Fermate il meeting, voglio scendere!3 min read

International Meeting & Tasting of Wine, Celorico da Beira. Inizio a fare il punto della situazione di questa esperienza portoghese, ora che e’ andata via la prima meta’di questi tre giorni di “passione”.  Sono partito fiducioso, vado a conoscere una grande terra e vini da noi inesistenti,  lasciando una infinita’ di cose da fare e sperando di riuscire a ritagliarmi un po’ di tempo per sistemare almeno cio’ che si potrebbe com un pc.

E invece…

Non dovrei usare parolacce ma nella mia mente sfilano tutte in disordine sparso ed io, inconsolabile con un centinaio di altri giornalisti siamo reclusi in un palasport dove di vino si parla tanto ma non si degusta niente. Spersi  in un paesino fuori dal mondo vissuto, tra le brulle colline del Beira Interio, tutto brilluccicante del granito che e’ piu’ presente del cielo. E per fortuna oggi e’ una bellissima giornata, quasi estate. Uno dei relatori locali diceva che qui non esiste la mezza stagione, sembra un luogo comune ma intanto ieri era freddo ed oggi mi sono abbronzato!

Non solo non c’e’ odore di vino ma neanche l’ombra di una vigna. Da Oporto dove sono atterrato a qui e dintorni, nada de nada, neanche una pianticella ornamentale. 

Inizio a pensare che la location non dipenda solo dal fatto che money is Money  visto che la regione del Beira ha pagato per ospitarci: inizia a crescere il malizioso sospetto che ci hanno volutamento portato qui, fuori dalle grazie di Dio, per tenerci uniti e concentrati a sentire lo loro storie. Interessanti le presentazioni dei diversi territori di produzione portoghesi, dal Beira Interior a Dao, dal Douro all’Alentejo e cosi’ via, ma poi tanti interventi noiosissimi. Per fortuna oggi il simpaticissimo Tim Atkin, wine master e wine writer inglese ha tirato fuori qualche battuta spiritosa, altrimenti che noia!!

 

Ieri  si e’ esibito l’asse portante della produzione portoghese (solo parole, niente vini): quattro personaggi, quattro aziende, numeri infiniti. Tutti a parlare di tipicita’, rispetto delle tradizioni, storia e….produzione di vini orientati al mercato.  Mah! Chi ci capisce è bravo; io non riesco a mettere questi concetti d’accordo, specie se sento parlare Mr. Salvador Guede, capataz di Sogrape. Ricordate quella aziendina da 200 milioni di Euro  fatturato che ha contaminato i nostri gusti enologici nei favolosi anni settanta/ottanta con quei vini rose’ frizzanti alias Mateus? L’esempio tipico di tradizione, storia, terroir, e vini market-oriented! Proprio per mantenere questa filosofia attiva (attiva nel senso economico) hanno abbracciato la causa di Pernod Ricard per la distribuzione, cosi’ dimostra piu’ tipicita’.

In compenso siamo diventati tutti espertissimi di Queijo Serra de Estrela, un formaggio locale declinato in tutte le stagionature, e di tre tipi di salumi affumicati preparati con carne di suino, pane e, a completare, rispettivamente vino, miele e sangue di maiale.

Buoni? Si, il primo assaggio, anche il secondo, il terzo passa ma da ieri mattina è il cibo che costantemente abbiamo sotto occhi e naso: coffee break, launch, ri-coffee break, dinner ed in ogni attimo libero. Sono a livello di nausea e dire che sono golosissimo di salumi e formaggi specie questo tipo a pasta molle.

Il vino e’stato (finalmente!)  protagonista ieri sera a cena, unica magra consolazione.

Vini rossi del Beira Interior e del Douro  a base di Touriga Nacional, di Aragontes (=tinta roriz=tempranillo) e bianchi a base di Siria e Fonte Cal,  anche qualche bollicina metodo classico. Dei vini ne parlerò a parte, ed in particolare delle bottiglie di Porto Tawny di varie colheitas ad andare indietro fino al 1955 di Nieport, l’emozione unica della serata.

Intanto la prossima  serata si preannuncia com risvolti enologici interessanti, me lo auguro!

A presto per il sequel!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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