Gin “Made in Tuscany”6 min read

Abbiamo sguinzagliato i nostri “segu-gin” Alessandro Bosticco e Barbara Amoroso sulle tracce toscane di questo liquore molto di moda. Alessandro ha inquadrato il mondo toscano del Gin mentre Barbara lo ha corredato di goduriosi cocktail.

Durante decenni di passeggiate toscane ho sempre notato qua e là i cespugli di ginepro: basta allontanarsi un po’ da vigneti e oliveti per scorgerli in mezzo alla macchia spontanea. Sui Monti del Chianti, per dire, ne ho raccolto spesso le bacche per gli umidi di cacciagione (con le dovute cautele, le foglie sono aghi pungenti!). Gli arbusti, sempre verdi, portano i fruttini sui rami per più di una stagione: i loro colori sono diversi, perché diversi sono i lunghi tempi di maturazione.

Il juniperus communis sta nella stessa famiglia dei cipressi, a sua volta parte delle conifere. Del resto l’aroma delle bacche è dominato dal pinene, che si ritrova nelle resine e che noi del vino definiamo senza esitazione “balsamico”. Qualche piccola doga di legno di ginepro l’ho vista persino in certi caratelli da Vin Santo.

Poi nelle mie frequentazioni oltremanica sono venuto a sapere che il classico gin inglese si è basato per svariati decenni su materia prima raccolta prevelentemente in zona mediterranea, anche se gli arbusti di ginepro non mancano neppure nel Regno Unito. La Toscana e l’Umbria risultano zone ad alta vocazione: abbiamo verificato, e in effetti tra le province di Firenze e Arezzo in particolare si trova un’area di grande diffusione, dove sono all’opera raccoglitori e venditori. Non a caso il capostipite storico dei gin toscani, nato prima di tutte le mode, è il mitico Dry Gin Vallombrosa, prodotto dai monaci di questa località basandosi su una cultivar a diffusione limitata, tra San Sepolcro e Pieve Santo Stefano. Oserei la parola terroir.

Ma era prevedibile che a un certo punto qualche mente locale più vocata al commercio pensasse ad associare il distillato al nome della regione, che è sempre un grande brand. Ed eccoci al gin “Made in Tuscany”.

Tornando in Chianti, per esempio, a Castellina qualche anno fa è apparso Senensis, che annovera fra gli ingredienti persino foglie di vite e di olivo selezionate dalla sapienza di un’azienda vinicola ben nota come Rocca delle Macie.

Che in generale la filiera sia tutta toscana rimane poi da vedere. Gli ingredienti sono infatti numerosi: è vero che le bacche sono molto odorose (le “coccole aulenti” della Pioggia nel pineto di D’annunzio) e danno il tono aromatico principale. E c’è anche una nota distilleria, la Nannoni di Civitella Paganico (GR) che si vanta proprio di usare solo solo quelle (e solo locali) per il suo Gin puro e schietto, riservando al suo Gingillo ulteriori contributi aromatici.

In effetti di norma la scelta di altri botanicals oltre al ginepro è d’obbligo e risulta determinante. Magari questi sono di specie esotiche, ed è un classico; c’è poi da considerare la materia prima cioè il carburante di base per la distillazione, fornito da qualche cereale con origine da verificare. Su questo Il Ginepraio, oltre ad avere il nome più simpatico, dichiara che il grano proviene dal Mugello. La Levante Spirits che lo produce utilizza persino l’elicriso, piantina spontanea diffusa in Toscana dal profumo straordinario ma notoriamente molto restia a concedersi per usi gastronomici. Il tutto è pure bio. La versione “Amphora Navy Strenght” è addirittura affinata in cocciopesto e offre il tasso alcolico finale di 57°, una gradazione da whisky “cask strenght”.

A essere perfezionisti perfino l’acqua può essere di territorio, visto che alla fine è più di metà del gin che ci godiamo. Ed ecco che il Camellia gin si vanta di usare una sorgente locale oltre ai petali della camellia sinensis, proprio la pianta del tè stranamente ma tradizionalmente presente nella Lucchesia.

Insomma è un bel ventaglio di ingredienti e processi che è difficile ricondurre tutti in ambito strettamente regionale. Sono precisazioni importanti? Ci si muove verso una qualche menzione di origine? Non direi per il momento, casomai verso un’identità nazionale. Del resto interessanti gin “tricolori” prodotti in altre regioni non mancano. In ogni caso questi prodotti tuscan sounding che abbiamo assaggiato sono certamente di qualità e stanno in fascia alta, ben lontani dagli intrugli storici con cui disgraziatamente si intossicavano tanti inglesi ai tempi della celebre stampa Gin lane di William Hogart, a metà del ‘700.

Tra i toscani più artigianali è certamente Peter in Florence, che distilla nel proprio piccolo impianto discontinuo di Pelago (FI) con le essenze rigorosamente nel cestello  nel più schietto stile London Dry. Qui si usa anche l’iris, che più fiorentino non è possibile, e abbiamo visto pure un campo di coriandolo, coltivato apposta. Un “Gin agricolo”, da una bella fattoria che merita una visita.

Sabatini Cortona di assolutamente locale ha i nove botanicals, in quanto coltivati prevalentemente in azienda, non lontano dalla cittadina. La “ricetta” porta  comunque un accento inglese, essendo frutto della consulenza del mastro distillatore Charles Maxwell della Thames Distillery.

Ma in Toscana non poteva mancare un nome legato all’arte, ed eccoci al Gin David, autodefinito “luxury gin” ed evocativo di bellezza ed eleganza come fosse un profumo (e non escluderei che come tale possa funzionare, dopotutto).

Per il long drink più classico rimaniamo in attesa di un’offerta di acque toniche altrettanto “toscane” (chinino a parte…) e potenzialmente altrettanto interessanti. Intanto vi suggerisco di osservare i ginepri con più attenzione durante la prossima passeggiata, in Toscana o altrove. Sono piante dioiche, vale a dire che gli esemplari sono o maschili o femminili. Buon divertimento a riconoscerli!

 

Gin made in Tuscany in Action

 

Per didattica e curiosità noi abbiamo degustato alcuni dei tuscany gin di cui vi abbiamo parlato in purezza, un’esperienza sensoriale che consigliamo assolutamente, ma abbiamo pensato di farci proporre tre cocktail originali e toscani dalla A alla Z, da altrettanti professionisti autoctoni che potete dilettarvi a preparare con ghiaccio e shaker a casa e magari in ottima in compagnia.

Sangi Tai by Il Gingegnere

Lorenzo Borgianni, aka Il Gingegnere, barman scuola AIBES, Bar Manager dell’hotel La Cisterna di San Gimignano, racconta il Gin sulla sua pagina Instagram.

«Rivisitazione del Mai Tai, il Sangi Tai mi riporta a un mio viaggio in Thailandia, unendo eccellenze Toscane (Sabatini Gin e Zafferano Dop), ai sapori speziati ed esotici della tradizione Thai».

4,5 cl Sabatini Gin

1,5 cl Orange Curaçao

2,5 cl lime

1,5 cl sciroppo di zafferano e Chili Thai (homemade)

2 cl albume d’uovo

Special Negroni  by I Parolai

Locale della movida senese, all’azzeramento di questa per l’emergenza Covid19 ha risposto con i “Tonici per lo spirito”: vini, birre e cocktails imbottigliati e consegnati a domicilio. La loro proposta? Lo Special Negroni:

3 cl Bitter Amaranto

3 cl Vermut Senensis

3 cl Gin Senensis

L’Insolente by Mauro Ricioppo

Barman AIBES, dal 1998 miscela in lungo e largo: da Cervinia Disco Club al Copa Pan, alle discoteche fiorentine e trentine. A Siena i suoi cocktail hanno riempito i banconi di Nannini, La Costarella, Manganelli, Cafè del Corso, Bar Palio, La Favorita, Café d’Autore.

4,5 cl gin Peter of Florence

1,5 cl succo di limone

1,5 sciroppo di zucchero

6 cl di soda

1 goccia di Angostura

 

Alessandro Bosticco e Barbara Amoroso

Redazione

La squadra direbbe Groucho Marx che è composta da “Persone che non vorrebbero far parte di un club che accetti tipi come loro”. In altre parole: giornalisti, esperti ed appassionati perfetti per fare un lavoro serio ma non serioso. Altri si aggiungeranno a breve, specialmente dall’estero, con l’obbiettivo di creare un gruppo su cui “Non tramonti mai il sole”.


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