Il riuso delle bottiglie del vino: grande opportunità ma solo a livello di piccole comunità3 min read

L’Unione Europea sta discutendo su una proposta riguardante le bottiglie in vetro, che prevede anche  il loro riuso al posto del riciclo.

Molto più in piccolo Tommaso Ino Ciuffoletti  non solo lancia lo stesso messaggio, ma lo mette in pratica nella sua piccola cantina di San Giovanni delle Contee

Sono due notizie praticamente uguali e allora perché sono strafelice della seconda e invece considero quasi una follia la prima? Proverò a spiegarlo.

Il riuso delle bottiglie, il vecchio vuoto a rendere come si faceva un tempo con la bottiglia del latte e come si fa in parte oggi con quelle dell’acqua, è sicuramente una pratica con grandi vantaggi e un solo limite, l’ampiezza del territorio su cui effettuarla. Se si tratta, come il latte appunto, di un commercio locale è perfetto per inquinare meno e anche per creare catene di contatti che servono sempre più in un mondo che è sociale solo sui social.

Tommaso Ino Ciuffolletti (a destra) e gli altri due fondatori della Cantina del Rospo

Per questo l’iniziativa di Tommaso, che verrà presentata domani 22 aprile in occasione della Giornata Mondiale della Terra, è un gesto importante che spero abbia un seguito tra aziende della stessa tipologia e dimensioni della sua.

Ma se il riuso del vetro  lo proponiamo a livello di Unione Europea, per me da pratica positiva diventa non solo negativa ma nefasta!

Per prima cosa pensiamo all’impossibilità di attuarla per le aziende che hanno non solo una distribuzione nazionale ma un export importante. Facciamo attraversare il mondo da camion, treni, navi di bottiglie vuote di ritorno a casa? Mi sembra improponibile. Naturalmente chi ha fatto la proposta lo sa perfettamente e per questo propone una percentuale di riuso che dovrebbe essere, se non sbaglio, tra il 5% e il 10%.

Il problema è che scegliere la strada del riuso a livello europeo vuol dire in pratica abbandonare quella del riciclo, almeno dal punto di vista psicologico. Una cosa è fare una campagna dove si sensibilizzano i produttori di vino ad utilizzare bottiglie più leggere, un’altra è proporgli la “via di fuga” di un riuso che salva le loro coscienze e gli permette di continuare tranquillamente ad utilizzare bottiglie pesanti.

“Anzi, proprio perché devo riusarle meglio abbondare in peso!”  questo mi sembra già di sentirlo dire da molti produttori.

Per arrivare ad oggi, dove una discreta fetta di produttori di vino ha capito il problema adottando bottiglie leggere, c’è voluto tempo e fatica, se ci spostassimo sul riuso si potrebbe tornare indietro di anni e per sempre.

Per questo è fondamentale quello che farà Tommaso nella sua Cantina del Rospo: far capire, dal basso, che ci sono strade diverse per risolvere lo stesso problema. Una, a livello locale, è quella del riuso, mentre a livello globale l’unica strada e quella della diminuzione drastica del peso delle bottiglie e del riciclo.

Nela proposta europea si parla anche di stabilire un peso massimo per le bottiglie in vetro e questo potrebbe anche andar bene ma ho paura che alla fine, mediando mediando,  si potrebbe arrivare a quello che è successo col biologico, mettendo livelli minimi di solforosa così alti che ci rientrano senza problemi anche aziende convenzionali. Così per le bottiglie potrebbe essere scelto un peso così alto da azzerare, per legge, la strada verso la bottiglia leggera.

Quindi in bocca al lupo a Tommaso per il suo progetto e speriamo che l’Europa capisca che “dove passa un topolino non può passare un elefante, se non distruggendo tutto”.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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