Due Consorzi al prezzo di uno?4 min read

Siamo a Gavi, terra dell’unica Docg a bacca bianca del Piemonte e scenario, in questi ultimi anni, di una ‘querelle’ per la tutela del vino. Nel 2004 infatti, un terzo degli associati al Consorzio di Tutela, un gruppo di piccoli e medi produttori rappresentativi della tradizione vinicola locale, decide di fondare un nuovo ente per la promozione e lo sviluppo della denominazione, chiamandosi Terre Cortesi del Gavi. Guida e immagine di questa svolta è La Scolca, storica azienda del Gavi, nella figura di Chiara Soldati, giovane e intraprendente donna del vino. A parole esprimono una missione, quella di migliorare il vigneto Gavi in termini economici e di valore, stilando un protocollo tecnico di lavoro con l’utilizzo di precisi indici di qualità per definire un più corretto rapporto di valore. Un progetto comunque simile a quello di tanti altri enti che si occupano di tutelare un prodotto di qualità, così come fa il Consorzio stesso in questo caso.

Raggiungono l’obiettivo prefissatosi il 26 gennaio di quest’anno, ottenendo il permesso di costituirsi come nuovo consorzio, non sostituendosi a quello già esistente, e operante dal ’93, ma aggiungendosi a questo. Oggi però, dopo circa due mesi, la loro impresa è già finita, invalidata agli inizi di aprile da un decreto ufficiale.

Ora, tanta fatica per restare con un pugno di mosche in mano è un vero peccato, e ci si domanda il perché. I motivi di questo disaccordo interno non sono mai stati discussi e affrontati a tavolino da tutti i produttori uniti, mentre un’intesa comune tra gli associati avrebbe dato finalmente il via ad un vero e concreto progetto di sviluppo del territorio del Gavi. Quindi quali sono i reali motivi che hanno portato questi produttori a scegliere una strada dimostratasi alla fine un vicolo cieco?

Analizziamo la situazione. Il Gavi è una Docg che conta all’incirca 1000 he in produzione, per un totale di iscritti che si aggira intorno ai 380 produttori; la denominazione si suddivide poi in sottozone, tra cui la più nota è certamente il Gavi di Gavi. Il trend commerciale degli ultimi otto anni è positivo e il prezzo dell’uva oggi si aggira mediamente intorno all’euro al chilo. I dati di vendita sono decisamente incoraggianti, incrementati da ulteriori esportazioni verso nuovi mercati, come quello orientale.

Il Consorzio di Tutela del Gavi, l’unico rimasto a questo punto, conta più di 200 associati e svolge il suo normale ruolo di tutela: è stato revisionato l’Albo dei vigneti che ha portato a una riduzione di circa 100 he la produzione totale nella Docg; sono state fatte ricerche sulla selezione clonale del vitigno e recentemente è partito un progetto di marketing territoriale. Non c’è mai stato alcun commento negativo da parte dell’organo ufficiale sulla situazione creatasi, se non un augurio velato del suo presidente, Gianni Martini della F.lli Martini di Cossano Belbo, al ‘temporaneo nuovo consorzio’ di riuscire a continuare nella strada scelta, dimostrando però di averne le capacità, oltre che i numeri per poterlo fare.

Le autorità locali non esprimono giudizi, manifestando un interesse minimo per la situazione. Poco interesse in generale per il vino, visto comunque che non sono ancora riusciti ad aprire l’Enoteca del Gavi, i cui lavori sono in corso ma lenti, ma neppure un ufficio turistico che fornisca informazioni per i tanti ‘enogastronomi’ di oggi. E questo, per un paese che si può vantare di una Docg, è grave!

I commenti esterni invece, quelli fra produttori, esprimono solo un disaccordo tra i protagonisti della querelle, motivo comunque banale per portare ad una rottura consortile. Si possono infatti eliminare, almeno apparentemente, motivazioni di carattere commerciale, dato che i produttori presi singolarmente, non lamentano affatto problemi del genere e ognuno pare pienamente soddisfatto del proprio orticello.

Resta l’amaro in bocca se si pensa che probabilmente quanto è successo si deve allora a banali motivazioni di antipatie personali, ovviamente escludendo ragioni sconosciute ai più. E l’amaro si accentua ancora di più se si pensa all’eredità morale che si lascia alle nuove leve, sicuramente più incentivate a investire non solo nel vino ma nel territorio. A volte è disarmante trovarsi di fronte a una situazione simile, quindi o si abbandona o si continua a combattere per una nobile causa…ma a Gavi è molto difficile che succeda, anche se la speranza, come si dice, è sempre l’ultima a morire.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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