Il marchio Nero d’Avola Sicilia… Qualità?4 min read

Il Nero d’Avola ormai da molti anni è diventato, nel bene e nel male, un’icona del vino rosso siciliano. Durante la fiera veronese un’indagine commissionata da Vinitaly e svolta dalla società di ricerche Unicab/Axter ha presentato una serie di dati indicativi di questa tendenza.

Ad una domanda su quali fossero le regioni italiane più importanti per la produzione di vino rosso, la Sicilia secondo il 10,0% degli intervistati si è piazzata al terzo posto dopo Toscana e Piemonte. Ancora alla domanda su quale fosse il miglior vino italiano in assoluto dopo Brunello, Barolo, Chianti e Barbera è arrivato il Nero d’Avola staccando di alcune lunghezze nomi blasonati come il Sangiovese, il Prosecco, l’Amarone.

Insomma niente male per una regione come la Sicilia dove gran parte della produzione è rappresentata dalle uve bianche (63,8% della superficie vitata). Questo grande successo del Nero d’Avola, inizialmente coltivato solo nella parte orientale della Sicilia e poi in tutta la parte restante, ha acuito l’appetito di molti.

Infatti i produttori siciliani da tempo patiscono i tanti che “ hanno abusato del buon nome e dell’ottima reputazione del nostro storico vitigno – ha dichiarato Dario Cartabellotta, direttore dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino –  imbottigliando vini sfusi di basso prezzo, di dubbia provenienza, e realizzando un improprio vantaggio speculativo sulle produzioni e sulle aziende di qualità della Sicilia”.

Infatti non esistono, stante la situazione legislativa attuale e in attesa della Doc Sicilia, protezioni per il Nero d’Avola che si può acquistare e imbottigliare dovunque. Sia ben chiaro che in questa pratica non c’è nulla d’illecito e gli imbottigliatori seri svolgono un’importante funzione all’interno della filiera. Basti pensare che nel Chianti Classico Docg rappresentano poco più del 50% del vino imbottigliato, hanno contribuito al suo successo nel mondo e i controlli a cui sono sottoposti, molto rigorosi. La stessa cosa non si può dire del Nero d’Avola. 

Per tutta questa serie di motivi, l’Istituto Regionale della Vite e del Vino di Palermo ha proposto l’istituzione di un marchio di qualità e un disciplinare di riferimento che dovrebbero garantire la certificazione dei vini prodotti con questa varietà di uve e imbottigliati nel territorio siciliano. Si tratta di uno strumento in più – ha detto il presidente Irvv, Leonardo Agueci, durante la presentazione in anteprima al Vinitaly –  per valorizzare l’autenticità del vitigno principe della viticoltura siciliana, garantendo al consumatore maggiore trasparenza, completezza delle informazioni, garanzie sull’origine e l’imbottigliamento”. L’adesione al disciplinare sarà volontaria e la certificazione potrà essere rilasciata ai vini in bottiglia che rispondono ai requisiti prescritti dal disciplinare.

Il disciplinare del “Nero d’Avola Sicilia Qualità”

I vini che contengano un minimo 85% di Nero d’Avola e un massimo di 15% di vitigni autorizzati nelle diverse zone vitivinicole siciliane. Per quanto riguarda la zona di produzione l’art. 3 recita “ I territori di Sicilia a vocazione vitivinicola in cui il vitigno Nero d’Avola è tradizionalmente coltivato (Pastena -1990, Trattato di Viticoltura Italiana, Edizioni Agricole)”. Le operazioni di vinificazione delle uve Nero d’Avola, di maturazione e di affinamento dei vini da esse derivati devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione di cui all’art. 3. Nella vinificazione e maturazione del vino devono essere seguiti i criteri tecnici più razionali ed effettuate le pratiche enologiche atte a conferire al vino le migliori caratteristiche di qualità. Le tecniche di vinificazione utilizzate devono assicurare la massima estrazione possibile degli antociani e dei tannini dalle bucce dell’uva e, eventualmente, minimizzare il sapore amaro (attraverso la rimozione di una parte dei semi dell’uva a fermentazione iniziata, se lo stato di maturità dell’uva lo richiede). Infine i parametri analitici sono fissati in
– titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,5% vol;
– estratto non riduttore minimo: 25 g/l;
– acidità totale minima: 4,5 g/l;
– caratteri compositivi varietali tipici del vitigno nero d’Avola individuati attraverso l’analisi dei
precursori d’aroma, degli antociani e dei flavanoli, come risulta dagli studi effettuati sulla
caratterizzazione varietale di questo vitigno;
– contenuto di SO2 totale inferiore a 80 mg/L.
Sarà l’Istituto Regionale della Vite e del Vino a svolgere le attività di verifica per il rilascio ed il mantenimento del marchio, in conformità alla norma EN 4501.

A parte la genericità, per certi versi scontata, dell’art. 3, l’idea è un notevole passo avanti rispetto all’attuale situazione di indeterminatezza. Ora si tratta di vedere in quante aziende aderiranno e quanto si investirà per promuovere il marchio presso i consumatori. Auguri Nero d’Avola Sicilia Qualità.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE