Enjoy Collio Experience: un bel successo!5 min read

Nel mondo della moda ci sono colori classici che vanno bene su tutto, nel mondo del vino ci sono tipologie di eventi classici che non possono fallire: così quando una  manifestazione classica viene adattata ai meravigliosi panorami e ai vini del Collio non può che avere successo.

Sto parlando di Enjoy Collio Experience, la manifestazione con base a Gorizia, che in tre giornate intense e piacevolissime ha presentato alla stampa specializzata  le nuove annate della denominazione Collio.

Gorizia

La formula era, appunto,  la più classica, quella che non rischia di passare di moda: la mattina si assaggiano i nuovi vini e nel pomeriggio si gira per cantine.

All’interno di questo contenitore il Consorzio Collio ha poi messo dei bei “carichi da 11” con cene in posti meravigliosi di fronte a panorami spettacolari che non puoi non ricordare per sempre.

Quindi non solo una manifestazione riuscita ma un vero e proprio esempio da seguire, anche per gli approfondimenti che ogni mattina, prima delle degustazioni, sono stati proposti.

Al microfono si sono dati il cambio personaggi del calibro di Gianni Menotti, Richard Baudains e Marco Simonit, per presentare nella maniera più chiara e lineare possibile il Collio e i suoi vini.

E visto che loro l’hanno presentato a noi, noi lo presentiamo a voi.

Il Collio è  un territorio collinare di a forma di “Grande C, con la pancia della C rivolta verso la Slovenia: più che rivolte, le colline che lo compongono spesso “sono” in Slovenia,   nel senso che l’andamento irregolare del confine divide alcune zone abbastanza a casaccio, tanto che ci sono produttori che hanno la casa in Slovenia e la cantina (a pochi metri) in Italia.

Come vedete dalla mappa è una “C” bella cicciuta, e vi garantisco che la ciccia c’è anche nei circa 6 milioni e mezzo di bottiglie, prodotti da quasi 1400 ettari. In questi 1400 ettari convivono tanti vitigni e tante (forse troppe) tipologie di vino.

Collio: suddivisione superficie vitata

Il terreno del Collio è composto da un’alternanza di strati di arenarie e marne ed è definito “Flysch”. E’ un terreno piuttosto povero che tende a sgretolarsi abbastanza velocemente ed a seconda della predominanza di arenaria o marna è più o meno impermeabile e soggetto al dilavamento. Essendo povero è adatto per una viticoltura di qualità e non di quantità ed ha come “controindicazione” il dover in diversi casi creare terrazzamenti per arginare l’erosione del suolo. Se il terreno è disomogeneo ma fondamentalmente con due caratterizzazione principali, le varianti arrivano dall’altitudine, dai venti, dalle esposizioni e questo determina territori più vocati per questo o quel vitigno. Questo non “giustifica” certo la presenza di almeno 20 vitigni e almeno altrettante  tipologie di vino.

E a proposito di vini e vitigni parliamo dei vini degustati, precisando che i nostri risultati ufficiali arriveranno dopo gli assaggi che faremo, grazie sia al Consorzio Collio che al Consorzio Colli Orientali del Friuli, attorno alla metà di luglio.

Ribolla 2017

L’annata calda non ha certo giovato alla parte acida della Ribolla, dando invece spinta e buona complessità agli aromi, sicuramente più ampi e maturi del solito. Forse non avranno vita lunghissima ma quelli che hanno mostrato buona sapidità (non moltissime) daranno buone soddisfazioni.

Friulano  2017

Anche qui nasi già abbastanza espressi e in qualche caso maturi, però il friulano ha spalle molto più ampie della ribolla ed è un vitigno che di solito si esprime in ampiezza e non in lunghezza, quindi crediamo possa dare vini piuttosto interessanti.

Pinot bianco 2017

Oramai lo sapete che sono un grande estimatore di questo vitigno e un motivo ci sarà: anche quest’anno praticamente tutti i pinot bianco degustati (erano pochi, purtroppo) hanno mostrato naso espresso con toni ampi e fini di frutta bianca ed una finezza gustativa di buon livello. Mi dispiace solo che ce ne siano così pochi.

Chardonnay 2017

All’opposto di chardonnay ce ne sono diversi e i 2017 “base” sono molto più scontati e prevedibili dei pinot bianco. Hanno buon corpo ma alle versioni giovani manca un minimo di spregiudicatezza.

Sauvignon 2017

Momento non  certo eccezionale per assaggiarli: ancora i nasi sono in formazione e i recenti imbottigliamenti con relativa solforosa, portano a vini ancora “crudi” al palato e leggermente amari nel finale. I nasi hanno tendenze mature, in qualche caso “pure troppo”, ma probabilmente è tutto un pacchetto da riassaggiare e rivalutare tra 30-40 giorni. Stanno rispuntando le versioni “New Zealand” dove imperversa il frutto della passione, speriamo non si ricaschi in errori (giudiziari e non) del recente passato.

Pinot grigio 2017

Oramai per me è il “vitigno tamarro”, nel senso che non è certo la quintessenza della finezza ma lui se ne strafrega e, anno dopo anno, un risultato anche buono lo porta a casa. Volete il vinello leggero e bevuto in tutto il mondo? Magari non cercatelo qui ma col pinot grigio “tamar”è possibbbbile. Volete un vino più corposo e ampio, magari non finissimo al naso, ma sicuramente piacione? In Collio  (e anche in altre zone d’Italia) diversi 2017 sono così e non sono niente male.

Collio Bianco varie annate e varie tipologie

Ne abbiamo degustati una trentina di Collio Bianco , provenienti dai più disparati uvaggi. Quelli che ci hanno maggiormente colpito sono gli uvaggi dove friulano, malvasia e ribolla si fondono in una tipologia sicuramente più fine, elegante, molto meno “scontata” di quelle dove sauvignon o chardonnay imperano. Indubbiamente i Collio Bianco sono vini di ottima qualità, con molto meno legno che in passato, con belle possibilità di invecchiamento. Più che un territorio però rappresentano una cantina e sono esercizi di stile (con uve di alto profilo) che rispecchiano solo l’idea che un produttore ha del suo vino di punta.

Da Collio Bianco al Collio DOCG il passo è breve e ve ne parliamo in questo articolo

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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