Appena aperta l’attenta mappa di Alessandro Masnaghetti sul Monferrato Casalese ti si presenta davanti un territorio che, a me, ha ricordato alla lontana gli Stati Uniti.
Ovviamente le differenze sono macroscopiche ma tra quella nazione e il Monferrato, oltre ad una vaga somiglianza nei confini c’è un piccolo punto di contatto ed è l’estensione: enorme per gli USA e, se la trasliamo nei territori del mondo del vino, enorme anche per il Monferrato. Si parla infatti di circa 1800 Km², anche se questa cifra comprende i vari territori che ricadono sotto il Monferrato (Alto e Medio Astigiano; Alto, Medio, Basso Monferrato). Il Monferrato Casalese è una porzione di questa ampia terra piemontese, ma sempre un territorio vasto e con produzione storicamente rilevanti.

Per la prima volta, grazie al Consorzio Colline del Monferrato Casalese, siamo riusciti a fare un assaggio dei vini del territorio, non molto ampio in realtà ma più che sufficiente per farsi un quadro chiaro, specie per quanto riguarda il vitigno a cui noi puntavamo maggiormente, il Grignolino del Monferrato Casalese (senza scordarsi la Barbera del Monferrato).
Vi domanderete perché questo interesse per il Grignolino del Monferrato Casalese, semplicemente perché è un vino/ vitigno “sfortunato”, perché ha caratteristiche che il mercato oggi non apprezza, come una certa rusticità tannica, che in passato i produttori tendevano quasi a evidenziare.
Ma se c’è un vitigno in Piemonte che ha fatto nell’ultimi dieci anni un percorso virtuoso questo è proprio il Grignolino, in particola quello del Monferrato Casalese, che ha saputo cambiare senza per questo mutarsi in altro o rinnegare le proprie caratteristiche. Questo grazie a produttori che hanno capito come coltivarlo ma soprattutto come vinificarlo, arrotondando la parte tannica mantenendo però la freschezza e il generale equilibrio. Importantissima anche la parte aromatica, che in passato risultava più ovattata e che oggi punta nettamente su note floreali e fruttate.

In definitiva un cambio di pelle che ci interessava da anni e quindi ci siamo messi di fronte ad una trentina di campioni (una discreta fetta composti da barbera, di cui parleremo dopo) con grande curiosità.
Una caratteristica del Grignolino nel Monferrato Casalese è una maggiore struttura, che permette anche un notevole adattamento all’invecchiamento. Questa caratteristica è un po’ “croce e delizia del vino” perché la modernità che riscontriamo nei vini d’annata o comunque giovani, cioè bei profumi e corpo dinamico grazie a tannini presenti e importanti ma quasi sempre rotondi e ben bilanciati, nei vini da invecchiamento si trasforma in un “deja vu” di tannicità che ha bisogno di molto tempo per essere domata. Inoltre spesso è affiancata da legni che coprono il frutto e più che smussare aggiungono tannini a chi non ne ha certo bisogno.
Quindi il Grignolino del Monferrato Casalese ci ha mostrato una faccia moderna in gioventù e una più antica “nella maturità” e la speranza è che la prima insegni alla seconda la strada per il futuro. Qui si innesca il discorso sul Monferace, cioè un Grignolino che può entrare in commercio solo dopo oltre 3 anni e deve passarne due in legno. Pur rispettando l’idea che il Grignolino del Monferrato ha ottime possibilità di invecchiamento ci sembra che gli sforzi dovrebbero essere convogliati più sulle grandi potenzialità dei Grignolino giovani, sicuramente i più adatti all’attuale mercato del vino.

Per quanto riguarda le Barbera del Monferrato degustate non possiamo che confermare quanto abbiamo sempre detto su questo vitigno: sfruttare la sua giovinezza è basilare e riuscire a mantenerlo giovane senza appesantirlo con dosi non omeopatiche di legno o cercando concentrazioni poco performanti è fondamentale. Purtroppo spesso questo non succede, nel Monferrato come nell’Astigiano o in Langa.
Un solo Vino Top non è certo molto ma la cosa importante e che quasi il 65% dei vini degustati ha raggiunto i nostri 80 punti (che, lo ripetiamo sempre, per noi non sono pochi) e in questo 65% la stragrande maggioranza sono vini giovani, cioè la vera carta, per noi, per questa bellissima terra di farsi conoscere fuori dai confini regionali.
Ultimissima annotazione per i campioni di Rubino di Cantavenna e Gabiano, vini indubbiamente ben fatti, equilibrati, ma purtroppo figli di denominazioni di cui, come per molte altri DOC sparse per lo stivale, continuiamo a chiederci la reale utilità.