Il destino di chiamarsi Bursôn3 min read

Nella pianura ravennate la terra è piatta, ma così piatta e liscia che basta una pedalata per fare il giro del paese. Anche la curva dell’orizzonte è piatta e si fa fatica a credere che la terra sia sferica, si ha piuttosto l’impressione di vivere su una tavola. Una tavola imbandita vista l’abbondanza di vecchie osterie e nuove trattorie disseminate lungo le strade che uniscono i piccoli paesi con la città di Ravenna, il capoluogo di provincia.

Ne troviamo da Bagnacavallo a Lugo, da Massalombarda a Conselice, e poi Boncellino, Sant’Agata e in mille altri luoghi uniti da campi coltivati a frutta, vite e cereali nonché dalla passione per il lavoro della terra.
Il viaggiatore in visita quindi non avrà che l’imbarazzo della scelta, troverà quasi ovunque piatti dalle proporzioni generose, più orientati su carne e verdure, prodighi nei sapori e ampi nella scelta.

Senza nulla togliere all’importanza storico-culturale di Ravenna, che con i suoi mosaici bizantini già da sola varrebbe una lunga sosta, merita un supplemento di attenzione il piccolo paese di Bagnacavallo, collocato nel cuore pulsante della bassa, in un territorio dove regnano spesso nebbie e afa.
Noto agli appassionati di vino per aver dato i natali alla manifestazione "figli di un bacco minore" dedicata ai piccoli vitigni autoctoni, Bagnacavallo ha dato i natali a personaggi divenuti famosi, come Leo Longanesi, giornalista, scrittore, editore, anticomunista nella terra dei comunisti, e chissà quante altre cose ancora, ma indubbiamente il più celebre e celebrato portatore del cognome Longanesi.

Al viaggiatore fornito di curiosità enoiche interesserà maggiormente un altro Longanesi, quello che ha prestato il cognome al vitigno autoctono bagnacavallese conosciuto in lingua vernacolare come Bursôn. Infatti Bursôn altro non è che il soprannome con il quale veniva chiamato Antonio Longanesi. Manipolando un aforisma di Leo: "lei è rustico?" /"lo ero!"/" lo sará ancora?"/"spero di no", si può ritrovare l’anima e l’aspirazione di questo vitigno nato aggrappato ad una quercia e salvato dall’estinzione per merito di un Longanesi.

Una vite dai caratteri rustici che i discendenti hanno conservato, diventando oggi i maggiori creditori delle fortune del vino che continua a portare orgoglioso il nome di Bursôn. Grazie alla tenacia di Daniele Longanesi, viticoltore sanguigno ed instancabile promotore del Bursôn, nel 1997 nasceva il consorzio che oggi vanta 16 produttori.

E’ stato adottato un rigido disciplinare produttivo e anche una bottiglia unica, una borgognona. Stesse tipologie per tutti: etichetta blu e nera. Nel 2000 finalmente, dopo un lungo iter, il cognome Longanesi diviene ufficialmente una varietà iscritta all’albo dei vigneti ed ora, con oltre una decina di vendemmie alle spalle, il Bursôn inizia a delinearsi con più precisione nei suoi caratteri essenziali.

L’area “ufficiale” di coltivazione è di circa 200 ettari tuttavia, nonostante le piccole dimensioni, al visitatore non mancheranno le occasioni per assaggiare il Bursôn vista l’ampia diffusione nei luoghi deputati al ristoro.

Questo vino impulsivo e focoso aspetta solo di farsi conoscere.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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