Due forestieri che mi hanno insegnato a mangiare cose nostre!5 min read

Dopo la lezione sulla bruschetta il Granocchiaio ci parla, alla sua maniera, della scoperta dell’uovo di colombo, di gallina, di piccione… e del modo di mangiare l’uovo fritto a Parigi.

La seconda cosa che ho amato alla follia fin da quando ero bambino è l’uovo. Da piccolo, quando abitavo nella Fattoria degli Acquisti, sotto la nostra loggia a pianterreno c’era la legnaia ed il forno per il pane, mentre nel sottoscala c’era un piccolissimo pollaio familiare, solo con qualche gallina, giusto per levarci qualche ovino fresco.

Questo mi dava il divertimento ed il privilegio di andarmi a scegliere quotidianamente l’uovo più caldo, “cacato” fresco fresco davanti a me dalla gallina precedentemente “testata”, con un dito nel sedere, come m’aveva insegnato mia nonna. Mia nonna Stella m’aveva insegnato anche a fare due buchini ai due lati dell’uovo, poi con la testa girata all’indietro, portare un buchino dell’uovo alla bocca, lasciare libero l’altro e succhiare per far scendere l’uovo da bere. Inizialmente scendeva la chiara, che non era un granché, ma dopo c’era, come premio, il dolce sapore del tuorlo. Il premio supplementare era un bicchierino di marsala per pulirsi la bocca.

La Piccionaia

Sopra il nostro appartamento c’era la piccionaia della fattoria. Ogni tanto veniva a fare la levata dei piccioni lo Zulicche, l’addetto ai piccioni. Per salire sopra doveva passare dalla nostra cucina e poi tramite una scala in legno andare in piccionaia. Alla mia mamma lo Zulicche allungava via via qualche piccioncino, e a me qualche ovino che correvo a farmi friggere. Sono piccole ma molto saporite le uova di piccione, e poi io ho sempre amato le uova fritte. Una volta mia mamma mi frisse, nella stessa padella, un uovo di piccione, uno di gallina, uno di faraona  e uno di papero, perché volevo sentire la differenza. Risultato: tutti diversi, tutti buoni. Era come assaggiare uccelli allo spiedo, dal pettirosso all’allodola, dal tordo alla tortora, dal piccione al pollo.

L’uovo Fritto

 

Secondo me l’uovo fritto è la migliore maniera per godersi un uovo. Ovviamente mi riferisco ad un uovo fritto nell’olio. Sembra un piatto facile, ma farlo veramente bene facile non è. Mi sono sbizzarrito a cuocerlo in mille maniere diverse. Mettendo l’uovo a olio freddo, metterlo invece ad olio caldo, o molto caldo. Mettendo un coperchio sulla padella, così che viene il tuorlo velato: assolutamente inutile. Mettendo prima solo l’albume e poi mettere il tuorlo solo al momento di spengere il fuoco. Poi con i nuovi materiali friggere nelle padelline antiaderenti. Qualcuno mi insegnò che il poco sale da mettere andava solo sul bianco della chiara, mentre sul tuorlo, o niente, o un poco di pepe macinato al momento. Mia mamma certe volte metteva le uova in tegame con una salsa di pomodoro. Erano buone, ma il tuorlo veniva normalmente troppo cotto, cioè duro.

In effetti l’uovo fritto si può accompagnare anche con una salsiccia, con una fetta di buristo o delle fette di rigatino nella stessa padella, ma io resto un purista: il massimo è accompagnare l’uovo fritto in padella da un altro uovo, così che invece di uno se ne mangia due!

Escogitavo modi sempre nuovi per mangiarlo. Con forchetta e la fetta del pane a fare da contrasto. Prima la chiara, fino quasi a metà, e poi il tuorlo a solo, e poi l’ultimo boccone misto di chiara,  tuorlo e pane.

Parigi val bene un uovo

Con questo credevo di aver provato tutte le varianti possibili: Dovevo trovare a Parigi chi mi insegnò a gustare al 101% l’uovo fritto. All’epoca esportavo macchine per il calcestruzzo con la mia ditta e frequentavo Parigi mensilmente. Là avevamo due agenti, due amici della mia stessa età: Daniel e Bruno. Il primo, nato nel quartiere dell’Opera, ex batterista, era sposato con una poetessa e assieme frequentavano una scuola di tip-tap. Veniva a prendermi all’aeroporto fornendomi un caschetto giallo: si era in pieno Sessantotto francese!

Come agente di commercio per l’edilizia a pranzo era sempre a mangiare fuori casa con capo cantiere e geometri, per cui aveva una conoscenza esagerata di ristoranti. Aveva preferenza per la cucina orientale, alla quale mi introdusse.

Bruno invece era di origini italiane, suo babbo era originario di Frosinone e gestiva un bar. Mi raccontava come suo padre portasse, quando tornava al paese, damigiane di acqua perché sosteneva che con quell’acqua li il caffè veniva più buono!  Bruno aveva studiato musica e risultò primo classificato in pianoforte nell’anno del suo esame al Conservatorio di Parigi. Mica micio micio, bau bau!

Come d’abitudine al vincitore veniva riservata una serata alla Fenice di Venezia tutta per se. Aveva delle mani bellissime ed una moglie ancora più bella delle sue mani. Roba che giusto un primo diplomato in pianoforte al Conservatorio di Parigi e di origine italiana, si può permettere.

A differenza di Daniel non era molto ricercato nel mangiare, si vedeva benissimo che mangiava solo per sostenersi. Però quello che mangiava lo faceva con un rapporto di intenso trasporto. Mangiava in maniera disordinata ad orari improbabili. Praticamente mangiava quando aveva fame, a qualsiasi ora e posto si trovasse. Fu così che una mattina, io avevo fatto appena colazione, ci fermammo in un bistrot e lui ordinò due uova fritte. Mi ritrovai a vedere una scena incredibile. Mangiava come se suonasse il pianoforte, con trasporto e una passione infinita,  praticamente libidinosa. Strappava un po’ di pane dalla baguette e con l’indice e il medio contrapposto al pollice, aggrediva e distruggeva il tuorlo che veniva spiaccicato tutto intorno alla scodellina. Vi erano delle pause, delle riprese, dei rallentamenti, e poi di nuovo con il pane a rompere il tuorlo e mangiarselo e godendoselo con una voluttà quasi imbarazzante da vedere. E tutto lo faceva continuando a parlare con me, ma non trascurando il minimo dettaglio del suo piatto.

Io rimasi come inebetito a guardarlo finchè lui se ne accorse e mi chiese: vuoi mangiare due uova anche tu? E io risposi senza pensare, si, d’accordo ne prendo due anche io. Forse le uova fritte di Parigi erano straordinarie, chissà? Lui ne prese altre due, non so se per farmi compagnia o perché forse nemmeno lui lo sapeva. E io mangiando cercavo di imitare i suoi gesti, i suo passaggi. Le uova erano servite in scodelline di terracotta dove evidentemente erano state cotte.

Da quel giorno ho imparato a gustarmi le uova in una maniera esageratamente più ghiotta!

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


LEGGI ANCHE