particolare il Collio.”

Marco Felluga durante la festa per i 90 anni.

W. “I vini bianchi  friulani, diciamo 15-20 anni fa, sembravano destinati ad essere i bianco di riferimento per l’Italia e non solo, poi invece si sono un po’ fermati e sono venute avanti altre zone. Che errori sono stati fatti?”

M.F. “In primo luogo tutte le regioni italiane hanno incominciato ad avere e a promuovere vini bianchi. Prima c’eravamo soltanto noi del Collio,del Friuli e pochissimi altri. Poi c’è stato anche un po’ quello che dicevo prima, cioè il credere di essere arrivati. C’ è stato un periodo che, sull’onda lunga che avevamo creato, qualcuno lo ha creduto. Comunque oggi il Collio sta andando avanti bene.”

W. “Qual è il tipo di vino del Friuli che lei ama di più?”

M.F. “Le dico francamente: prima per me era il Tocai, poi è successo quello che è successo (venne  proibito il nome Tocai e sostituito con Friulano. N.d.r.),  così oggi mi sono innamorato del pinot bianco perché credo dia ottimi vini e possa dare ancor più qualità in futuro.”

W. “Beve sempre vino?”

M.F. “Si qualche mezzo bicchiere, non di più.”

W. “Fuori del Friuli Venezia Giulia quali vini le piacciono?”

M.F. “Molti. In primo luogo Barolo e Barbaresco, che sono due cime,ma  anche il Brunello di Montalcino è molto buono. In Italia abbiamo tanti vini di grande qualità. Inoltre abbiamo sempre avuto un grande rapporto qualità/prezzo, anche e soprattutto nei confronti dei vini francesi. Per carità, niente contro i produttori francesi, che sono bravi e hanno una storia enoica molto più lunga della nostra.”

W. “Ultima domanda, che non è proprio sul vino .Tra qualche giorno sarà il 25 Aprile, l’importantissima Festa della Liberazione dal nazifascismo. Lei si ricorda del 25 aprile del 1945?”

M.F. “Certo che mi ricordo. Avevo 18 anni e in famiglia stavamo soffrendo perché non avevamo notizie di mio fratello Livio, che era partito per il fronte. Per fortuna però, dopo due anni che non sapevamo niente di lui, la Croce Rossa Svizzera ci mandò una cartolina dove c’era scritto che Livio era vivo ma prigioniero in Scozia. Quello fu un miracolo!

W. Con questo bel ricordo la ringrazio moltissimo e la saluto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE