Il Consorzio del Colli orientali del Friuli si tinge di rosso e non solo. Le degustazioni di Winesurf cominciate a Luglio con i bianchi giungono al termine con l l’assaggio dei vini dolci e dei vini rossi prodotti nella zona di produzione della DOC e DOCG Colli orientali del Friuli.
Strappo alla regola: anziché dulcis in fundo le nostre 3 giornate di assaggi cominciano con la degustazione di 50 vini dolci tra cui il Verduzzo e le 2 DOCG regionali: il Ramandolo e il Picolit. Il quadro è comunque piuttosto chiaro per quanto riguarda le 3 tipologie: il Verduzzo si presenta come un vino che non spicca per un quadro aromatico importante e tra i vini degustati si segnala solo qualche eccellenza. Come è noto la varietà, nella variante del Verduzzo di Ramandolo, dà vita alla prima DOCG regionale, il Ramandolo. In questo caso la situazione è piuttosto omogenea, ma non standardizzata: la tipologia è in crescita, nessuna nota stonata e la varietà appare bene identificata nel vino ed in stretta correlazione con il territorio, nonostante le annate e i tempi diversi di appassimento che ogni azienda determina per il proprio prodotto. Ciò denota il lavoro di gruppo che i produttori della zona del Ramandolo svolgono per valorizzare la loro zona di produzione.
Situazione meno chiara per quanto riguarda il Picolit: matematicamente parlando non si riesce a percepire un comune denominatore tra i vini degustati; in una buona percentuale dei vini lo spessore è importante, ma non c’è omogeneità o riconducibilità netta alla tipologia. Ogni Picolit diventa un vino a se e ci si trova davanti un panorama organolettico non molto chiaro e delineato.
Le ultime due giornate sono all’insegna dei rossi. Nel panorama della produzione friulana il 50% appena è prodotto da vitigni autoctoni, come Refosco dal peduncolo rosso, Pignolo e Schioppettino, il resto è dedicato agli internazionali come Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc (che in realtà è Carmenere) e qualche Pinot nero.
La strada che dovrà percorrere il Refosco è ancora lunga: la buona acidità tipica della tipologia è spesso appesantita da una componente tannica poco matura e piacevole, piuttosto ruvida. Il frutto è pulito, i colori sempre vivaci, ma l’esame gustativo non trova corrispondenza con l’olfattivo. Il Refosco ha delle buone potenzialità, ma non vengono sfruttate appieno. Forse se ci si concentrasse più sulla tipologia, tralasciando altre varietà come il Pinot nero (che oltre a non avere una massa critica adeguata non riesce comunque a raggiungere l’eleganza dei fratelli altoatesini e trentini), si otterrebbero sicuramente risultati migliori.
Interessanti i Merlot vinificati in purezza: puliti al naso, i tannini morbidi, solo in pochi casi prodotti al limite della sufficienza, per il resto la qualità è apprezzabile, ma raggiungono un’espressione più completa negli uvaggi.
La famiglia dei Cabernet si presenta alquanto diversificata: nel corso degli ultimi anni comincia a perdere terreno il Cabernet Sauvignon, e solo in pochissimi casi riesce a esprimere le caratteristiche della varietà, abbassando notevolmente le rese per ettaro con il conseguente aumento dei costi di produzione. Deludono i Cabernet Franc, alias Carmenere: diversi i prodotti non puliti al naso, scarsi nei profumi dove spesso non è soltanto l’erbaceo a dominare. Poca attenzione quindi per un vino forse considerato tipico da “osteria”; sicuramente la tipologia non rende giustizia al panorama dei rossi friulani.
Sentori speziati e puliti dovrebbero caratterizzare lo Schioppettino, un vino alla ribalta nella tradizione degli autoctoni friulani. Dovrebbero…perché in parecchi casi il legno sovrasta tutto rendendo anonima e irriconoscibile una tipologia che se venisse rispettata sarebbe in grado di manifestare caratteristiche precise e piacevolissime. Su 18 Schioppettino solamente 4 sono stati in grado di regalare il classico sentore di pepe, senza la necessità che questo venga mascherato dall’uso smodato del legno.
Il Pignolo è stato una sorpresa: i più giovani scalpitano ancora, i tannini eccessivamente asciutti e vivaci ci descrivono una tipologia che necessità di tempo e affinamento prima di essere degustata. Solo qualche anno in più e l’ausilio “cum grano salis” magari di qualche altra varietà che ne ammorbidisca i tratti possono regalarci grandi Pignolo. La produzione ancora scarsa e il numero esiguo di produttori che decidono di investire tempo e risorse fa del pignolo un vino di nicchia, un vino che riesce a ritagliarsi un mercato interessante solamente in regione.
Negli uvaggi si completano tutte le varietà: spesso sono frutto anche di 4-5 tipologie ognuna delle quali completa le mancanze dell’altra. In molti altri casi invece l’uvaggio nasce perché la varietà posseduta dal viticoltore da sola non farebbe massa critica capace di ritagliarsi un posticino sul mercato.
Le nostre sessioni di degustazioni sono state completate dal Tazzelenghe, varietà alla ribalta nella produzione friulana; ci si sarebbe aspettati una varietà ostica, ruvida e mordace, invece risultano ingentiliti, ruffiani, forse eccessivamente. L’impressione è però quella che proprio per l’ambizione di voler produrre tutto si rischia di perdere da un punto di vista qualitativo varietà autoctone, come il Refosco, che avrebbero la possibilità di muovere il mercato dei rossi in FVG …ed è indicativo che su 8 vini rossi premiati con 3 stelle sulla Guida dei vini del FVG 4 siano Merlot, 1 Cabernet Franc, 1 Pignolo e solamente 2 i Refosco dal Peduncolo Rosso.