Di ritorno dal Salone del Gusto: i voti.4 min read

Avviso ai naviganti: il termine “Salone del Gusto” è improprio: bisognerebbe chiamarlo “Saloni del Gusto”. Infatti la grande Kermesse torinese che ha chiuso i battenti lunedì è una specie di matrioska agroalimentare che contiene almeno 4-5 mini (si fa per dire) saloni, vediamoli. Il primo, più appariscente e sicuramente il più visitato era il cosiddetto Mercato, il vero e proprio ventre molle del Salone, dove tutti prima o poi si ritrovavano ad essere spintonati tra un cioccolatino, una toma ed un salame. Mescolati a questo si trovavano i molti (tanti? troppi?) stand istituzionali, cioè di enti o Associazioni pubbliche, dove  si poteva assaggiare qualcosa o fare dei veri e propri pranzi, oppure semplicemente ascoltare presentazioni di prodotti e territori.

All’opposto (anche per la location separata) viveva  “Terra Madre”, luogo dove contadini (veri!!) di tutto il mondo erano invitati e si ritrovavano. Il clima era quello della festa paesana, fatto di piccoli happening musicali, foto di gruppo, abiti etnicamente sgargianti. Il tutto però nobilitato dai molti dibattiti ed incontri ufficiali che permettevano spesso di conoscere realtà da farti venire il capogiro. Tra Terra Madre ed il mercato si trovava, idealmente, il settore dei presidi, quei prodotti di nicchia che Slow Food tutela e promuove. Altra pezzo della matrioska erano le centinaia di laboratori del Gusto (con annesso Teatro del Gusto) dove, comodamente seduti, si potevano avere esperienze enogastronomiche degne del Paradiso Terrestre (erano ovviamente bandite le mele…).
In mezzo a tutti questi “saloncini” che si intrecciavano e si compenetravano, il povero visitatore in cui mi incarnavo, si è fatto alcune idee e adesso ve le espone.

Sui laboratori del Gusto ben poco da dire: oramai la macchina è rodata, i tempi vengono rispettati, le degustazioni non sono mai banali e spesso molto coinvolgenti. I prodotti degustati sono quasi sempre di altissimo livello: voto finale 9.
Terra Madre meriterebbe 10 solo per l’idea, ma allora il voto andrebbe a Carlin Petrini e non alla sua creatura, fortemente voluta. La creatura però ha due facce: la prima, quella verso i media e l’esterno è fascinosa, utile, produttiva e credo rechi un grande apporto positivo ai problemi “mediatici globali” dell’agricoltura e dello sfruttamento del pianeta. Dall’interno, guardando la faccia di molti partecipanti arrivati dai quattro angoli del mondo, mi sembrava di percepire una certa insicurezza di base, un non formulato “ma cosa ci faccio qui?”, in altre parole uno spaesamento che potrebbe anche essere visto come un leggero e larvato “sfruttamento ( a buon fine) dell’immagine” di tante brave persone. Voto finale 8

Girando tra gli infiniti banchi del mercato sembrava di essere alla stazione. Una persona su quattro era dotata di trolley, che non serviva per il bagaglio a mano ma per quello “a bocca”, cioè per “stoccare” formaggi, salumi, dolciumi, pane, pasta e via cantando. Riuscire a muoversi in questa che per molte ore della giornata era una vera e propria bolgia dantesca non era impresa delle più facili. Però la ricerca del prodotto particolare ti contagiava, ti portava a chiedere, ad informarti. Prova ne sia la frase storica uscita dalla bocca di uno stanchissimo visitatore, stravaccato sopra una panchina “Non ho più forza. Per alzarmi da qui avrei bisogno di una flebo al marron glaces!” Prodotti di qualità da media a buona con però prezzi da affezione….voto finale 6

Presidi: una vecchia regola matematica recita “Invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia”. Potrebbe essere adottata dai consumatori finali che normalmente pagano molto/troppo i generi alimentari a  causa della filiera lunga ed invece al Salone li pagano carissimi grazie a chi (produttore diretto?? rivenditore???) vede in un presidio Slow Food il modo per fare cassa veloce (5 giorni) e sicura. Anche molti amici all’interno di Slow Food, chiamavano lo spazio presidi “La boutique” ed ho capito il perché a mie spese. Fermo restando che gli alimenti di qualità devono essere pagati di più, le cifre che si sborsavano per un prodotto di Presidio erano spesso allucinanti. Una mortadella di Campotosto di 200 gr. pagata 10€ (50€ al kg…..), una treccia d’agli di 400 gr. 12€ e potrei continuare. Cari amici di Slow Food: capisco che non possiate e vogliate mettere mano ai prezzi del mercato ma su quelli dei Presidi dovreste vigilare attentamente, perché  a rimetterci (dopo chi li acquista) è proprio l’associazione e tutto quanto di buono è stato fatto in questo settore. Voto finale 4.

Chiudo con un ringraziamento: durante il Salone si è svolta la presentazione di Vini d’Italia 2009. In questa occasione Carlo Petrini non ha perso l’occasione per parlare chiaro ai produttori di vino, mettendoli di fronte ai rischi che un continuo e sempre più accentuato uso della chimica porterà nelle nostre vigne. Grazie Carlin! Speriamo che i viticoltori inizino a capire che “buono, pulito e giusto” non è riferito solo alla Monsanto!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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