Degustazioni rossi pugliesi: la barca va ma le bottiglie pesanti rischiano di affondarci!3 min read

Il  quadro enoico che esce dai nostri assaggi pugliesi è complessivamente positivo, con una media qualitativa in continua crescita, dovuta soprattutto alla crescente attenzione che ormai si pone in vigna. Anche in cantina, per fortuna e già qualche anno, i vini vengono alleggeriti del loro fardello legnoso e resi più dinamici, meno imbolsiti da eccessi speziati e da concentrazioni esasperate. La spinta all’export con il successo mondiale del Primitivo continua a trainare tutto il comparto e molte delle scelte produttive sono dettate proprio da esigenze di mercato.

Se la qualità media si è innalzata non bisogna dimenticare però che alcuni problemi legati alla storia vitivinicola pugliese restano irrisolti ed avere una visione di lungo periodo diventa una scelta strategica che va affrontata per tempo. Discorso complesso com’è complesso il vigneto Puglia, fatto da territori, storie diverse e vitigni diversi. Per questo affronteremo i vini/vitigni separatamene

Primitivo.

Continua l’ascesa del Primitivo sui mercati interni ed internazionali, pur con le incertezze pandemiche. La barca continua ad andare tra chiari e scuri, come avviene quando un vitigno diventa popolare. Mai come in passato, Manduria in primis, gode del riconoscimento soprattutto dei consumatori. Non si deve però dimenticare, per evitare errori già fatti in passato, che la barca non potrà andare all’infinito. Affidarsi al flusso ed alle correnti può essere comodo, ma si rischia di arenarsi in secche da cui sarà difficile uscirne senza danni.

Un salto qualitativo è senz’altro necessario, guardare al futuro con una visione strategica diventa una scelta obbligata se si vuole andare a di là del momento favorevole. Iniziare a segnare le differenze con la specificità dei suoli è ormai un passo che fa affrontato.

Primitivo Puglia va bene, ancora meglio se Doc come Manduria o Gioia, ma il vero salto, affrontato da pochissimi, è quello delle menzioni geografiche, che in altre parole vuol dire poter aggiungere in etichetta un territorio o una vigna specifica. 

Negroamaro.

Ancora in cerca di una identità che sembra sempre più affidata ai brand aziendali piuttosto che ad una sua specificità. La diversità di cloni e portainnesti susseguitisi negli anni hanno creato un groviglio da cui è difficile uscirne senza scelte drastiche e indolori. Belle interpretazioni tuttavia non mancano anche con nuove aziende che ben presentano il vitigno ed il loro territorio.

Nero di Troia.

la Cenerentola del vigneto Puglia con un areale di vaste proporzioni che copre le provincie di Bari e Foggia. L’area storica di Castel del Monte, con le sue DOCG, continua ad essere il punto di riferimento. La Capitanata segue a ruota con il Nero di Troia che comincia ad essere sempre più diffuso e utilizzato da piccole realtà che continuano ad emergere con vini sempre più centrati.

In ultimo c’è da segnalare, cosa che ormai facciamo da anni essendo stati tra i primi a parlarne, quella che oggi sta diventando una vera e propria emergenza ambientale: le bottiglie pesanti.

Il fenomeno anziché attenuarsi, è invece in espansione. Ormai avere la bottiglia da bodybuilding sembra una scelta aziendale irrinunciabile.

La nostra è una battaglia persa? Sicuramente lo sarà sino a quando il peso della bottiglia non rientrerà tra i parametri per misurare le scelte agricole sostenibili che le aziende vantano di compiere. Che senso ha fare coltivazione sostenibili o biologiche, quando poi quelle scelte vengono in buona parte rinnegate con l’uso di bottiglie che per produzione, trasporto, utilizzo e smaltimento impiegheranno risorse e mezzi che inquineranno molto più di un trattamento sistemico?

Occorre che la gli enti certificatori introducano tra i parametri del biologico il peso delle bottiglie, solo così si può pensare di arginare il problema.

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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