Abruzzo e Montepulciano: un mare di vino in tempesta3 min read

L’ho scritto più volte. Il territorio abruzzese, grazie al Montepulciano, è la zona italiana che negli ultimi anni ha fatto i maggiori salti qualitativi. Molto più della strarinomata Sicilia, della complessa Campania e delle sempre sottovalutate Marche. Ma se si prova a rigirare la frittata ed a guardare l’Abruzzo ed il suo grande vitigno dalla base, dalla parte delle Cantine Sociali e dei 400.000 ettolitri  di sfuso DOC che annualmente prendono la cisterna per venire al nord, che situazione troviamo? Per scoprirlo abbiamo fatto un bel viaggio in Abruzzo ed abbiamo visto tante cose belle ma anche tante cose brutte che, se non corrette in tempi ristretti, depongono a sfavore del futuro enologico dell’Abruzzo e del Montepulciano. Abbiamo materiale occorrente per 10 articoli, ma forse è meglio evidenziare in maniera sintetica e netta alcuni problemi: Tanto per darvi un’idea:

Lo sapete che per ogni ettaro piantato (prezzo medio 20/22000€) in ogni posizione  o terreno la Regione Abruzzo, tramite l’Unione Europea, eroga tuttora un contributo a fondo perduto di 7500 €. Questo, visti anche il forte sviluppo degli anni 1998-2002,  ha portato a piantare da ogni parte, anche in fondovalle inadatti alla vite. Così dove prima c’erano pomodori e zucchine ora troviamo vigneti: il risultato finale è quello di abbassare la qualità finale del vino, ma in compenso vista la fertilità di questi terreni,  aumentare enormemente la resa.

Lo sapete che questo contributo addirittura aumenta leggermente se si adotta come forma di allevamento il GDC, (cioè una delle forme più produttive in assoluto) e diminuisce se si utilizza la spalliera.

Lo sapete che il parco vitato abruzzese, grazie a questi contributi (ed al boom del vino) negli ultimi 7-8 anni è stato reimpiantato per oltre il 40%.

Lo sapete che, non esistendo studi clonali seri sono stati reimpiantati cloni molto produttivi e che adesso si corre seriamente il rischio di disperdere il vecchio patrimonio genetico.

Lo sapete che i contributi suddetti, dato che devono essere fatturati interamente, sono difficilmente utilizzabili dai piccoli produttori (sotto i due ettari vitati) che hanno sempre adottato la forma “ a scambio di lavoro” (io aiuto te e tu aiuti me). Questo non sarebbe un grosso problema se questi produttori non fossero numericamente quasi l’80% dei vignaioli abruzzesi.

Lo sapete che oggi, dopo il grande boom e la susseguente crisi degli ultimi anni, un quintale di buon Montepulciano d’Abruzzo DOC viene venduto a meno di 30 €.

Lo sapete che, viste queste cifre, e visti i costi delle lavorazioni, oggi il viticoltore che conferisce ad altri,  cantina sociale o privati, per arrivare ad avere un qualche reddito deve produce come minimo 200-250 quintali per ettaro.

Lo sapete che, con i prezzi attuali, a molte cantine sociali abruzzesi conviene di più produrre Mosto Concentrato e Mosto concentrato Rettificato,  stoccare vini e  prendere i contributi relativi a queste tre voci,  più che produrre vino e venderlo.

Lo sapete  che i 400.000 ettolitri di Montepulciano DOC che partono dall’Abruzzo hanno come mercati principali Veneto, Toscana, Friuli e Piemonte. A questo punto mi piacerebbe sapere quante cantine in Toscana, Piemonte e Friuli, imbottigliano e mettono in commercio del Montepulciano d’Abruzzo.

Questi in forte sintesi i problemi rilevati nel nostro viaggio. Nel prossimo articolo approfondiremo il problema dei nuovi impianti e del come/dove/con cosa sono stati piantati.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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