Intervista a Giovanni Busi, presidente Consorzio Chianti. Il punto sulla Gran Selezione e molto altro6 min read

“Prima di tutto qualche dato per chi magari non è toscano. il Chianti quanto è grande, quanti ettari, quante bottiglie.”

“Il Chianti ha circa 17.000 ettari di vigneti, siamo circa 3.200 tra produttori, trasformatori e imbottigliatori, le bottiglie spaziano dai 90 ai 110 milioni di bottiglie all’anno.”

“Negli ultimi mesi hai più volte presentato la situazione della denominazione Chianti come gravissima. In cosa è più grave rispetto alle altre denominazioni, per esempio, Brunello o Barolo?”

“Come sia grave in altre denominazioni non saprei dirti. So soltanto che le aziende ci chiamano e ci riferiscono le loro problematiche, che non si fermano alla sola vendita del prodotto, anche perché nel 2020 abbiamo avuto un 1,2% in più rispetto all’anno precedente. Quindi sembra che, pur in un anno schifoso, il Chianti stia andando molto bene: questo da una parte è vero, ma  il problema è che  è vero solo nella GDO, perché il canale HoReCa è rimasto praticamente al palo. Purtroppo le aziende che vendono nella GDO sono poche: su 3200 saranno non più di 30. Queste riescono a vendere, magari guadagnando meno, e vendendo vanno anche a comprare il vino da altri produttori che quindi non hanno scorte in cantina. Fino a qui sembra sia andato bene ma faccio un esempio per spiegarti che non è così. Se un’azienda agricola fino a  ieri vendeva 10 bottiglie e poi piazzava un quantitativo pari a 5 bottiglie in cisterna aveva un ricavo medio per litro di vino, sempre per esempio, di un euro. Ma se quel produttore le 10 bottiglie non le vende più e ha solo vendita di sfuso vuol dire che ha incassato molto meno. Quindi se un’azienda agricola ha impostato i suoi costi su certi tipi di incassi e questi vengono ridotti, non riesce più a gestirsi ed entra in crisi. Pensa anche a chi ha  l’agriturismo e non ha più quegli incassi dovuti alla vendita di prodotti tipo olio e vino  in azienda. Una situazione dove vengono a mancare questi incassi è tragica, anche perché tutte le operazioni relative alla vigna e alla cantina deve comunque farle, deve giocoforza mantenere il vigneto.”

“Facilitazioni al credito: cosa è stato fatto?”

“Credo che sia arrivato ben poco: Sono state fatte tante domande per i 25.000 euro o per cambiali agrarie da 30.000 €, però poco è giunto a compimento, anche perché quando vai a chiedere un prestito in banca c’è un giudizio da parte delle banca stessa. Così se nel 2019 a dicembre, per motivi vari non avevi ancora incassato quanto dovuto da terzi, e quindi eri fuori da determinati parametri, il prestito non potevi averlo anche se nel frattempo a gennaio eri rientrato incassando quanto dovevi avere. Insomma alla fine la banca  “da i soldi solo a chi li ha”.

“Nella GDO è andato meglio il mercato italiano o quello estero?”

“Il Chianti viene venduto per il 70% all’estero: Se abbiamo fatto un 1.2% in più vuol dire che è andata bene dappertutto. Qualche problema l’abbiamo avuto in Cina, ma non è certo il nostro primo mercato.”

“E qual è il primo mercato?”

“L’Italia naturalmente con circa il 40%del totale, mentre il primo estero sono gli Stati Uniti , a seguire Germania, Inghilterra, Svizzera, paesi nordici.”

“Hai parlato di Inghilterra , cambierà qualcosa dopo la brexit o è già cambiato?”

“Dipende da come ripartirà l’economia e il mercato in Inghilterra .”

“Ma in particolare  il vino Chianti ha avuto delle tasse in più rispetto al passato o no?”

“C’è confusione ancora ma sicuramente qualche tassa in più ci sarà e va calcolato quanto influirà. Ancora non si capisce se sarà una percentuale sul costo a bottiglia, e questo per prodotti come il Chianti che non costa molto influirebbe non poco sul prezzo finale e creerebbe disparità rispetto a chi vende a prezzo più alto le sue bottiglie . Se invece si tratterà di un aumento percentuale sulla tassa esistente allora diventa un problema uguale per tutti, quindi gli inglesi si troverebbero un aumento generalizzato su tutti i prodotti e non solo un aumento più marcato su quelli della fascia del Chianti.”

“Se tu avessi la bacchetta magica quale sarebbe la prima cosa che faresti per il mondo del vino italiano?”

“Mah, forse mi piacerebbe far capire a tutti che il mondo del vino italiano è qualcosa di unico: Non esiste altro paese che ha condizioni climatiche, morfologiche, paesaggistiche  come il nostro. Spesso non riusciamo a metterlo in evidenza e invece  è la cosa più importante che c’è. Vino buono oggi lo fanno in tutto il mondo, quello che però ci rende unici è il territorio e noi dobbiamo legarci sempre più a questo.”

“Solita bacchetta magica: quale sarebbe la prima cosa che faresti per il consorzio Chianti?”

“Farei grandissime promozioni per far capire cos’è questa denominazione oggi. E’ una denominazione talmente ampia che parte da Firenze, e va ad Arezzo a Pisa, a Siena a Pistoia, ma in dettaglio nessuno la conosce. Spingerei molto sulla Cina perché nel momento in cui la Cina inizia veramente  a bere vino il Chianti non basterà! In Cima sono quasi un miliardo e mezzo e si parla di un 30% che si interesseranno al vino. Sono numeri incredibili, si parla di 450 milioni di persone. Se pensi che noi facciamo 100 milioni di bottiglie…”

“Chianti Gran Selezione, a che punto siete?”

“Stiamo aspettando che l’iter vada avanti. Adesso la pratica è in Regione Toscana e da lì dovrebbe andare al Ministero. Ci sono tempi piuttosto lunghi e dobbiamo star dietro ai tempi burocratici.”

“E questa è la risposta ufficiale. Però sai perfettamente che la vostra scelta desta grandi discussioni. Che tu sappia ci sono stati incontri con il Consorzio del Chianti Classico o con personaggi a livello regionale o nazionale per trovare una quadra o ognuno va per la sua strada?”

“A me nessuno m’ha chiamato! La Gran Selezione è stata votata in assemblea con il 97.6% dei voti e io devo fare quello che mi dice l’assemblea. Praticamente c’è stata l’unanimità e tu sai perfettamente che tantissime aziende che producono Chianti producono anche Chianti Classico. Poi non so se c’è qualcuno che ha mal di pancia ma io devo fare quello che mi dicono di fare il consiglio d’amministrazione e l’assemblea dei soci.”

“Tu sei produttore di Chianti Rufina…”

“Fiero produttore di Chianti Rufina!”

“Meglio ancora, allora come giudichi la presa di posizione del Consorzio Chianti Rufina di non utilizzare la dizione “Gran Selezione” e di cercare un altro nome per una selezione di vigna che stanno per proporre sul mercato?”

“C’è anche mio figlio nel Consiglio della Rufina e spesso ne parliamo. Dove c’è da poter valorizzare una denominazione sono sempre disponibile. Non vedo intralci nella questione. Comunque sono della vecchia generazione e per me se si doveva fare qualcosa si doveva fare nel “Rufina” punto e basta!”

“Scusa ma non ho capito bene  tu eri per  togliere il nome Chianti dal Chianti Rufina?”

“No, no, il Chianti Rufina deve rimanere Chianti Rufina, anche perché togliere il termine Chianti sarebbe, per la Rufina o per altre zone, una sciocchezza. Nel mondo è conosciuto Chianti, Rufina arriva solo dopo. Quindi Chianti Rufina deve rimanere, detto questo se vogliamo fare un vino particolare, da singola vigna o altro, usciamo dalla denominazione Chianti e andiamo a fare “Rufina” e basta.”

“Quindi questo “Rufina” sarebbe un  IGT?”

“Si un IGT che poi un domani potrebbe diventare anche una DOC.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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