Dopo il Greek Wine Day del 1° novembre a Firenze mi sono preso qualche giorno per riflettere su questa manifestazione e su quanto mi ha detto e lasciato nella memoria. Non dirò “manifestazione ben riuscita”, questo casomai potrete dirlo (o non dirlo) voi dopo aver letto queste righe.
La prima cosa che mi ha fatto pensare è stato il numero di aziende presenti: 49. Se pensiamo che i produttori/imbottigliatori di vino in Grecia sono non certo più di un decimo (ma forse meno) di quelli italiani, considerando anche la forza economica delle cantine e del movimento enoico greco, sarebbe come se almeno 500 produttori italiani fossero andati a fare una manifestazione a Londra o a Parigi. Quando mai si sono viste 500 aziende italiane, tutte assieme, all’estero?

Sicuramente mai, ma ne abbiamo viste 49 greche a Firenze. Già questa prima riflessione mette in primo piano il grande lavoro fatto da Haris Papandreou, lavoro non da sgamato organizzatore di eventi, ma da semplice appassionato di vino, da persona che un’ora prima dell’inizio era in maniche di camicia a sistemare mille cose, che si è trovato a gestire le classiche difficoltà che ogni manifestazione porta con sé.
Ma torniamo alle 49 aziende e agli assaggi: forse qualcuno ha sentito la mancanza di una/due degustazioni tematiche (oggi si chiamano Masterclass) e in effetti potevano essere la ciliegina sulla torta ma c’era anche tanta torta da godere nella grande sala di degustazione.
Personalmente mi sono concentrato sui bianchi, con alcune mirate fughe verso i rosati. L’ho fatto perché Haris mi ha avvicinato ai vini di quella storica terra partendo dagli Assyrtiko di Santorini e l’imprinting ha sempre un suo peso. In certi momenti i vini erano solo una scusa per parlare con produttori di isole e terre da me amate e visitate più volte (una su tutte Creta) e capire che aldilà dell’assyrtiko, che ormai è il minimo comun denominatore della viticoltura greca, ci sono altre uve e altri vini che stanno crescendo benissimo. Tra l’altro l’assyrtiko da anni è piantato e vinificato anche in Italia, spesso facendolo passare per altre uve a bacca bianca.

Ma questi incontri tra uve, vini e mondo greco l’ho potuto fare grazie a quella che chiamerei “comodità di degustazione”: infatti il Greek Wine Day ha avuto molti visitatori ma straordinariamente ben scaglionati nell’arco della giornata e questo permetteva di parlare con i produttori (non pochi parlano italiano) non solo di vino ma della loro terra e delle loro idee.
Mi ha fatto piacere che una persona di grande cultura, non solo enoica, come il MW Gabriele Gorelli fosse presente non solo per degustare ma perché impegnato in una società che prova a far conoscere alcuni vini greci in Italia e mi ha fatto ancor più piacere sapere che sempre più cantine vengono importate nel nostro paese.
Ma torniamo ai vini: non farò nomi e cognomi ma credo sia giusto rimarcare che i bianchi greci hanno ben poco da invidiare a quelli italiani. Certo non hanno la varietà di uve che abbiamo in Italia ma non sono solo “assyrtiko dipendenti”. Per certi versi non stanno facendo gli errori fatti da noi 30-40 anni fa puntando quasi soltanto su uve alloctone per poi tornare indietro verso le nostre autoctone: la stragrande maggioranza dei vini degustati era da uve native della Grecia continentale e delle sue isole e questo, per me, è un bel segnale.

Quindi credo che sia più che giusto pensare ad un Greek Wine Day non solo per il 2026 ma almeno per il prossimo decennio, magari sempre a Firenze, speriamo con ancora più cantine e magari con incontri mirati su alcune realtà.
Del resto se per un grande filosofo greco come Aristotele la conoscenza iniziava dai sensi, diciamo che il Greek Wine Day 2025 ci ha messo, piacevolmente, su questa strada.
