DOC territoriali forti, un’opportunità per tutti5 min read

La DOC Maremma Toscana – nata nel settembre 2011 dopo essere stato per 16 anni Igt-  anche nel 2017 è, numericamente parlando, la quarta denominazione più importante della Toscana (1720 ettari pari al 5,17% della superficie regionale), subito dopo Chianti (40,43%), Chianti Classico (19,68%) e Brunello di Montalcino (5,99%). Questo posizionamento  sta allungando la distanza con le altre 9 Doc della Provincia di Grosseto (vedi grafico fonte Consorzio di Tutela Vini Maremma Toscana).

Maremma Toscana DOC                      1.720,76 ha   (42,91%)

Morellino di Scansano DOCG                1.339,53 ha    (33,40%)

Bianco di Pitigliano DOC                            264,85 ha     (6,60%)

Sovana DOC                                                  254,16 ha     (6,33%)

Montecucco Sangiovese DOCG                 186,77 ha     (4,65%)

Montecucco DOC                                          134,33 ha     (3,35%)

Monteregio di Massa Marittima DOC         70,71 ha     (1,76%)

Parrina DOC                                                      24,53 ha     (0,61%)

Ansonica Costa dell’Argentario DOC           11,88 ha     (0,29%)

Capalbio DOC                                                      2,00 ha    (0,04%)

 

 

Maremma Toscana ormai rappresenta il 42,91 % del vigneto provinciale, il Morellino di Scansano è il 33,4%  le altre denominazioni sono sotto al 6% e ben tre non raggiungono l’1%, rispettivamente Parrina (0,61%) Ansonica Costa dell’Argentario (0,61) e Capalbio (0,04%).

Il Monteregio di Massa Marittima se nel 2012 veniva rivendicato in oltre 300 ettari di vigneto, nel 2017 ha raggiunto i 70,7 ettari (1,76%). Resistono Bianco di Pitigliano, Sovana e i due Montecucco (Docg e Doc) che sostanzialmente tengono la posizione o hanno dei lievi incrementi.

Le denominazioni maremmane, al netto dei discorsi sulla qualità, scontano di non essere mai entrate nell’immaginario collettivo e non solo all’estero: la loro  individuazione sulla mappa è incerta ( ma questo potrebbe valere per buona parte delle Doc… ) ma in ogni caso, non sono mai riuscite a spiccare il volo. Il potere di evocazione e di suggestione che esercita Maremma Toscana con il doppio riferimento (Maremma e Toscana) non è secondario, anche perché la facilità di comprendere la provenienza rispetto a brand aziendali, magari poco conosciuti, diventa un motivo di richiamo per i consumatori.

Sul versante delle aziende, la possibilità di avere una resa produttiva maggiore (Maremma Toscana 11 t per le uve rosse, 12 t per le bianche; Morellino 9 t; Monteregio 10 t, ecc.) non è nemmeno da sottovalutare. Comunque Maremma Toscana –campanili a parte- rappresenta un marchio territoriale attraente, anche al di fuori dei patrii confini, e rappresenta l’unica novità – il Morellino di Scansano sente un po’ la stanchezza e le troppe etichette vendute a prezzi punitivi per la sua immagine – che ha riportato l’attenzione sull’intera area vinicola grossetana, sfiorando i 6 milioni di bottiglie (soprattutto con tre tipologie: Rosso, Vermentino e Sangiovese).

Non a caso oltre alle cantine locali, sono numerose le aziende (chiantigiane, poliziane, ilcinesi, toscane e non solo) che stanno utilizzando questa nuova Doc mentre da oltre vent’anni – l’ultimo tentativo credo sia stato di Flavio Tattarini, ex Presidente della defunta Enoteca Italiana – si discute di razionalizzare il sistema delle denominazioni grossetane. Visto il successo di Maremma Toscana potrebbe essere di nuovo il momento giusto per parlarne, pensando sopratutto al futuro e a patto che l’orgoglio  di campanile, non prevalga sulla fredda disamina dei dati.

Dopotutto il compito delle Doc è di stabilire una partenza eguale per tutti – paletti minimi – poi la corsa la devono correre le aziende. La Doc Maremma Toscana potrebbe diventare un contenitore e anche un traino, di tutte le denominazioni territoriali, salvaguardando l’identità di ognuna ma assicurando una nuova spinta a  a tutti. 

 

La Doc Sicilia e le altre denominazioni

“La denominazione “Sicilia” può essere utilizzata quale unità geografica più grande per i vini Dop della Regione Siciliana, purché l’utilizzo sia espressamente previsto dai rispettivi disciplinari di produzione” (art.7 comma 5 del disciplinare di produzione della Doc Sicilia.).

Tutto è iniziato grazie a molti ragionamenti prima e queste poche frasi, dopo. La Doc Sicilia è entrata in vigore con la vendemmia 2012, non senza qualche mal di pancia, ma dopo appena 6 anni, gli imbottigliamenti di fine maggio permettono di stimare che si raggiungeranno 60 milioni di bottiglie alla fine del 2018.

L’incremento dell’imbottigliato, rispetto all’ultimo anno al 31 maggio 2017, è del 144,61%. In anteprima assoluta per Winesurf i dati della Doc Sicilia Nero d’Avola, sempre alla stessa data di confronto, segnano + 339 % con oltre 109.000 hl  mentre il Doc Sicilia Grillo si deve accontentare del + 275,5% con oltre 48.000 hl – ndr.

Un successo così evidente che forse nemmeno i più ottimisti tra i promotori del Consorzio, si aspettavano di ottenere in un così breve lasso di tempo. Il sistema delle denominazioni siciliane per alcuni decenni è rimasto inchiodato su una percentuale di rivendicazione molto bassa, pari all’1,5/2% del totale regionale prodotto. Pur essendoci un reticolo di denominazioni assai sviluppato composto da una ventina tra Doc e Docg (1) che copre tutte le aree vinicole siciliane, una cultura condivisa delle denominazioni di origine e dei Consorzi di tutela finora non si era mai sviluppata.

Ora grazie alla Doc Sicilia la situazione sta evolvendo rapidamente. Infatti la reputazione del marchio territoriale “Sicilia” non è mai stato così forte: nel corso del tempo diventando sinonimo di terra (continente) di prodotti agroalimentari e di qualità che nascono in un un contesto di bellezze naturali, artistiche e architettoniche, di grande appeal. E così grazie all’art. 7 comma 5  le Doc territoriali che hanno aggiunto al loro nome Sicilia in etichetta come Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Eloro, Menfi, Noto, Vittoria e anche la Docg Cersauolo di Vittoria, sono cresciute come non mai in passato.

Nel 2017 sul 2016 la Doc Sicilia era cresciuta del 10%, le Doc territoriali del 5,03%  mentre complessivamente tutte le Doc siciliane hanno avuto una crescita dell’8% (ad esclusione del Marsala  che è un’altra storia).

Di fatto la Doc Sicilia si è trasformata in un traino per tutte le altre Doc siciliane e nessuna  ha perso nulla della propria identità produttiva. La Sicilia e la Maremma Toscana hanno in comune un marchio territoriale che “tira”: un’opportunità. Basta saperla sfruttare.

Una curiosità

E’ sempre prudente non dare nulla di scontato a proposito delle conoscenze enologiche e geografiche, altrui.

Tanto per fare un esempio a Chateu Lion (Fangshan District- Beijing- China) l’azienda ha meritoriamente organizzato un percorso/museo che illustra ai consumatori cinesi, solitamente molto poco informati,  quanto sia estesa la produzione del vino nel mondo. E’ curiosa la rappresentazione dell’Italia: secondo l’estensore solo in 6 regioni si produrrebbe vino.

Andrea Gabbrielli

Quello che hai appena letto è un post scritto da un ospite speciale per Winesurf, che non troverai costantemente nel giornale.


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