29 settembre: a Carmignano ogni anno è il primo giorno utile per imbottigliare la Riserva di Carmignano, frutto della vendemmia di tre anni prima; ed è anche la festa di San Michele, patrono del paese che dà il nome al vino. Così per questo 2022 a Capezzana, l’azienda più significativa del territorio, la famiglia Contini Bonacossi ha fatto sua la festa. Si sono celebrati quarant’anni di vita del Ghiaie della Furba, che comunque non è un Carmignano DOCG ma un IGT, e decisamente diverso.
Peraltro l’evento è stato condotto in modo tale da risultare una viva e interessante esplorazione della realtà aziendale e non solo, come subito ha chiarito l’intervento di apertura di Giovanni Contini.
Da storico non direttamente coinvolto nella gestione della fattoria ci ha ricordato le secolari tracce enologiche del territorio: dal documento dell’archivio di Stato di Firenze attestante la produzione di vino e olio proprio a Capezzana nell’804 DC alla trecentesca menzione da parte di Giovanni Datini, all’editto del granduca Cosimo III del 1716 che delimitò per legge questo e altri territori in quella che risulta la prima Denominazione al mondo.

Giovanni ci ha pure detto che la varietà presente in zona da lungo tempo col nome di “uva francesca” è cabernet franc. Il che ci ha introdotto al vino da festeggiare, perché negli anni ’70 Ugo Contini Bonacossi, confortato dal figlio Vittorio, pensò a un prodotto particolare basato proprio su un taglio bordolese: un terzo a testa per cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot. Anche i terreni furono individuati pensando alla Gironda, con la scelta delle “ghiaie” alluvionali che ritroviamo nel nome del vino; quanto alla Furba, si tratta di un torrente che scorre giù dal Montalbano. Il primo campione assaggiato è stato un 1979, con ceralacca sul tappo e l’etichetta “Vide” che al tempo associava diverse aziende italiane desiderose di distinguersi, dietro indicazione di Gigi Veronelli.
Un “Vino da tavola” ancora vivissimo per acidità e persistenza, molto fresco anche al naso (erbe officinali e iodio, come puntualizza Franco Bernabei consulente dal 2013, ben presente alla verticale).
È seguito l’85, pieno ma equilibrato e molto piacevole con sentori di terra e goudron. Tuttavia per il ’94 del terzo assaggio le cose erano già cambiate, e qui è stato Filippo Contini a dare un’idea del contributo dei vari vigneti: il merlot veniva sempre dai terreni intorno alla Furba, ma l’uvaggio vedeva un 60% di cabernet sauvignon cresciuto più in alto, a scapito del franc. Colore carico e tannini vivi, nel bouquet anche la classica viola chiantigiana.

E a proposito del Chianti a Capezzana la denominazione fu definitivamente abbandonata nel 1998 per concentrarsi sul Carmignano, anno in cui Benedetta Contini ci ha raccontato di aver preso la direzione della cantina. Il Ghiaie stava cambiando ancora, con l’iniezione di un 10% di Syrah: per quell’anno ci ha lasciato un gran frutto al naso e in bocca, che insieme a qualche traccia residua di legno ha dato l’impressione di un vino dal lungo futuro.
Benedetta ha sottolineato qui il contributo del cabernet sauvignon del vigneto Sant’Alessandro, che costituisce tuttora una grande risorsa di Capezzana. Il seguente 2000 si è manifestato…come un classico 2000: ricordo di marmellata nel bouquet, in combinazione con tabacco e balsamico; abbastanza sapido e armonico nonostante la struttrura imponente (estratto secco a più di 36 gr/lt secondo i dati originali puntualmente forniti).
Il millesimo 2006 ha dato l’impressione di relativa giovinezza: piuttosto chiuso eppure gradevole al naso, asciutto e persistente in bocca. Più immediato e più slanciato, si fa per dire, il 2010: grande freschezza nel gusto, mentre la parte aromatica sta fra il terroso e il medicinale.

Benedetta ha raccontato che dal 2015 sono entrati in azione i lieviti autoctoni, studiati negli anni seguenti in collaborazione con l’Università di Firenze. Non saprei se è per questo ma l’alcol del millesimo supera i 15° e il vino è denso, quasi masticabile, con combinazione di fruttato e sottobosco. La tinta è coerentemente ben scura.
La problematica annata ’17, con una resa di circa un quinto rispetto al solito, è stata l’occasione per l’intervento delle voci impegnate nella gestione agronomica, da Gaddo Contini al consulente Andrea Beconcini agli altri giovani collaboratori con la testa rivolta a fronteggiare i cambiamenti climatici.
In effetti tutta Capezzana è particolarmente impegnata nei vigneti; l’azienda è biologica e una ricerca in corso sta monitorando il comportamento di certe viti lungo quattro anni, per vedere quali ceppi reagiscono meglio alle distorsioni del meteo. Il millesimo si è rivelato comunque molto fitto e grintoso, con timbro misto fruttato-vegetale; e ha manifestato pure quel sentore ferro-iodato che sembra ricorrere spesso per questa etichetta. Diversi assaggiatori presenti gli hanno pronosticato vita molto lunga.
E in effetti a proposito dei commenti in sala va detto che si è trattato di una verticale molto partecipata, con vari interventi anche da parte degli invitati sotto la direzione d’orchestra di Beatrice Contini. Alla fine l’annata 2019 nonostante la gioventù è forse quella che ha più entusiasmato per il sorso piacevole ed elegante nonostante anche qui i dati analitici siano impressionanti. Mi ha ricordato la mora e la viola, il finale di bocca la mandorla.

Ricorderò questa degustazione come davvero particolare, assai dinamica per i cambiamenti raccontati e per i profili di gusto che hanno marcato lo sforzo di ricerca intorno a un uvaggio che, pur diverso negli anni (come del resto la grafica delle etichette), rimane una singolarità. E la festa ha avuto un gran finale con il pranzo nella mitica vinsantaia, quest’anno stracolma di uve in appassimento.
Aspetteremo con grande interesse anche questo Vin Santo di Carmignano 2022.