“Piove sul bagnato” verrebbe da dire, anche se in realtà di pioggia ce ne vorrebbe, giusto per sottolineare quanto questo sia un momento difficile per la Puglia.
Una difficoltà generale che riguarda il mercato globale del vino, che vede i consumi in netto e progressivo calo. Un fattore negativo che unito all’innalzamento termico e quindi alla ricerca di nuove strategie agricole e enologiche, determina grande difficoltà e soprattutto incertezza sul futuro di tutto il comparto.
Stando alle previsioni, le tendenze che influenzeranno il mercato emerse in questi anni post Covid sembrano decisamente orientarsi verso un consumo più moderato, in particolare tra i giovani. La ricerca di stili di vita più salutari e sobri, stanno indirizzando i consumi verso prodotti a basso contenuto alcolico se non addirittura privi di alcol.
Che vuol dire questo per una regione come la Puglia che ha affidato buona parte del suo futuro a vini rossi, Primitivo in primis, dove la componente alcolica, per storia e tradizione, non è certamente secondaria?

C’è di che riflettere ed occorre farlo prima e non dopo che certe tendenze diventino realtà più concrete di quanto non lo siano attualmente. Tutto questo mentre sullo sfondo resta aperta la questione irrisolta, non solo di cosa e come produrre, ma anche di quanto produrre. Una produzione che vede solo il 30% andare in bottiglia, consegnando il resto al mercato dello sfuso, è una situazione che richiede risoluzioni drastiche e non si può certo pensare di mettere tutto in bottiglia perché anche quest’anno, nonostante la ridotta produzione, stando alle stime questa si aggirerà sui 7 milioni di ettolitri.
Veniamo ora alle nostre degustazioni:
Primitivo
La locomotiva perde colpi e non tira più come negli anni passati.. La crisi dei consumi ed in particolare dei vini rossi ha fatto arrivare i nodi al pettine ed ha messo in evidenza quello che tutti sapevano, ma volutamente ignoravano, continuando a produrre, ignorando il problema. Nonostante l’abbassamento delle rese riguardanti il Primitivo IGP, sia Salento che Puglia portandolo, da 220 quintali per ettaro agli attuali 140, il problema resta e lo confermano le giacenze, poi soggette alle speculazioni. Diverso il discorso delle DOC sia di Manduria che Gioia del Colle, che sia pure con difficoltà continuano a rappresentare l’espressione migliore di questo vitigno.
Nero di Troia
La Cenerentola sembra aver ritrovato la sua scarpetta con un innalzamento medio della qualità e con una sempre maggiore espressività e aderenza territoriale. Volendo essere ancora più precisi, si fa sempre più netta la differenza tra quelli di collina, Castel del Monte in primis, e quelli di pianura, Capitanata e zone limitrofe. Entrambe di livello ma di cui si incomincia, a differenza del passato, a percepirne le sfumature, soprattutto in struttura e complessità aromatica. Gli stili aziendali fanno ovviamente la notevole differenza, ma la strada a noi sembra quella giusta.

Negroamaro
Dare un giudizio sui Negroamaro non è facile, specie se si pensa all’eterogeneità delle annate perchè si va dal 2017 al 2023. In questo spazio temporale ovviamente c’è di tutto, ( a dimostrazione anche della sua grande versatilità) passando da vini di pronta beva a quelli da invecchiamento. A costo di ripeterci, diciamo le stesse cose da tempo: ci si affida sempre più ai brand aziendali con uno stile ormai consolidato che ad un ancoraggio più marcatamente territoriale. Le nostre degustazioni confermano i nomi storici e segnalano qualche new entry, segno di una vitalità del comparto non solo ad indirizzo primitivo.
In ultimo : anche per quest’anno potremmo assegnare alla Puglia, visto il numero spropositato, il premio Attila per il peso delle bottiglie che in spregio a qualsiasi logica di sostenibilità, spesso dichiarata, continuano imperterrite ad essere utilizzate.