Il Pinot Bianco chiede “Spatium”5 min read

In Italia ogni vitigno che si rispetti ha un convegno, un symposium, una mostra o un concorso dedicato alla sua esplorazione/vivisezione. Stupisce quindi che sino ad oggi latitasse un mega-evento sul Pinot Bianco.

 

Sino ad oggi perché con Spatium Pinot Blanc (chissà poi perché non Spazio Pinot Bianco), evento con cadenza biennale, organizzato ad Appiano dal Comune, dall’associazione di produttori Vineum e dal centro Laimburg, la lacuna è stata colmata.

 

Colmata anche piuttosto bene per essere alla prima, visto lo strepitoso successo di pubblico e la nutrita partecipazione di esperti.

 

L’intento degli organizzatori era duplice: da una parte fare il punto sulla stato della ricerca inerente la varietà e di risvegliarne l’interesse presso la comunità scientifica, e dall’altro accreditare l’Alto Adige come il punto di riferimento, il territorio d’elezione del Pinot Bianco. Questo anche se, in termini di superficie a Pinot Bianco, la Germania ne ha 10 volte di più.

 

In ogni caso a me l’idea di partecipare ad un convegno dal taglio scientifico sul Pinot Bianco ad Appiano, a circa 400 km da casa, nell’ultimo week-end di agosto, era così allettante che al confronto, l’osservazione di una pennellata di vernice mentre asciuga, era decisamente più appetibile…ma mi sono fatto convincere.  È stato sufficiente un richiamo allo spirito di corpo e al dovere di informare, e altrettanto facilmente mi sono fatto convincere dai relatori al convegno che il Pinot Bianco è in effetti una varietà sottovalutata e che merita tutta l’attenzione che vi si dedicherà in futuro.

 

Naturalmente, avendo un certo numero di autunni sulle spalle, non sono così ignaro sui rischi che taluni effetti “collateral-soporiferi” possono capitare in simili convegni e perciò avevo preso opportune precauzioni. Dapprima mi sono fiondato in prima fila, ben vicino ai diffusori acustici e poi mi sono equipaggiato di stuzzicadenti trasparenti per puntellare le palpebre, qualora ve ne fosse stato bisogno. Ma non sono serviti. Merito della solida preparazione dei relatori e di un programma molto vario, ben articolato e dal ritmo serrato. Nella mattinata, iniziata con precisione teutonica con i saluti del Peter Brigl Presidente dell’associazione Vineum, si sono alternati sul palco diversi relatori: Erika Maul dell’Istituto per la viticoltura di Geilweilerhof, Hans Terzer Cantina San Michele Appiano, Florian Haas del centro ricerche Laimburg e Michael Oberhuber direttore dello stesso Laimburg, abilissimo moderatore anche della tavola rotonda che ha poi chiuso i lavori in perfetto orario. In breve, ognuno per la sua specializzazione, ha illustrato e raccontato il Pinot Bianco che, come è stato annunciato e documentato, è una mutazione diretta dal Pinot Nero, alla pari del Pinot Grigio. Si è anche appurato che solo in tempi recenti sono emerse le distinte caratteristiche ampelografiche del Pinot Bianco, a lungo assimilato e/o confuso con lo Chardonnay.

 

Ma la cosa più interessante, credo soprattutto per i coltivatori, è stata la presentazione del progetto di ricerca sul Pinot Bianco del centro Laimburg. Un progetto di studio e ricerca che durerà alcuni anni e che prevede uno studio sui precursori aromatici, l’allevamento di viti in alcune aree individuate in base a diversi microclimi, altitudini e suoli, microvinificazioni ed esami organolettici di verifica e controllo. Un lavoro approfondito, lungo, impegnativo e anche assai dispendioso.

 

Durante la tavola rotonda successiva alle varie relazioni, si sono poi toccati gli aspetti legati alla commercializzazione e agli abbinamenti a tavola con il prezioso intervento di Andrea Fenoglio del Ristorante Sissi. Ma la cronaca sarebbe lunga e non così interessante come a me è sembrato fosse “dal vivo” e in ogni caso gli atti del convegno, tradotti in italiano, si possono richiedere via mail a  mailbox@daviso.com, l’agenzia che ha organizzato la logistica e la comunicazione.

 

Dopo la mattinata dedicata al convegno, il programma prevedeva un trasferimento con vari pullman a Schulthaus, una delle zone ritenute più vocate.  A seguire erano state organizzate per noi “addetti” due sessioni di degustazione alla cieca “MasterClass”, con 12 vini cadauna provenienti da varie zone europee e raccontati, tra gli altri, da Gianni Fabrizio, curatore Guida Vini Gambero Rosso, Frank Smulders, Master of Wine, e Otto Geisel membro del Grand Jury Européen.

 

Il giorno seguente era dedicato al pubblico, che ha avuto la possibilità di assaggiare un centinaio di Pinot Bianco da varie zone d’Europa. Mentre ero sulla via del ritorno pensavo a quanta coesione e unità d’intenti esiste in Alto Adige tra grandi cantine cooperative, soci coltivatori e piccoli produttori e come questo modello, almeno in superfice, funzioni egregiamente.

 

Non è dunque poi così difficile ipotizzare che il comparto altoatesino, con ciò che ha messo in mostra, abbia molte chances di imporsi con il Pinot Bianco made in A.A. sui mercati e  le prospettive di “vincere” il confronto con l’Alsazia non siano poi così remote.

 

Sul fronte della critica e degli appassionati più attenti e preparati, ora che vini “aromatici” come il Gewurtztraminer ed il Sauvignon (che pure continuano a fare grandi numeri) mostrano lievi segni di cedimento, la strada del Pinot Bianco altoatesino, elegante e raffinato, è decisamente più agevole. Al contrario dei Pinot austriaci e tedeschi, spesso caratterizzate da residui zuccherini e profumi piuttosto evoluti e ipermaturi, i nostri sono più fruttati, freschi e agili e ben equipaggiati sul fronte sapido-salino-minerale. Insomma, un bel materiale di partenza.

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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