Fiano 2009 Basilicata igt: cosa vuoi di più dalla vita? Un lucano!2 min read

Sulla quantità le uve viaggiavano dal Centro al Sud, da Oriente a Occidente. Dopo la rivoluzione vitivinicola il viaggio è perfettamente invertito: dilaga l’Aglianico poco poco prolifico lungo Minervino Murge, oltre il Castello eclettico di Corato, sino alle Murge, si faccia sull’Adriatico a Campomarino e sullo Jonio calabro a Monte Giordano. Viaggia la Falanghina nella Daunia verde e oro, si ritova con i Pentri molisani, sfonda al piccolo trotto il Fiano sin nel Salento sbaragliando grassi Chardonnay e pilateschi Sauvignon.

 

Il bianco ha avuto difficoltà a farsi spazio nel Vulture, proprio dove invece il freddo, l’escursione termica, il suolo vulcanico, creano un percorso unico con l’Irpinia senza soluzione di continuità. Le viticolture rossiste sono così, senza un motivo se non ancestrali pregiudizi rupestri e prassi di piccolo commercio.
I grappoli di fiano della famiglia Carbone, collina panoramica sopra Melfi, erano allora di Paternoster nel Bianco di Corte e per un anno anche dei Feudi, poi il 2008 la prima uscita segnata da eccesso di morbidezza piaciona annunciata da un colore remissivo.

 

La 2009 ci avverte invece delle grandi potenzialità. Già perché il segreto per tagliare bene questi grappoli uva è non avere paura delle acidità, ché della freschezza si ha bisogno per vivere e abbinarsi, superare floreale e fruttato con un solo balzo nel tempo e presentarsi sempre pronti quando scocca il momento.

 

Il colore è giallo vibrante, naso finalmente intenso, aperto, fine levigato dal freddo per poi donarsi a fiori bianchi con il suo cedere freddo, note di menta, di salvia e timo con primi sprazzi di pera giustamente matura, mela. Il naso va e vie come in un dondolo, non sta fermo ed è un buon segnale di quello che ci aspetta, l’attacco senza sconti, l’acidità ancora sotto i parametri irpini ma stavolta ben presente, ancora un po’ scissa, la struttura è piantata salda nel palato, la beva lunga e persistente.

 

Un bianco su cui lavorare ulteriormente, sempre in acciaio. Un vino di emigrazione lucana, Sara in Friuli, Simona in Sicilia, nella Melfi federiciana Luca lavora e suda l’entusiasmo, qui dive la promessa si chiamava Fiat ma la realtà di speranza si pronuncia Aglianico. Questo bianco ha buona sapidità, si abbina a gran parte della cucina dell’alta ristorazione moderna e ai piatti lucani di Francesco Rizzuti dell’Antica Osteria Marconi.

 

 

 

Uva: fiano
Fascia di prezo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciai

Sede a Melfi, piazza D’Addezio 9.
Tel. 0972.237866, fax 0972.237866.
www.carbonevini.it
Ettari: 8 di proprietà e 10 in affitto.
Enologo: Sergio Paternoster.
Bottiglie prodotte: 25.000.
Vitigni: aglianico, fiano.

 

 

foto di Roberto Giuliani

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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