Intervista “anche seria” a Gabriele Gorelli, primo italiano a diventare Master of Wine11 min read

Winesurf. “Sei stato Primo  italiano a diventare Master of Wine. Questo lo sanno anche i sassi e credo oramai ti abbiano intervistato pure quelli. Per questo cercherò di farti  un’intervista anche seria, ma non so se ci riuscirò. Prima domanda: quando sei diventato MW avrai ricevuto migliaia di complimenti congratulazioni, auguri etc. Qual è stato il complimento peggiore che hai ricevuto? Quello che magari ti ha fatto anche arrabbiare un po’?”

Gabriele Gorelli. “Oddio… pensandoci forse  quello di un ex studente del corso che ha un po’ sminuito la cosa.”

W. “E cosa ti ha detto?”

G.G. “Ha detto che aveva capito che il corso non era una cosa per lui perché non avevano visto in lui quello che realmente poteva dare. Non mi è piaciuto il fatto che ha parlato di sé invece di parlare di me oppure semplicemente di un traguardo italiano, senza parlare di persone. Questo mi ha disturbato un po’.”

W. “Era un ex studente italiano o estero?”

G.G. “Uno studente italiano.”

W. “Ha fatto un po’ come nella favola della volpe e l’uva.”

G.G. “Esatto. Infatti l’aveva già rifatto, non era nuovo a queste uscite.”

W. “Un domanda modello gossip. Andrea Lonardi è il secondo italiano diventato MW. Qualche giorno fa una giovane e bella fanciulla, vedendo le vostre foto, notava che siete due begli uomini, mentre magari lei si aspettava panzoni imbiancati o cose del genere. Allora io ti chiedo, c’è qualche bellissima donna tra le MW?”

G.G. “Non troppe ma qualcuna c’è: una vive in Grecia e si chiama Olga e un’altra è americana del New Jersey e si chiama Ashley. Ma direi che noi due siamo un po’ un’eccezione dal punto di vista degli uomini, naturalmente non per genetica. A  volte c’è una trasandatezza della forma fisica e un focalizzarsi solo e soltanto sul vino: è proprio questo che, secondo me, distrugge un po’ l’immagine del professionista trasversale, globale. Molti di noi, siamo 414 in tutto il mondo, pensano solo al vino e per me non valorizzano il loro titolo, come non valorizzano la loro persona dentro e fuori il nostro ambiente. Perché ti dico questo? Perché credo che soprattutto in un momento così, in cui abbiamo alle costole l’Unione Europea e c’è la possibilità che il mondo del vino venga visto come quello dalla parte dei cattivi, quelli che lavorano nel mondo del vino devono farlo a livelli alti, sia dal punto di vista intellettuale e morale ma anche per far capire che si può essere immersi nel mondo del vino pur mantenendo una buona forma fisica.”

W. “Quindi bisogna mantenersi in forma anche per dimostrare che il vino ha anche qualche risvolto  salutistico?”

G.G. “Esatto. Noi siamo i primi che dobbiamo dare l’esempio: Non vanno raccontate le cose, vanno fatte.”

W. “Veniamo ad una domanda seria. Ora che sei MW cosa farai da grande?”

G.G. “Questa è una grandissima domanda seria perché quando si aprono così tante porte la tentazione è quella di passare attraverso la stragrande maggioranza di esse. Posso dire invece  che “da grande” vorrei fare poche cose ma di altissimo livello.”

W. “Un tempo c’erano i flying winemaker”, gli “enologi volanti”: Tu  non diventerai un MW volante?”

G.G. “In realtà viaggiare in aereo mi piace e in passato, prima di diventare MW, credo che quello che è stato funzionale alla comprensione del ruolo sia il fatto di aver accettato diversi incarichi in molte parti del mondo e che mi hanno fatto capire dove potevo dare valore alla mia crescita professionale. Poi non da tutti questi ricevevo in cambio altrettanto valore e altrettanti motivi di crescita. Credo che “da grande” dovrò essere sempre più selettivo ma senza perdere questa possibilità di comunicazione che un MW ,forse perché il primo in Italia, riesce ad avere nel mondo. Essere la faccia dell’Italia nel mondo per me vuol dire tanto, significa quindi volare molto ma anche fare un po’ il padrone di casa quando gli altri volano a casa tua.”

W. “Tu hai girato e visto tanto mondo, secondo te, se dovessi fare una classifica internazionale del giornalismo enologico, (non solo per bravura ma per serietà, professionalità conoscenza della materia)  ai primi tre posti quali nazioni metteresti?”

G.G. “Sembra paradossale  ma al primo posto metto l’Australia, perché sembra un mondo giovane per il vino ma invece ha un grande passato, una grande eredità e c’è un giornalismo che è molto più onnicomprensivo di quello del Vecchio Mondo,  meno guidato dai territori più famosi e classici ma più dal merito, dalla qualità del vino e dai progetti che lo portano avanti.”

W. “Sul podio chi ci metteresti assieme all’Australia?”

G.G. “Ottima domanda. La Spagna mi piace molto come approccio al vino e dopo devo metterci l’Italia.”

W. “Devi perché siamo in Italia?”

G.G. “No, si merita il podio perché c’è tanto giornalismo e ci sono tante persone di qualità. Quello che manca, per essere più in alto nel podio è che queste persone conoscano  il mondo del vino internazionale. Non si può fare giornalismo del vino nazionale senza avere un contesto internazionale forte. Quindi quelli che guardano non solo all’Italia ma spesso solo a specifiche denominazioni non li comprendo, perché bisogna sempre fare l’opposto, guardare quello che c’è fuori e poi rispetto a quel contesto, a quell’ambiente, andare nello specifico. In Italia invece si fa un processo opposto: si parte da una denominazione più o meno grande per parlare, in maniera generale, di vino.”

W. “Invece agli ultimi posti chi metteresti?”

G.G. “Agli ultimi posti…” (ci pensa un po’)

W. “Non mi dire Paraguay o Andorra…”

G.G. “In generale non nutro grande fiducia nella stampa degli Stati Uniti.”

W. “In questa classifica, visto che sei un MW, hai lasciato fuori un “Convitato di pietra” cioè la stampa inglese.”

G.G. “L’avrei messa al quarto posto, perché quello che sta succedendo, e ci sarei arrivato anche parlando degli Stati Uniti, è il fatto che le testate inglesi, sto pensando a Jancis Robinson e a Decanter, stanno diventando sempre più rilevanti oltreoceano. Questo accade perché negli States c’è bisogno di una stampa che guidi e parli ma sia staccata dal mondo del vino americano, non ne sia all’interno.”

W. “I giornalisti hanno un codice deontologico (che poi magari non seguono. n.d.r.), esiste un codice deontologico per i MW, diciamo un decalogo del perfetto Master of Wine?”

G.G. “Non solo esiste un codice deontologico ma di condotta, che è tipo un giuramento di Ippocrate e che posso anche farti vedere.”

W. “Per carità ci credo! Sai, quando io ho fatto il corso per MW non sono andato molto avanti ma capivo che c’erano delle regole precise, magari non scritte ma ben presenti. Volevo sapere se alla fine c’era un qualcosa di scritto.”

G.G. “Ora è proprio un documento che si firma alle ultime battute del percorso di studi, prima di consegnare il progetto di ricerca.”

W. “Andiamo a tavola. Qual è la cosa che durante il servizio o mentre sei a tavola con altri  non ti piace assolutamente. Che ne so, se qualcuno mette l’acqua nel vino?”

G.G. (Ride) “All’acqua nel vino non c’avevo proprio pensato, mi fermo molto prima.”

W. “Perché tu vai a tavola con persone serie, io spesso no.” (Ridiamo tutti e due)

G.G. “MI ritengo fortunato allora. Quello che non mi piace è quando si appoggia il calice al labbro inferiore, prima di bere, alzando il labbro superiore. E’ come se si aprisse una serranda per far entrare più vino in bocca mentre io sono un fautore del sorso a labbra socchiuse. Quando vedo  una situazione “da trangugio” mi dispiace.”

W.  “A proposito bevi sempre vino durante i pasti o vai ad acqua?”

G.G. “Al contrario! Non bevo sempre vino durante i pasti, questo ci tengo a precisarlo. Molte volte bevo solo acqua e quello che non bevo mai sono i superalcolici.”

W. “Quindi in Scozia o negli Stati uniti tu non sei di quelli che iniziano il pasto con un whisky.”

G.G. “Me ne guardo bene!”

W. “A seconda elementare a mia figlia dettero il classico pensierino “Che lavoro fanno i tuoi genitori” e lei di me scrisse “Babbo va a giro per l’Italia a bere con gli amici”. Nel caso  tuo figlio dovesse fare lo stesso tema cosa avresti piacere che scrivesse?”

G.G. “Già lo dice lo dice e lo scrive ed è molto più delicato di tua figlia (ride)  –Babbo fa l’assaggiatore di vino e va a giro per le città ad assaggiare vino e dire se sono buon o no- Questo mi piace molto perché a volte si tende a semplificare troppo la nostra professione parlandone ai figli e poi ne viene fuori un’immagine sminuita.”

W. “Si dice, magari sbagliando, che uno nella vita non ha fatto tutto se non ha scritto almeno un libro. Il tuo quando esce.”

G.G. “Questa è una domanda da insider, nel senso che l’idea di farlo c’era già da un po’ma stiamo aspettando che arrivi l’ultimo dei “moschettieri” (gli italiani che stanno per diventare MW. n.d.r.)  e lo faremo uscire a breve.”

W. “Quindi sarà un libro a più mani?”

G.G. “Si”

W. “E si chiamerà “Come diventare MW è vivere felici?”

G.G. (Ride) “Più o meno, diciamo che ci sei vicino.”

W. “Sei autorizzato a toccare ferro e a fare gesti  apotropaici: quando, tra 150 anni, andrai a bere vini celestiali da altre parti con quale frase vorresti essere ricordato?”

G.G. “Sicuramente con qualcosa di qualitativo e non quantitativo, tipo “il primo di”. Vorrei che venisse fuori, un aspetto, una qualità, magari una forma di rispetto verso l’ apertura che ho avuto e che ho nei confronti di tutti. Vorrei essere ricordato come quello che in qualche modo ha contaminato e unito. Una figura di unione e non di divisione.”

W. “Ultima domanda. Vinci al superenalotto 100 milioni di euro cosa fai? Queste le opzioni.

1. Compri una bella azienda vinicola.

2. Fai dal nulla una bella azienda vinicola.

3. Compri il miglior giornale sul vino del mondo. A tal proposito preciso che Winesurf non è in vendita.

4. Crei tu il miglior giornale sul vino del mondo.

5. Compri casa alle Maldive e mandi tutti a quel paese.”

G.G. (Ride). “Posso dare una risposta multipla?”

W. “Diciamo che fino a due ci possiamo arrivare.”

G.G. “Manca una possibilità e sarebbe quella di comprare la distribuzione di vini più bella del mondo, però averci casa alle Maldive non sarebbe male, ma senza assolutamente ritirarmi.”

W. “Quindi potresti creare la più grande distribuzione di vini del mondo alle Maldive.”

G.G. “Si, che tra l’altro è proprio quello che stanno provando a fare diverse persone, anche se lì ci sono vari problemi di tipo culturale e religioso per vendere il vino.”

W. “Diciamo ufficio centrale alle Maldive con sedi in tutto il mondo, ma tu vivi alle Maldive.”

G.G. “Perfetto, però viaggiando spesso.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE