“Sandrone, Sandrone, Sandrone!” La prima volta che sentii parlare di Luciano Sandrone fu dalla voce di Carlo Petrini che, quasi ponendolo al pari della trinità, ripetè il cognome tre volte. La mia domanda era stata, riferendomi agli assaggi per la guida Vini d’Italia. “Chi è quest’anno il migliore in Langa?”
Stiamo parlando dei primi anni Novanta, anni dove tutti noi andavamo in Langa per scoprire quella che sembrava ed era, la terra promessa del vino. Erano gli anni dei Barolo Boys, della contrapposizione tra modernisti e tradizionalisti e fare vino in una specie di garage (non che altri fossero messi meglio) era chiaramente moderno o almeno non tradizionale.
Luciano era stato messo tra i modernisti ma ne faceva parte senza farne parte: non era uomo da proclami, le sue mani parlavano per lui e molti anni dopo, quando venne costruita la nuova cantina mi sembrava quasi ci si perdesse, abituato com’ero a vederlo in spazi ristretti.
Per lui parlava il vino e quindi seguirò questa strada ricordandone due che porterò nel cuore assieme al suo ricordo: il Barolo Cannubi Boschis del 2004 e la Barbera d’Alba del 2015, vini semplicemente perfetti, a cui non si poteva chiedere niente di più.
Anche a Luciano non si poteva chiedere niente di più di quello che ha fatto per il vino, per la Langa.
Che la terra gli sia lieve.