I vini dell’isola greca dove Venezia voleva far estirpare i vigneti6 min read

Tinos è  l’isola del vento, dei miracoli della Madonna della chiesa di Panagia Evangelistria, delle seicento colombaie d’epoca veneziana e dei vigneti.

Tinos è l’isola che mi ha stregato ed è diventata la mia seconda casa.

Tinos è diventata famosa per il suo vino solo dal 2010, ma la vite ha svolto un ruolo importante nella sua storia agricola fin dai tempi antichi: qui il culto di Dioniso ha sempre avuto una posizione rilevante.

Secondo i ritrovamenti archeologici sull’isola sorgeva un tempio dedicato al dio del vino mentre nel Museo Archeologico di Tinos sono presenti numerosi reperti come anfore, calici da vino, e skyphos (è un tipo di vaso greco antico) risalenti al periodo geometrico che testimoniano il rapporto, la simbiosi degli abitanti di Tinos con il vino. Anche sulle antiche monete dell’isola sono raffigurate soggetti legati alla vite, ad esempio un’antica moneta raffigurante Bacco che tiene un acino d’uva nella mano destra.

Skyphos in mostra al Louvre.

Negli anni di Bisanzio e successivamente all’occupazione veneziana (1390-1715), si trovano riferimenti a molti contratti per l’acquisto di vigneti. Parecchi pure i riferimenti, nelle relazioni degli inviati veneziani sull’isola, al vino di buona qualità di Tinos. Un esempio è la relazione dell’ingegnere militare Francesco Basilicata (1630) affermante che i terrazzamenti fatti a mano di Tinos erano “Traboccanti di viti”:  il vino e il mosto venivano esportati principalmente a Venezia e nello Stato della Chiesa.

Una breve interruzione nella vinificazione fu causata dall’ordine veneziano di estirpare le vigne all’inizio del XVII secolo. Questa decisione fu presa nel contesto generale di riorganizzazione delle colture voluta dai veneziani, in modo che nell’isola aumentasse la produzione di cereali per poterla rendere autonoma… ma presto la viticoltura riprese.

In epoca moderna la produzione rimase notevole: nel 1940 si contavano 400 ettari vitati che però andarono man mano diminuendo fino ad arrivare al 1979 con “solamente” 175 ettari, arrivando nel 1985 ad una forte contrazione della produzione, che si ridusse quasi del 50% rispetto al periodo precedente.

La storia però non si cancella e nei primi anni ’90 Christos Fonsos inizia la vinificazione, con metodi moderni, delle varietà autoctone potamisi bianco e potamisi rosso. Nel 1997, Christos, crea la prima cantina moderna a Tinos con il primo imbottigliamento di vini in un suo garage nel villaggio di Komi.

Pochi anni dopo (inizio 2002), vengono fondati i Tiniaki Ampeolones di Alexandros Avatangelos, che hanno inaugurato il rilancio della viticoltura dell’isola, insieme al francese Gerard Margeon (del gruppo che fa capo a Alain Ducasse).  Margeon, riconoscendo il potenziale del terroir di Tinos, decise di investire nel “rinascimento” della vigna in un paesaggio che più inquietante non si può immaginare.

Oggi, l’azienda vinicola con il nome T-OINOS (un gioco di parole che si pronuncia TINOS), coltiva 13 ettari di vigneti di proprietà tutti ​​in regime biologico, si stima che raggiungeranno i 20 ettari entro il 2025. T-Oinos produce  30.000 bottiglie di vino in 6 etichette diverse, dalle varietà bianche Assyrtiko e Malagouzia sino alle varieta rosse, Mavrotragano e Augoustiatis. Questa cantina ha più volte ospitato Master of Wines per far conoscere il vino di Tinos nel mondo.

Nel 2004  inizia a produrre anche una piccola azienda vinicola con il nome Ballis: l’azienda si può visitare nel villaggio di Arnàdos e la sua cantina si trova in una grotta di circa 700 anni.

Dal 2010 le cantine spuntano come funghi, una dopo l’altra.

All’inizio del 2010 nasce la quarta azienda vinicola, “Volacus”, di Michalis Kontizas e della sua compagna Irene Delatolla, nei pressi del villaggio di Falatàdos.  Fra gli enormi massi granitici, i cosiddetti volakes (che paiono resti di una battaglia titanica), i due cominciano a coltivare  Mavrotragano, Assyrtiko e Rozakì: ultimamente stanno cominciando a sperimentare anche altre varietà locali.

Nel 2011 T. Kosmopoulos inizia a coltivare Assyrtiko, Mavrotragano e Mavrathiro e la cantina prende il nome X-Burgo, dal nome della montagna più imponente dell’isola (Exombourgo) ai cui suoi piedi si trovano le rovine del tempio di Dimitra, dea dell’agricoltura e della fertilità.

Un anno dopo Giannis Moraitis crea la cantina “Vaptistis” che coltiva Assyrtiko, Monemvasia, Mavrotragano, Mavrotheriko, Mandilaria e Aspro Potamisi.

Nello stesso anno l’antiquario francese Jerome Binder decide di vivere a Tinos e avvia l’azienda vinicola Kalathas. Inizialmente vinifica Potamisi bianco e nero, Komariano e Rozaki,acquistando uve da piccoli produttori locali, successivamente decide di piantare anche l’assyrtiko, grazie alle barbatelle regalategli addirittura da Charidimos Hatzidakis di Santorini.

Michalis Kontizas con la moglie

Nel 2019  una nuova cantina ha cominciato a  piantare e coltivare viti nella zona di Loutrà, mentre apprendo or ora che un produttore di Santorini ha acquistato un terreno nel paesaggio lunare di Volakas e si appresta a piantare Assyrtiko e Mavrotragano.

 

Nel mese di Agosto ho avuto il piacere di visitare i piccoli spazi della cantina Volacus. Michalis Kontizas mi stava aspettando per mostrarmi i suoi vigneti e degustare le nuove annate dei suoi vini. Persona ospitale e gentile ma quello che ho ammirato di Michalis è la sua modestia e la passione per tutto ciò che fa.

Dopo aver “domato” il paesaggio con tanto e faticoso lavoro manuale ha deciso di approfittare e utilizzare delle vecchie case in pietra (visto che è vietato costruire in questa zona), di alcune cellette, di un vecchio torchio e delle due aie (indizi che di precedente vita contadina) già presenti in loco. Inoltre ha deciso di creare un “vigneto visitabile”, quello di Volacus, dove si può passeggiare, ammirare il bellissimo panorama e assaggiare i suoi vini.

grappolo di assyrtiko

Al mio arrivo mi aspettava con un vassoio di ottimi formaggi e salumi di Tinos.

Abbiamo cominciato gli assaggi con l’ultimo nato: un vino rosato di nome Rosakì, annata 2020, prodotto da un vigneto di oltre 100 anni con rese molto basse, generalmente inferiori a 30 hl/ha. Il primo imbottigliamento è stato fatto con il 2018 e si trattava di solo900 bottiglie. Nel 2019, annata difficile, ha prodotto ancora meno, solo 500 bottiglie, mentre nel  2020 “ben” 1500.

Colore rosa pallido e profumi di frutta tenui al naso come pesca e fiori bianchi. Al palato leggermente grasso, con pochi tannini, ma con un perfetto equilibrio. Non amo i vini rosati ma questo mi ha veramente colpito.

Seconda bottiglia è il suo secondogenito, l’Assyrtiko annata 2020 da viti giovanissime di appena 7 anni.

Questo bianco rimane sui propri lieviti per sei mesi. In bocca aromi di agrumi, limone e un’intensa mineralità. Corpo pieno con acidità moderata, retrogusto con note di sale e iodio.

Il terzo vino assaggiato è la miglior Malagouzia che ho mai provato.

Finalmente una Malagouzia non banale con i soliti aromi fruttati e quasi femminili. Vino dagli aromi esplosivi di albicocca, note vegetali e minerali marcate al naso. In bocca mostra un’acidità di buona intensità e una leggera sapidità che personalmente amo. Un bianco che parla da solo.

Ormai il sole è tramontato ed è giunta ora di tornare a Triantaros e cominciare a  pensare al prossimo viaggio a Tinos per la Pasqua 2022, dove vi aspetto per poter provare insieme uno dei tanti splendidi vini della mia amata isola.

P.S. : Le bellezze di Tinos hanno stregato anche sei produttori Italiani. Nino Barraco (cantina Barraco, Marsala), Giovanni Scarfone (Bonavita, Faro) Francesco Ferreri (Tanca Nica, Pantelleria), Corrado e Valeria Dottori (La Distesa, Cupramontana), Francesco De Franco  (A’ Vita, Cirò) e Stefano Amerighi (Cortona, Toscana). Nell’estate del 2019 durante la loro vacanza a Tinos, hanno conosciuto e vissuto il significato del termine Halarà (ciò che si fa con calma, senza fretta!). Ispirandosi alle lente e succose vacanze a Tinos è nato Halarà, un rosso di Parpato in purezza, rara varietà autoctona della Sicilia.

Haris Papandreou

Arrivato a Firenze nel lontano 1985 con studi in economia e commercio. Attualmente segretario del Consolato Onorario della Grecia a Firenze e responsabile della parte economica in un studio tecnico. Appassionato di vino e organizzatore di diverse degustazioni di vino greco a Firenze.


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