Il bello di San Vito (lo Capo): seconda parte5 min read

Continua l’epopea del nostro Solaroli  all’interno della tentacolare San Vito Lo Capo. Ne verremo mai a capo?

Dopo essere miracolosamente sopravissuto alla rilettura del mio primo pezzo, e all’aver individuato non meno di 4/500 errori, azione dunque non priva di risvolti investigativi, mi accingo a infliggere ai coraggiosi lettori di Winesurf un altro micidiale colpo.

 Si tratta naturalmente di un procedimento ad elevato contenuto scientifico, durante il quale si cercherà di capire come mai le teorie darwiniane sui processi di selezione non abbiano funzionato e come nel web persistano impunemente figure di dubbia capacità espressiva. Ogni riferimento al sottoscritto deve intendersi puramente casuale.

 

Dunque, una volta abbandonata la gastronomia sanvitese nella veste di “U Sfizziusu”, il locale che nessuna guida vi segnalerà mai,  correrò il rischio di parlarvi del locale che ogni guida non mancherà di segnalarvi. E se anche qualche guida l’avesse escluso,  a voi, turisti a San Vito, non sfuggirà di certo. Basterà incamminarvi per la via principale, diciamo verso le 20,30, e accodarvi alla lunga fila di persone e voilà, il gioco è fatto. Siete già in lista di attesa per andare da Gnà Sara. Prima però mandate il vostro/a compagno/a all’ingresso  a ritirare il biglietto numerato,stile lotteria della bambola anni 50, per assicurarvi un posto nel locale più gettonato di San Vito Lo Capo. 

Il successo di questo locale è inspiegabile, ci siamo andati tre volte senza venirne a capo (e non venire a capo di un locale a san Vito lo Capo è il massimo…n.d.r). Code chilometriche, tempi di attesa fuori del locale di un’oretta (in estate e nei week-end in bassa stagione), nei tavoli del dehors  si rischia la cottura “ a vapore”, e piatti senza particolare appeal creativo. Sarà (non è un gioco di parole) forse per via del fatto che Gnà Sara è cresciuta assieme al luogo che la ospita, da piccolo forno-pizzeria in una località semi-sconosciuta a fine anni ’70 sino ad oggi, locale affollato in uno dei luoghi più frequentati e più belli dell’intera Sicilia.

Se funzionale è il grande menù appeso fuori che consente ai clienti di giungere preparati sino al momento della interrogazione del cameriere, una volta conquistata la postazione, emozionante è lo stare in fila in attesa: ci si sente come alla prima alla Scala e si fanno chiacchiere e conoscenze. Una coppia di francesi sorridenti, vedendo la fila, mi ha chiesto che gruppo suonasse e  quando era previsto l’inizio.

Da assaggiare la pizza Rianata, pizza tipica sanvitese, con pomodorini, acciughe, aglio, formaggio pecorino e origano, fatta con pasta di buon spessore e croccante. Normali le Busiate alla trapanese e la pasta con le sarde , poi gli involtini di pesce spada e filetti di ricciola. Niente di irrinunciabile e niente da evitare, tutto ben fatto secondo lo standard sanvitese. A mio avviso però si abusa troppo del pangrattato , una volta inzuppato di olio e sottoposto a cottura, spesso ha l’aroma del riscaldo, e l’ eccesso di tostatura pregiudica la percezione di freschezza di tutti gli  ingredienti del piatto. La caponata, altro piatto tradizionale, non trova qui una delle migliori espressioni, ricchezza eccessiva e sapore esuberante.

Oggi il locale è gestito dal figlio Giuseppe e dalla moglie Katia.  Servizio ai tavoli veloce e cortesemente sollecito, quando la fila preme però….

Gnà Sara Via Duca degli Abruzzi, 8 Tel. 0923972100. Chiuso il Lunedì (non d’estate) Coperti una cinquantina. Prezzi: Un secondo, un contorno, una birra da 0,40 Euro 30,00, Pizza e Birra Euro 14,00. 

 

Sarebbe riduttivo ed ingeneroso limitarsi a propagare un’idea della ristorazione di San Vito dedita solamente ad acchiappare turisti “mordi e fuggi”, senza che questa situazione di solidità economica non costituisca un trampolino di lancio per sperimentazioni e rivisitazioni in chiave più creativa del grande patrimonio di prodotti che il territorio offre. Ci sono una paio di tavole che staccano dalla media grazie alla  passione che anima i proprietari. Una di queste è il Pocho, ricavato nell’ambito di un struttura che è anche Albergo.

Trovarlo è facile anche se per individuare l’insegna bisogna fare attenzione più alla scritta Albergo Ristorante che al nome Pocho. Che era poi il nome  del gatto  di Marilù Terrasi  la proprietaria del locale. Locale di atmosfera d’antàn, con vecchi oggetti di famiglia a fare da arredamento ed una grande competenza e passione per il pesce ed i prodotti locali. Purtroppo non c’è menù e la cosa più antipatica è dover chiedere il prezzo di ogni singolo piatto onde evitare sorprese.

Il menù è fatto giornalmente con ciò che si trova al mercato, pescando poi le ricette dalla memoria di famiglia. Il menù della nostra giornata è  servito in una tavola apparecchiata con tovaglie di cotone ricamato a mano; Cozze con tenerume (le cime erbacee delle zucchine siciliane lunghe sottili) e piccoli cubetti di formaggio, terrina di branzino e ricotta su letto di pomodoro, busiate con pesce spada, finocchietto e uva passita, imperdibili cappellini al pomodoro in nido di melanzane, involtini di pesce spada con patate al latte e per dessert una vecchia ricetta palermitana, gelo di melone al gelsomino. Carta dei vini essenziale.

Menù vino incluso(l’acqua servita è di fonte) Euro 47,00. Albergo Ristorante Pocho, Loc. Macari (San Vito Lo Capo) 0923.972525. Orari e chiusure: www.pocho.it

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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