Incontri Rotaliani: ospitare l’Etna DOC per riflettere sul proprio territorio4 min read

Pochi giorni fa il Teroldego ha ospitato gli  Etna Doc nella manifestazione biennale “Incontri Rotaliani”. Dopo Borgogna e Rioja, territori ospiti delle passate edizioni, questa volta il principe dei rossi trentini è stato messo a confronto con i vini di quella terra vulcanica.

Sono stati due giorni di degustazioni guidate e banchi d’assaggio per raccontare similitudini e differenze di due viticolture e territori di montagna, poiché seppure la Piana Rotaliana sia per definizione una pianura, è di fatto influenzata e circondata da un microclima che ha le stesse caratteristiche di quello di montagna.

Il teroldego ha trovato proprio nei 435 ettari del Campo Rotaliano il suo punto di massima espressività qualitativa (curioso sapere che in California la coltivazione del teroldego investe 600 ha di terreno).

In questa terza edizione è stata incontrata una terra che in una ventina di anni ha saputo recuperare e rilanciare il suo patrimonio enologico a livello internazionale.

Il Consorzio Tutela Vini Etna DOC (la più antica Doc della Sicilia nata nel 1968) ha commissionato uno studio minuzioso per la valorizzazione del territorio, con il chiaro intento di interpretare tutte le variabili presenti all’interno delle Contrade, sulla base delle differenze che ci sono tra i diversi suoli dati dalle stratificazioni delle colate laviche, dalle altitudini dall’esposizione dei vigneti e relativi microclimi. Tutti fattori che rendono ogni Contrada quasi un unicum in grado di donare sfaccettature differenti ai suoi vini.

A partire dal 2011 lo studio ha individuato all’interno di 20 comuni, la presenza di 133 Contrade legalmente equiparate a Unità Geografiche Aggiuntive (UGA), che dalla data della prossima assemblea del Consorzio verranno implementate di 9 nuove entrate, individuate nella zona a sud del vulcano etneo.

Secondo il Consorzio Tutela Vini Etna Doc, la nuova Mappa delle Contrade prende in considerazione anche queste ultime arrivando a 142, suddivise nel territorio di 11 comuni: 25 a Randazzo, 41 a Castiglione di Sicilia, 10 a Linguaglossa, 13 a Piedimonte Etneo, 8 a Milo, 4 a Santa Venerina, 20 a Zafferana Etnea, 9 a Trecastagni, 6 a Viagrande, 1 a Santa Maria di Licodia, 5 a Biancavilla.

E’ possibile fare una riflessione di sintesi a seguito dell’evento trentino, prendendo spunto dalla riqualificazione dell’Etna degli ultimi anni e dalla possibilità in tempi anche relativamente brevi di puntare su peculiarità autoctone storiche del territorio (principalmente nerello mascalese, nerello cappuccio, carricante, ma anche catarratto e minnella)

E’ chiaro che in Piana Rotaliana sia impensabile l’intervento di lungimiranti cordate esterne (anche per l’esoso costo dei terreni) e mancando una azienda leader e con peso comerciale che faccia da traino al prodotto è necessario investire su altri fronti. Nello specifico è tangibile come i produttori siano sempre più impegnati nel credere nell’unione di intenti per affermarsi in una viticoltura di qualità collegata ad un minimo stress fisiologico del territorio. Sostituire la dicitura “Teroldego” in favore di “Rotaliano” in segno di identità toponomastica potrebbe essere un modo per presentarsi e rendere il territorio riconoscibile al pubblico, anche se porterebbe con sé difficoltà notevoli nella identificazione per consumatori lontani o poco esperti.

Teroldego

Cooperativa o individualità produttiva sono due realtà ancora lontane, dove forse si sta pagando lo scotto della collettività. Il divario di prezzo della bottiglia al consumatore disorienta l’acquirente che non riesce a capire come si possa passare da un vino venduto a partire da 3,50€ fino ai 20- 40€ (e oltre).

A rafforzare il percorso di ricerca di identità del vitigno negli ultimi anni a livello stilistico molti produttori hanno alleggerito i loro vini dall’utilizzo del legno. Inoltre si sono affacciate giovani aziende che hanno saputo proporre prodotti freschi e dinamici, che da subito hanno intercettato il cambiamento di gusti dei consumatori e di un pubblico che si è avvicinato gastronomicamente a cucine più leggere e dallo stile fusion/orientale/vegetariano.

Qualcosa si sta finalmente muovendo anche da parte delle grandi aziende cooperative che stanno investendo sulla produzione di etichette più attente all’espressività di un singolo appezzamento dalle rese limitate o da vigneti con diversi anni alle spalle.

In ultimo la vocazione turistica del territorio è stata finalmente intercettata dai produttori con la quale in una sorta di dicotomia con i consorzi e le aziende per il turismo stanno unendo le forze per promuovere il vino da diverse angolazioni e punti di vista.

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


LEGGI ANCHE