Greek Wine Day: la Grecia in Italia tra ottime scelte e ottimi vini 4 min read

Di solito delle manifestazioni si parla prima, ma della terza edizione del Greek Wine Day, che si è svolto il primo novembre a Firenze nelle sale dell’Hotel Albani, è sicuramente meglio parlarne dopo per una serie di motivi che, come dicevano un tempo in televisione, vi vado a presentare.

Fegato

Chi organizza manifestazioni sul vino lo sa quanto sia difficile coinvolgere produttori, ancor di più se questi devono arrivare dall’estero. Se poi la nazione dove si svolge la manifestazione non è storicamente una importatrice dei vini di quei produttori gli organizzatori si trovano davanti, visto che si parla di Grecia, ad una mitologica serie di fatiche di Ercole. Ho detto organizzatori? Mi sono sbagliato, volevo dire organizzatore, cioè il nostro Haris Papandreou che di mestiere fa tutt’altro ma è un grande appassionato di vino e soprattutto grande sostenitore dei vini della sua terra. Per questo, per riuscire a portare in Italia 20 produttori greci credo gli siano serviti almeno altrettanti fegati. Lo posso testimoniare dopo ripetute telefonate in cui Haris si sfogava con me per una infinita serie di problemi, tutti poi brillantemente risolti.

Haris durante la breve conferenza stampa iniziale

Produttori

Fegati a parte il lavoro che ha fatto Haris è stato veramente notevole perché ha portato produttori da ogni parte della Grecia, partendo dalla Tracia a nord  e, passando per Santorini, arrivando fino a Creta. Attenzione, a parte il caso di un produttore che si è dovuto operare di urgenza tutti gli altri erano presenti a Firenze, anche se molti non avevano importatori italiani. Abbiamo quindi potuto assaggiare vini mai visti e conosciuti.

Location

Oramai le manifestazioni sul vino sono eventi e si svolgono rigorosamente in una location: quella dove si è tenuto il Greek Wine Day era veramente adatta. Sala molto grande e ben illuminata a 100 metri dalla stazione centrale di Firenze. Un luogo perfetto per la degustazione, anche con spazi dove potersi rilassare e sedere.

Vini

Oltre 120 etichette in degustazione sono un numero troppo grande per poterle degustare tutte e quindi ognuno ha fatto le sue scelte. Personalmente mi sono concentrato sui bianchi con alcune digressioni finali sui rossi. In generale, i bianchi greci non hanno niente da invidiare a quelli italiani, specie per quanto riguarda ciò che adesso va più di moda, cioè freschezza, sapidità, aromaticità netta ma non eccessiva. Il primo vino/vitigno che viene in mente è l’assyrtiko che fa rima con Santorini, ma durante la degustazione ho assaggiato degli ottimi bianchi a base di vidianò e malagousia. La media, specie per gli assyrtiko è indubbiamente alta, come purtroppo è alta l’incidenza della “voglia di strafare per mettersi in evidenza”, cosa che accade pure in italia. Quindi bianchi ovattati da dosi inutili di legno, anfore utilizzate solo per poterlo dire, fermentazioni troppo spinte con risultati risibili, facevano da contorno a tanti ottimi bianchi, fatti con grazia e semplicità.

Ma le eccezioni alla voglia di strafare c’erano e proprio di una queste è giusto parlare, il Blanc des Coteaux  2022 di Thymiopoulos, un uvaggio tra  assyrtiko, malagousia, vidianò e aidani maturato in anfora. Un vino finissimo e complesso, di rara pienezza e austerità, che mi ha lasciato veramente a bocca aperta.

Sul fronte dei rossi, fermo restando l’importanza dello xinomavro che però trovo quasi sempre con tannini un po’ troppo rustici, voglio parlarvi di quello che potrei definire il pinot nero della Grecia, il Limnio, in particolare nella versione 2019 della cantina Anatolikos. Naso con bel frutto ma soprattutto corpo setoso, equilibrato, rotondo ma con giusta freschezza. I tannini ci sono ma non si sentono e l’insieme sprizza eleganza da tutti i pori. Un rosso moderno e godibilissimo.

Ressa

Uno dei pregi della manifestazione, che ha avuto come importante partner FISAR, è stata la creazione del numero chiuso per i biglietti, quindi in sala c’era gente ma la ressa di manifestazioni come Merano è stata evitata fin dall’inizio. Quindi tanti buoni motivi a posteriori anche per sperare (fegati di Haris permettendo) in una quarta edizione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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