Il vino torna a far incontrare, a Parma, con una “Proposta Vini”8 min read

Tornare a incontrarsi senza timore, questo lo spirito della manifestazione che si è svolta presso la fiera di Parma in occasione della presentazione del Catalogo di Proposta Vini 2022. Un evento che – oltre a voler dare la possibilità di conoscere e riscoprire la ricchezza di biodiversità e del patrimonio vinicolo europeo – vuole dare uno spiraglio di ottimismo e di condivisione.

Un 2022 in cui l’emergenza Covid sembra non voler smettere di creare scompiglio, ma da qualche parte si deve pur iniziare, e a volte bisogna anche affrontare con coscienza e consapevolezza le situazioni complesse.

Tanti i rinvii di eventi e manifestazioni legate alla conoscenza e scoperta dei prodotti legati all’enogastronomia, ma posticipando ogni manifestazione si corre il rischio di creare una super concentrazione di momenti di incontro che potrebbero creare una difficoltà oggettiva dal punto di vista della partecipazione.

Proposta Vini ha invece voluto riprendere il contatto umano e la due giorni emiliana ha dato la possibilità di ritrovarsi in carne e ossa, scegliendo gli ampi spazi dell’area fieristica, che hanno permesso il rispetto delle normative.

Impagabile la gioia, l’entusiasmo e i sorrisi dei partecipanti e la possibilità di rivedersi in presenza.

Oltre 160 le aziende partecipanti e tante le novità in mostra. Da anni la realtà trentina – fondata nel 1984 da Gianpaolo Girardi – ha confermato la sua visione, che vede la proposta di percorsi tematici studiati in modo attento: un “viaggio”, non solo per l’Italia del vino, ma che ha incluso anche l’Europa e altre realtà oltreoceano.

Un lavoro di ricerca continuo e costante che ha portato negli anni alla nascita di importanti progetti di valorizzazione come Vini Estremi, Vini dell’Angelo, Bollicine da Uve Italiane, Vini delle isole minori, Vini Franchi e Vini Vulcanici.

Tra le novità interessante e singolare il nuovissimo progetto “Vini delle Abbazie”, che vede una selezione di etichette prodotte dai frati in antichi monasteri europei; luoghi in cui da secoli si coltiva la vite.

I monasteri – come ha sottolineato Gianpaolo Girardi “Erano centri culturali d’innovazione e di riferimento per le pratiche agricole e vitivinicole. Molte abbazie sono ancora attive e producono il vino in proprio, trasmettono antichi saperi, custodiscono varietà di uve antiche e conoscenze radicate nel passato”. Definiti anche, con una intelligente trovata, Vini Paradisiaci, si tratta di un progetto nato da un’idea di Josef Schuster, viennese, considerato uno dei massimi conoscitori del mondo vinicolo europeo.

Durante il Medioevo, da Carlo Magno in poi, migliaia di Abbazie, sono state luoghi non solo di meditazione e di preghiera, ma anche di studio e di ricerca, a fianco dell’attività amanuense nacquero veri e propri ambiti di ricerca indirizzati al miglioramento delle pratiche agricole, zootecniche e vitivinicole. Un vero punto di riferimento, di innovazione e di insegnamento per tutte le attività agricole e d’allevamento. Se il vino non è scomparso dalle nostre tavole il merito va anche al lavoro dei frati che, per ragioni di rito dopo la caduta dell’Impero Romano, hanno continuato a coltivare la vite.

Molte abbazie sono ancora attive, praticano la viticultura e producono vino in proprio, in tal modo mantengono e trasmettono antichi saperi, conservano varietà d’uva storiche e conoscenze che affondano nel passato. Una selezione intrigante che ha fatto emergere delle interessanti sorprese, come la Stift Altenburg, Limberg (Austria), fondata dai Benedettini nel 1144, che si trova nella zona più fredda della DOC Weinviertel ricca di boschi. Qui le viti crescono su depositi marini di alghe di 20 metri. Interessante il loro Limberg Grüner Veltliner, un’esplosione di erbe fresche e agrumi. Suadenti i profumi d’estate, un vino di bella acidità, convincente e rinfrescante.

Bellissima realtà anche il Kloster Eberbach, Eltville in Germania, monastero fondato nel Rheingau nel 1136 da Bernardo di Chiaravalle, il fondatore, oltre a questa e a molte altre, dell’Abbazia di Chiaravalle.

La basilica riprende lo stile romanico e semplice di Citeaux; nel medioevo il monastero divenne il produttore di vino più importante della Germania, trasformando boschi lungo il Reno in vigne, arrivò a 252 ettari di vigneti. Interessanti sia Riesling Grosses Gewächs  Baikenkopf – Große Lage Kloster Eberbach, sia il loro Pinot Nero.

Scenografica la realtà francese, l’Abbaye de Lérins – Lerino, ubicata sull’isola davanti a Cannes, discreto il bianco, meno esplosivo il loro Syrah.

Fondata nel 996 dai Benedettini, l’abbazia di Pannonhalma in Ungheria, è uno dei più vecchi monumenti storici dell’Ungheria. I monaci erano i primi a produrre vino in Ungheria, anche se la viticoltura venne introdotta ai tempi dei Romani. È il secondo monastero del mondo per dimensione, preceduto solo dall’Abbazia di Montecassino, e si crede che San Martino di Tours sia nato qui. Dopo la fine del periodo comunista i Benedettini riattivano nel 2001 i vigneti storici e una cantina lunga 422 metri e oggi gestiscono 50 ettari di vigne.

Altra peculiarità lo Chasselas 2019 di Clos de l’Abbey, uno dei bianchi più rappresentativi della Svizzera. Nel 1141 i Cistercensi di Haut-Cret si trasferirono a Losanna su invito dell’arcivescovo e coltivarono le colline ripide intorno al lago. I monaci crearono allora terrazzamenti ancora oggi in uso. Nel 1803 il Comune di Losanna subentra come proprietario e gestisce una vigna di appena 4 ettari chiamata “Clos des Abbayes” che si trova in un quartiere della città.

Non manca la Spagna con il Monasterio de Yuso, San Millán, nella Rioja Alta, un monastero che conserva ancora oggi le reliquie di San Millán.

In merito all’Italia non sono mancate sorprese e certezze, a partire dai “Vini Vulcanici” della Sicilia e della Campania, per approdare alle vette valdostane e trentine.

Parliamo di vini prodotti con tecniche indirizzate a un sempre maggior equilibrio tra il lavoro dell’uomo e la natura, come i vini di Salvo Foti de i Vigneri, “vini umani prodotti dall’uomo, per l’uomo”, sintesi di una esperienza più che trentennale svolta sull’Etna e nella Sicilia Orientale. Armonia e passione familiare che riportano nel calice la loro personalità e la continua ricerca. Nel loro Vinudilice 2020, un rosato prodotto a 1300 metri slm, ritroviamo snellezza ed equilibrio, la carezza della brezza estiva. Coinvolgenti e profondi i loro bianchi etnei, dal Vigna di Milo 2019 al Palmento Caselle 2017, quest’ultimo prodotto a 800 m s.l.m. a Milo in contrada Caselle: qui il sale è la matrice comune, entrambi sono vini ricchi di energia e carattere.

Sempre etnea è l’azienda Custodi delle Vigne dell’Etna, una realtà vitivinicola in costante evoluzione; il suolo vulcanico, il freddo della montagna ed il sole della Sicilia si fondono nell’Etna Rosso Riserva DOC Saeculare 2012, un vino vivo, complesso ed elegante.

Sempre restando in Sicilia merita l’assaggio la realtà isolana di Salvatore d’Amico, con la Malvasia Salina Léne 2019 seducente ed intrigante.

Situata nel ragusano, da non perdere l’azienda Terre di Giurfo, con il loro Cerasuolo di Vittoria DOCG “Maskarìa” 2017, un vino dotato di una perfetta armonia e freschezza.

In Campania c’è da divertirsi con i vini di Raffaele Troisi dell’azienda Vadiaperti, vignaiolo istrionico e comunicativo. Semplicemente spiazzante la sua Irpinia Coda di Volpe DOC “Torama” 2014, ricca ed elegante; i vini di Raffaele Troisi sono vini molto espressivi, capaci di esprimersi nella loro giovinezza e diventare magici con il passare del tempo.

Altra realtà da tenere sott’occhio è l’azienda di Fabio de Beaumont a Castelvetere sul Calore (AV), non solo per il suo Campania Rosso IGT Macchiusanelle 2018, un vino deciso e mediterraneo, prodotto con Barbera in purezza da vigne ultracentenarie a piede franco, ma anche per il suo nocino Frà Amedeo, un prodotto unico e ammaliante.

Altra unicità è il Terre del Volturno IGP Coda di Pecora “Sheep” dell’azienda Il Verro, dell’areale casertano, ottenuto da un vitigno unico, il “Coda di pecora” appunto. Quest’uva sembra risalire ai tempi della Magna Grecia: una prima citazione viene pubblicata da Frojo nel 1875 nei suoi lavori sulla viticoltura in Campania. Viene vinificata in purezza e si ottiene un vino che presenta una buona sapidità e una discreta freschezza.

Dalla Campania ci spostiamo in Piemonte, dove nasce Erpacrife, un’unione di intenti, realtà nata da un’amicizia tra i banchi della scuola enologica di Alba. Un’impresa che ha riportato in auge gli spumanti di vitigni autoctoni piemontesi.

Interessante poi la realtà valdostana La Vrille, si tratta di una piccola azienda vitivinicola di 2 ettari e mezzo, che mette in risalto le varietà autoctone locali. Fine e piacevolmente aromatico il loro Lo Chambave Muscat di La Vrille 2018, un Moscato secco proveniente dai terreni morenici del comune di Verrayes, che rivela uno spettro aromatico interessante; altrettanto agile e piacevole il loro Cornalin Valle d’Aosta DOC 2017 – La Vrille.

Ulteriore piacevole scoperta è la giovane azienda Villa Persani, che si trova a Pressano, piccolo paese a nord di Trento, sulle colline Avisiane. L’azienda è nata nel 2006 grazie all’idea di Silvano di valorizzare le idee e l’arte che da generazioni fanno parte della famiglia Clementi: sono stati recuperati gli appezzamenti di famiglia con l’idea di trasformare i frutti della terra, non solo uva ma anche mele, con l’impronta di mirare a un’agricoltura più attenta e alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio. Non solo vitigni tradizionali, come la loro Nosiola o il Performance IGT vigneti delle dolomiti, un Pinot Grigio in purezza, ma da provare il loro bianco Aromatta, una cuvée di varietà resistenti.

 

 

 

Fosca Tortorelli

Fosca Tortorelli, classe 1978, è Dottore di ricerca in Architettura, Giornalista Pubblicista. Degustatore Ufficiale A.I.S.. Ha perfezionato il suo profilo approfondendo gli aspetti di marketing e comunicazione del vino, con il conseguimento del Master Sommelier ALMA-AIS Da sempre appassionata di enogastronomia, collabora con diverse testate online. Ha perfezionato la sua formazione anche in altri ambiti di settore enogastronomico, conseguendo i titoli di Maestro Assaggiatore ONAF; Brand Ambassador presso l’Azienda Case Basse di Gianfranco Soldera di Montalcino; Master Critica Enogastronomica (I.F.A – Milano); Assaggiatore Professionista di olio d’oliva certificato (Oleum); Sensory Skills Professional (SCA).

Fa parte dei Narratori del Gusto, collabora alla vita associativa dell’Associazione Italiana Sommelier seguendo i corsi come Segreteria degli stessi, oltre ad aver fatto parte fino al 2017 del Gruppo Servizio.

È inoltre socia delle Donne del Vino con il ruolo di Vice Delegata della Campania; l’associazione vede riunite tutte le categorie della filiera vitivinicola, dal vigneto alla cantina, dalla tavola alla comunicazione.


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