Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Contrada Salandra: l’unione di virtù e fortuna3 min read

Non so se Giuseppe Fortunato, deus ex machina di Contrada Salandra,  sia fortunato, ma sicuramente è una di quelle persone che unisce il machiavelliano dettato di “Virtù e Fortuna”. La sua virtù è stata quella di abbandonare la laurea in ingegneria in un cassetto e farsi portare dalla passione, prima per il miele e poi per la vigna. La sua fortuna è stata quella di “ritrovarsi tra le mani”, assieme a sua moglie Sandra, Contrada Salandra.

“I vini di una terra non sono merci ma racconti di vita” questo è l’inizio del bellissimo cammeo riportato in retroetichetta (che vi consiglio di leggere in toto)  e la Falanghina dei Campi Flegrei 2010 che ho aperto, regalatami da Giuseppe alcuni mesi fa, racconta la storia di un uomo virtuoso e di un vitigno che nel tempo è cresciuto e, da uva  per vini facili e immediati, è divenuta mezzo per misurare quanto possa essere bello e complesso lavorare questo vitigno in un terra particolare, vulcanica, instabile ma di una stabilità storica ineccepibile, come i Campi Flegrei.

“Falanghina vino da bersi giovane” era quasi un luogo comune fino a poco tempo fa, ma mentre questo luogo comune nasceva e si fortificava Giuseppe produceva questo incredibile 2010.

L’ho avvicinato con curiosità e rispetto, ma con la sicurezza di aver già degustato diversi ottimi vini di Giuseppe con molti anni sulle spalle.

Il risultato è andato al di là delle previsioni.

Colore dorato brillantissimo, quasi a voler subito mettere le carte in tavola sul fronte della tenuta. La vera sorpresa è stato il naso: come ritrovarsi in montagna e annusare l’aria fresca e pungente, ma piena di aromi balsamici, di erbe, di fiori. Una serie di sensazioni che unite a note di pietra focaia presentano chiaramente le possibilità di invecchiamento della Falanghina nei Campi Flegrei.

La bocca ha bisogno di un attimo per aprirsi: non punta certo sulla freschezza ma sull’equilibrio e sulla sapidità e più resta nel bicchiere e più si fortifica, si concentra, si assesta. Lo stava facendo perché sicuramente, di sottecchi, aveva visto che le stavo preparando una prova di quelle terribili, abbinandola a delle bruschette di pane toscano (con tanto aglio…) e con sopra del cavolo nero sbollentato e condito con olio extravergine d’oliva appena franto.

Un piatto che potrebbe distruggere qualsiasi vino, ma la finezza aromatica ha prevalso anche sull’aglio e la paciosa ma decisa profondità e persistenza al palato è andata oltre l’olio nuovo.

Quindi non solo una Falanghina di 12 anni che regge il colpo, ma che è talmente cazzuta che va oltre un abbinamento cibo-vino ammantato di sadismo gastronomico.

Insomma, questa volta fortunato sono stato pure io!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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